Una storia inverosimile quella dell'uomo finito sotto inchiesta. Tutto inventato, tranne la ferita e il calibro 22 estratto dai medici del Sant'Anna.
''Penso di avere un proiettile in testa''. Quasi da non credere. Ma poi è possibile che una persona con un proiettile conficcato nella testa possa presentarsi in ospedale manifestando il suo sospetto? Eppure è accaduto. Un mattino di fine settembre dello scorso anno.
Protagonista un trentenne albanese, residente a Como, che sulle sue gambe si era presentato al Pronto soccorso del Sant'Anna. La radiografia accertò che il proiettile c'era, un calibro 22 che, incredibilmente, non gli aveva causato danni seri. Su come ci fosse finito, quel proiettile, nella sua testa, ai carabinieri disse che aveva bevuto troppo la sera prima, che quindi non ricordava bene cosa fosse accaduto, ma che qualcuno sicuramente gli aveva sparato contro. Una versione che non stava in piedi.
Sull'accaduto la Procura di Como aveva aperto un'inchiesta che a distanza di sei mesi ha consentito di dare un nome e un volto allo sparatore misterioso: quelli del trentenne albanese che si era ferito accidentalmente. Insomma, per il magistrato inquirente l'uomo si sarebbe inventato tutto: l’aggressione, il tentato omicidio, il luogo degli spari. Tutto inventato, tranne la ferita e quel proiettile calibro 22 effettivamente estratto dai medici nel corso di un intervento di neurochirurgia.
Nei confronti dell'uomo la Procura ipotizza i reati di simulazione di reato e di detenzione e porto illegale di arma da fuoco. Perchè lo ha fatto non è dato sapere.