Nel mese di settembre il prezzo dell’oro è crollato di quasi il 4%. Il motivo è da ricondurre al forte aumento dei rendimenti dei Treasury statunitensi, che ha acquisito ulteriore slancio. Dall’inizio del conflitto in Medio Oriente il 7 ottobre, invece, il prezzo dell’oro è aumentato di quasi il 7%. Alla luce dei fattori d’incertezza geopolitica, investitori e investitrici tornano a cercare più sicurezza.
Il forte rialzo dei rendimenti dei Treasury statunitensi ha provocato una flessione del prezzo dell’oro di quasi il 4% il mese scorso. Sono saliti non solo i tassi d’interesse nominali, ma anche i rendimenti reali (ossia i tassi d’interesse al netto dell’inflazione attesa). Quanto più sono elevati i rendimenti reali sul mercato obbligazionario, tanto meno allettanti diventano gli investimenti in oro: gli elevati rendimenti di questi ultimi aumentano i costi di opportunità dell’oro, il quale non genera proventi come interessi o dividendi.
Tuttavia, quello che l’oro offre di positivo è la sicurezza, la quale, dopo l’attacco a sorpresa di Hamas contro Israele il 7 ottobre, viene nuovamente ricercata da investitori e investitrici. L’oro è riconosciuto in tutto il mondo come strumento di pagamento e riserva di valore e la sua quantità è limitata rispetto al denaro convenzionale. Il prezzo dell’oro è aumentato di quasi il 7% dallo scoppio della guerra, beneficiando delle preoccupazioni degli operatori di mercato di tutto il mondo.
L’andamento futuro del prezzo dell’oro è estremamente incerto. Il prezzo di quest’ultimo trarrebbe vantaggio da un eventuale ulteriore inasprimento del conflitto in Medio Oriente o da una possibile svolta dei tassi negli Stati Uniti. Qualora si preveda una recessione negli Stati Uniti, i tassi d’interesse scenderebbero per tutte le durate e l’oro ne uscirebbe vincitore. Se l’economia statunitense dovesse continuare a resistere e la svolta dei tassi d’interesse rimanesse un’ipotesi molto lontana, il prezzo dell’oro tenderebbe a risentirne.