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Stresa Festival tra Haydn e Monteverdi

La rassegna di musica classica ha ospitato due concerti sorprendenti diretti da Giovanni Antonini e Simon-Pierre Bestion

(Davide Martignoni. Stresa Festival )

Mentre a Locarno si spegneva il grande schermo della 77ª edizione del Festival del film, sulla stessa sponda del Verbano un’altra kermesse artistica toccava i suoi apici. A Stresa è in pieno svolgimento il Festival musicale: ventiquattro concerti suddivisi in quattro sezioni – jazz, young, classic, antiqua – e pensati con acume dal direttore artistico Mario Brunello, eccellente musicista, artista “verde” e sensibile al rispetto della natura.

Dieci anni senza Abbado, trecento con Haydn

La presente edizione dello Stresa Festival, dedicata a Claudio Abbado a dieci anni dalla scomparsa, fa proprie le idee del direttore milanese e invita il pubblico ad adottare un albero, piantato all’interno del Parco Campo dei Fiori, sull’altro lato del Lago Maggiore.

Abbiamo apprezzato la sagacia di Brunello nella rassegna Album di incontri con gli artisti: il direttore artistico ospitava Giovanni Antonini, che si sarebbe esibito subito dopo, e Charles Adriaenssen, il patron di Outhere, produttore indipendente che riunisce etichette discografiche del calibro di Alpha o Arcana, e partner del Festival. La discussione verteva sullo stato attuale della produzione discografica, con esempi di progetti a lungo termine come quello che vede in prima linea proprio Giovanni Antonini: “Haydn 2032”, la registrazione e pubblicazione integrale per Alpha delle 107 sinfonie di Haydn con Kammerorchester Basel e il Giardino Armonico, il cui traguardo è previsto nel 2032, in occasione dei 300 anni dalla nascita del compositore.

A Haydn e a Vivaldi era rivolto il concerto di Giovanni Antonini a Stresa: le due sinfonie di Haydn, 52 e 44, ci hanno fatto rivivere, mutatis mutandis, i momenti rivoluzionari di Goebel, Brüggen e Harnoncourt, quei favolosi anni Ottanta che ci hanno regalato le più innovative interpretazioni del repertorio settecentesco: la mente, e i sensi, tornavano alle stagioni di S. Maurizio a Milano, dove, contro gli schemi dei soliti, noiosi rituali concertistici, Musica Antiqua Köln tentava nuove vie esecutive. Così sabato, dove abbiamo ascoltato un Haydn come non lo avevamo mai sentito: le parole non possono rendere l’esperienza uditiva “Sturm und Drang” che ha del miracoloso: assenza di vibrato eppure intonazione perfetta, contrasti dinamici estremi; sorprese di scrittura sottolineate da artifici esecutivi geniali.

Le due sinfonie di Haydn incorniciavano due concerti per violino di Vivaldi, di grande impegno solistico: il Grosso Mogul RV 208 e il RV 368, con uno strabiliante Dmitrij Smirnov, che ci ricordava una delle più simpatiche testimonianze sull’arte esecutiva di Vivaldi, che con la mano sinistra si spingeva arditamente vicino al ponticello. Smirnov ha lasciato tutti a bocca aperta, musicisti del Giardino Armonico compresi, offrendo come bis un Capriccio di Paganini, con una libertà esecutiva fuori dal comune.

La scintillante tavolozza sonora

La sensibilità e il fiuto artistico di Brunello, che sta proponendo uno dei festival estivi più intelligenti sulla scena italiana e internazionale, hanno fortemente voluto la presenza di Simon-Pierre Bestion, un campione della postmodernità, che conoscevamo per la registrazione (Alpha) di una versione raffinata e nel contempo scatenata del Vespro di Monteverdi: proprio il Vespro della Beata Vergine era in programma domenica sera, in una proposta che non ha eguali nel panorama interpretativo attuale. Appurato che le pagine composte e pubblicate da Monteverdi – i salmi, l’inno, il Magnificat, spina dorsale del vespro – debbano essere contestualizzate attraverso le rispettive antifone, e completate dai cosiddetti “concerti”, pagine di Monteverdi nel nuovo stile teatrale, Bestion agisce, legittimamente su vari fronti: l’esecuzione personalizzata del gregoriano, che sfocia spesso in organum, la distribuzione molto differenziata tra voci e strumenti, l’aggiunta dei salmi in falsobordone, tecnica che rimanda alla pratica improvvisatoria del contrappunto alla mente, e qualche tocco creativo, come la proliferazione degli echi nel Gloria finale del Magnificat.

Il risultato è quello di una tavolozza sonora scintillante, grazie a ben 18 strumenti, e alla ricchissima sezione di basso continuo, con tromboni, cembalo, organo, tiorba, arpe, viole da gamba, violoni, e addirittura un serpentone. L’iniziale delusione per la sede, in sala da concerto anziché in chiesa, si è rapidamente tramutata in grande appagamento, grazie all’attenzione di Bestion per la spazialità, e al lavoro di Marianne Pelcerf, light designer. Abbiamo quindi gustato appieno i movimenti dei solisti e del coro tra il pubblico, il doppio coro di Nisi Dominus ai lati estremi della sala, l’Ave Maris Stella a cappella che avvolgeva la platea, e altre soluzioni logistiche, tutte diverse, che giocavano con le fonti sonore.

L’elemento ludico era presente anche grazie ai movimenti ritmati dei cantanti: l’aspetto scenografico, sottolineato da mille riflettori, candele, spot, dotava il Vespro di Bestion di una dimensione giocosa, laica, quasi coreografica, che suggeriva bei legami con certi momenti dell’Orfeo, l’opera di Monteverdi di pochi anni precedente alla pubblicazione del Vespro.

A settembre conclusione con la Freiburger Barockorchester

Lo Stresa Festival prosegue fino al 6 settembre, con un appuntamento finale imperdibile: la Freiburger Barockorchester con Isabelle Faust e Kristian Bezuidenhout che proporranno pagine di Mozart e Beethoven.

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