Nell'estate 2017, durante l'emergenza, più volte si sono fatti pagare per metterli su treni e bus, infine mandandoli per boschi con cartine approssimative
Significativo sconto di pena dei giudici d'appello di Milano per due passatori – un 49enne tunisino e un 25enne maliano – che nell'estate 2017 durante l'emergenza migranti a Como, dietro un compenso di pochi euro, con pizzini e mappe rudimentali avevano indicato a centinaia di clandestini la strada da seguire una volta superata la frontiera. I due passatori, di cui peraltro non c'è traccia, in primo grado a Como erano stati condannati a 4 anni e 5 mesi dicarcere. Erano soliti avvicinare i migranti, che premevano sulla frontiera, alla stazione San Giovanni (che all'epoca era un accampamento con centinaia di giovani stranieri) e nelle vicinanze dei centri d'accoglienza. A scoprirne l'attività era stata la Guardia di finanza di Ponte Chiasso anche sulla base dei racconti forniti dai migranti che dopo essere entrati clandestinamente in Ticino erano stati riammessi in Italia, fornendo elementi utili per risalire ai passatori e al loro modo di operare, come si può leggere negli atti dell'inchiesta della Procura di Como: «Eravamo in cinque, tutti appena respinti dalla Svizzera, quando siamo stati avvicinati da un africano (il 49enne tunisino, ndr) che ci ha chiesto 20 euro a testa per accompagnarci in stazione a Como, dove ci ha fatti salire su un treno diretto in Svizzera. A Chiasso siamo stati nuovamente fermati per essere nuovamente respinti a Ponte Chiasso, dove lo stesso africano ci ha avvicinato e dietro il compenso di 100 euro ci ha riportato in stazione a Como, per caricarci su un treno diretto in Ticino». Anche questo tentativo è andato buco. Per tre giorni i cinque migranti hanno vissuto sotto l'autosilo Valmulini a Como. Sino a quando è ricomparso il 49enne passatore che con il bus di linea ha accompagnato i migranti a Ponte Chiasso, consegnando loro una mappa rudimentale con i sentieri dei boschi di confine. «Abbiamo camminato per ore nei boschi, prima di essere fermati dalle guardie di confine e respinti». L'immagine che emerge da questo racconto è quello di migranti come palline di ping pong.