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Se il gentiluomo è un operaio sognatore

Il Teatro alla Scala riapre con la farsa musicale di Nino Rota ‘Il cappello di paglia di Firenze’, diretta da Mario Acampa

In replica fino al 18 settembre
(Brescia e Amisano © Teatro alla Scala)
8 settembre 2024
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Non è difficile immaginare le ragioni che spinsero il trentaquattrenne Nino Rota a dedicarsi alla scrittura di musica e libretto, insieme alla madre pianista Ernesta Rinaldi, di un’opera brillante quale ‘Il cappello di paglia di Firenze’, tratto dal vaudeville di Eugène Labiche, ‘Un chapeau de paille d’Italie’, scritto intorno al 1850 con la collaborazione di Marc-Michel, da cui il regista René Clair aveva tratto un film.

Nel 1945 Nino Rota e sua madre trascorrevano gli ultimi mesi di guerra in un paesino di mare alle porte di Bari, lui con già alle spalle gli inizi di una promettente carriera di compositore di musiche da film, e con la voglia di ritorno alla vita normale, fatta anche di gioco e di leggerezza. Madre e figlio passavano il tempo a tradurre e adattare la farsesca vicenda di due coppie di innamorati, una di giovani promessi sposi e l’altra di amanti clandestini, con al centro un pregiato cappello di paglia masticato dal cavallo del promesso sposo Fadinard durante l’ incontro amoroso della coppia adulterina. E la conseguente ricerca, da parte di Fadinard, di un analogo cappello per non insospettire il marito dell’adultera. Quanto divertimento nello scrivere ‘a la manière de’ Mozart, Rossini, Puccini, Wagner citando sé stessi e qualche canzone del tempo!

Non ti curar di lor

Nino Rota è uno di quei compositori che, forti di una formazione completa, in Conservatorio e all’Università, nonché di due anni di studio negli Usa, non si curano di mischiare musica colta e pop, e nemmeno si curano dei critici. Tuttavia l’opera comica di Rota madre e figlio dovette aspettare dieci anni prima di andare in scena con grande successo al Teatro Massimo di Palermo nel 1955, per essere ripresa tre anni più tardi da Giorgio Strehler alla Piccola Scala, dando il via al suo percorso trionfale. ‘Il cappello di paglia di Firenze’ è uno di quei lavori che si prestano a un approccio fresco e giovane, come quello degli Allievi dell’Accademia di perfezionamento per cantanti lirici della Scala, che lo affrontano in questa ripresa di stagione. In una vicenda già di per sé intricata, il regista Mario Acampa non solo trasporta la storia dal Secondo Impero al 1955, cosa non di per sé stravolgente in quanto gli anni Cinquanta del secolo scorso sono ormai una moda e quasi un cliché negli allestimenti d’opera odierni, ma inventa una cornice alla vicenda e la colloca ovviamente nell’Ouverture: Fadinard non è il ‘giovane agiato’ del libretto, ma l’addetto alle pulizie di una fabbrica di cappelli (che porta il nome di Ernesta Rota) che viene licenziato, picchiato e buttato fuori. Il poverino si addormenta e sogna. Sogna di essere appunto il Fadinard gentiluomo della vaporosa farsa musicale, sulla cui leggerezza il regista stende un velo di realismo, sparigliando le classi sociali: gli invitati alle nozze che seguono il protagonista nel suo peregrinare alla ricerca del cappello sono gli operai e le operaie del cappellificio, alla ricerca di un riscatto possibile negli anni in cui l’ascensore sociale viaggiava. Ma Acampa riesce anche a creare momenti di pura comicità, come nell’incontro – in sala da bagno – tra Fadinard e il gelosissimo Beaupertuis.

Partitura scintillante

La scena girevole a due piani di Riccardo Sgaramella ben si presta al ritmo serrato della vicenda e al rapido passaggio da un ambiente all’altro: la casa di Fadinard, il salotto della baronessa, la casa di Beaupertuis, la piazza, la prigione, tutto all’ombra del cappellificio, la cui facciata ci ricorda che il protagonista è un addetto alle pulizie umiliato e maltrattato. Andrea Tanzillo riveste i panni di Fadinard con grande efficacia interpretativa, e un impegno in tal senso si avverte in tutto il cast, di cui fanno parte allievi da ogni dove. Xhieldo Hyseni è un padre della sposa (Nonancourt) convincente, come del resto la sposa stessa (Elena), interpretata da una Maria Martin Campos vocalmente brillante. Ma non si dimenticano neppure Chao Liu (Beaupertuis) o Greta Doveri (Anaide, la moglie fedifraga). L’applauditissimo Donato Renzetti dirige con affetto una partitura scintillante e di grande impatto sul pubblico, con gli eccellenti Orchestra e Coro dell’Accademia della Scala. Infine molto apprezzati i sopratitoli in alto – che non si erano mai visti prima alla Scala – che pare siano temporanei. Una gran parte del pubblico si augura che restino. ‘Il cappello di paglia di Firenze’ si replica fino al 18 settembre.


Brescia e Amisano © Teatro alla Scala