laR+ Venezia 81

Istantanee da un palmarès senza luce

La Giurie fanno il loro lavoro, e i premi cinematografici non sono quelli di una corsa dei cento metri. Così qualche volta si spera e si resta delusi

Isabelle Huppert
(Keystone)
8 settembre 2024
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La banalità di un palmarès prevedibile lascia l’amaro in bocca perché la Giuria di Isabelle Huppert, in questo Venezia 81, ha appiattito il film d’arte portandolo a livello di quello didatticamente infantile, come se non ci fosse stata un’idea forte alla base. Ecco allora spiegato il Leone d’argento per la miglior regia allo sperimentalismo violento, come scrittura e regia, a Brady Corbet per il suo ‘The Brutalist’, vero film d’arte, e il Leone d’argento Gran premio della giuria a un film lezioso e pensato come un album di figurine ben colorate, quale è ‘Vermiglio’ di Maura Delpero, film lontani l'uno dall'altro. E un peccato è l’aver visto questo premio e solo un consolante Premio speciale della giuria ad ‘April’ di Dea K’ulumbegashvili, forse il film più sorprendente del Concorso. Non c’è confronto tra le due registe: l’italiana fa la maestrina, la georgiana fa il Cinema. La Giuria di Isabelle Huppert, non avendo pensato al Cinema, non ha tenuto conto di ‘The Order’ di Justin Kurzel e del film di Wang Bing, ‘Youth: Homecoming’. Non ne ha tenuto conto anche perché la Giuria non ha voluto sporcarsi le mani con film socialmente impegnativi.

Il Leone d’oro a ‘The Room Next Door’ di Pedro Almodóvar è un film privato, una malinconica riflessione sulla morte, sicuramente non il miglior film del regista spagnolo. La Coppa Volpi a Nicole Kidman per ‘Baby Girl’ di Halina Reijn è stata fischiata in sala stampa, il premio doveva andare a Fernanda Torres per il film di Walter Salles, il grande favorito della vigilia con il suo ‘Ainda estou aqui’. Ma al film brasiliano è andato solo il Premio per la sceneggiatura firmata da Murilo Hauser e Heitor Lorega. In conferenza stampa, a una precisa domanda sul film, Huppert si è permessa un giudizio cattivo, dicendo che la regia non era stata capace di tradurre in immagini la sceneggiatura; le hanno chiesto se avesse letto la sceneggiatura, lei non ha risposto.

Di certo, l’unico premio al posto giusto e applauditissimo è stato quello al grande attore francese Vincent Lindon per il suo lavoro in ‘Jouer avec le feu’ di Delphine e Muriel Coulin, un premio previsto e impossibile da negare. Il ‘Marcello Mastroianni’ a un giovane attore è andato al francese Paul Kircher per ‘Leurs enfants après eux’ di Ludovic Boukherma e Zoran Boukherma, anche qui un premio meritato. Si sa che le Giurie fanno il loro lavoro, e si sa che i premi cinematografici non sono quelli di una corsa dei cento metri, così qualche volta si spera e si resta delusi. Purtroppo il cinema ha anche un suo senso, ha un’espressione che si evolve: scoprire che non sempre viene riconosciuta è un peccato.

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