I tempi erano maturi, la decisione era nell’aria da un po’ di tempo ed è ora giunto il primo ribasso dei tassi di riferimento da parte della Federal Reserve (Fed) americana. La serie di rialzi, undici per la precisione, iniziati nel 2022 per combattere l’inflazione è stata interrotta con un taglio inusuale di 50 punti base. Nelle settimane prima della decisione il dibattito che ha coinvolto regolarmente economisti, analisti e investitori si concentrava ormai esclusivamente sulla dimensione dell’intervento, 0,25% o 0,50%. La decisione è stata accompagnata dalle nuove proiezioni economiche della Fed. Previsioni che da un lato tracciano un rientro dell’inflazione al 2,1% l’anno prossimo e all’obiettivo del 2,0% nel 2026, disoccupazione in leggera ascesa e un prodotto interno lordo in crescita costante del 2,0% per i prossimi anni. Alla luce delle nuove previsioni la decisione di un taglio più incisivo non è dunque da ritenersi una grande sorpresa, considerando come da almeno un mese il presidente Powell fosse tornato a sottolineare i due obiettivi del mandato della banca centrale; ovvero mantenere la stabilità dei prezzi garantendo però anche la piena occupazione, enfatizzando nelle ultime uscite pubbliche soprattutto il secondo obiettivo. Le dichiarazioni di Powell durante la conferenza stampa, che hanno voluto rassicurare sulla solidità della crescita economica, lasciano indurre che i prossimi tagli torneranno a essere della dimensione tradizionale di 25 punti. Le previsioni del mercato attualmente vedono altri 50 punti base di tagli nel 2024, con due riunioni della Fed a disposizione, una la settimana successiva alle Elezioni (il 7 novembre) e una a fine anno (18 dicembre). Per il futuro più lontano invece sono previsti tagli regolari nel 2025 che porteranno i tassi verso il 3%, dall’attuale intervallo del 4,75%-5,00%.
I mercati finanziari hanno salutato la decisione in maniera tutto sommato positiva. Rimane infatti intatto uno scenario di rallentamento economico controllato, il cosiddetto soft landing, che potrà essere modellato dalla Fed accelerando o rallentando portata e velocità dei tagli, offrendo così un contesto macroeconomico ancora favorevole a molte classi di attivi.