laR+ L’intervista

‘Alain Delon, semplicemente la storia del cinema’

Parole di Giona A. Nazzaro, che nell'agosto del 2012, al Locarno Film Festival, era nel backstage: ‘Intimidente, inimitabile’

Locarno, agosto 2012
(Keystone)
19 agosto 2024
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«Questo è un giorno nel quale uno si sente tanto piccolo. Anche quest’anno abbiamo avuto tanti ospiti, ma tutti umani. Lo stesso Shah Rukh Khan è un essere umano. Alain Delon è oltremondano. Aveva uno streak di ferocia latente, soprattutto quand’era giovane, lo vedevi che era un felino pronto a sguainare gli artigli. Shah Rukh ha lo stesso tipo di bellezza, ma capisci che la cultura di cui è emanazione ha una spiritualità diversa, e addolcisce il fatto che noi “non siamo lui”, mentre Alain Delon, a ogni piè sospinto, ed è anche questo che piaceva, sottolineava che “comunque non siete me”». Giona A. Nazzaro ride, anche se la morte di Delon è uno dei colpi più bassi per il cinefilo e per il dichiarato fan. Per quanto sopra, ci rimanda al reperto d’epoca che gira su internet: «Ci sono Delon, a sinistra, vestito di tutto punto, Mick Jagger a destra che si guarda le mani e al centro Anita Pallenberg. Delon fa il brillante con Anita, che si diceva fosse stata anche la compagna di Jagger. Sta tutto in quella foto…». A pochi giorni da quella di Gena Rowlands, la morte di Alain Delon sveglia il Festival e il suo direttore artistico.

Cominciamo dal 2012? Pur non ancora in sella al Festival, c’era anche lei la notte del Pardo alla carriera?

Sì, ero nel backstage. Ho visto arrivare questi magnifici gangster tutti in squadra, che sembravano usciti da un film di John Woo, o di José Giovanni. Lui intimidente, mi piaceva tanto come indossava lo spettro delle sue passate identità, raramente ho sentito emanare con tanta consapevolezza questo alone di una virilità angelicata. Perché nella sua virilità così potente c’era una componente femminile ancor più forte e consapevole. Quella sera lo guardavo e non capivo cosa di lui mi stesse stregando, se il mito, se quel che pensavo di sapere di lui, o se perché mi trovassi, semplicemente, di fronte a una divinità. La cosa che mi sorprendeva è che non ho mai visto nessuno indossare con tanta naturalezza la propria grazia, e in quell’intimidazione l’ho amato ancora di più.

A un certo punto di lui è cominciato ad arrivare il sex symbol prima dell’attore. “Sì, e io sono Alain Delon” non è frase fatta che si spende per tutti i belli del cinema…

Delon non era bello, e la bellezza da lui incarnata è riduttiva. Questa mattina Christoph Hochhäusler, regista di ‘La Mort viendra’, ha subito rivelato che il film che abbiamo avuto qui quest’anno in concorso era stato pensato per Delon. Christoph voleva offrirglielo, poi le complicazioni di finanziamento, le lungaggini produttive hanno fatto sì che l’attore non potesse farlo. Di lui ha scritto una cosa molto bella: “Er war ein Abglantz der Götter”, banalmente traducibile come “era un riflesso degli dei”, concetto a suo modo intraducibile se s’intende ‘Abglantz’ come ‘lucentezza’. Ed evidentemente, pensarlo nel film di Christoph, con quel gangster malinconico che non accetta il cambiamento delle regole e assolda la killer per vendicare la morte di un suo corriere, mi fa capire che la definizione del regista è vera, non soltanto un modo di dire.

Quel modo di dire che lei cita dice bene di come da ragazzi si andasse nei cinema di quartiere a vedere Alain Delon non perché sapevamo che era l’attore di Zurlini, Visconti, Antonioni, Losey, Clement, ma perché era ‘Tony Arzenta’ di Duccio Tessari, che per quanto rifacimento di Melville è il più grande noir italiano mai girato, perché era ‘Scorpio’, il killer che lavorava in coppia con Burt Lancaster, era il pistolero mefistofelico di ‘Sole rosso’ di Terence Young, uno dei western europei più belli di tutti i tempi, con dentro Ursula Andress, Charles Bronson, Toshirō Mifune. Andavamo al cinema a vedere ‘Esecutore oltre la legge’ di Georges Lautner, ‘Il clan dei siciliani’, ‘Per la pelle di un poliziotto’…

… ‘Zorro’ dobbiamo mettercelo, anche solo per l’album figurine e per il vestito di Carnevale…

… sì, ‘Zorro’, che è uno dei più grandi film popolari di Tessari, regista sul quale mi piacerebbe poter fare qualcosa anche qui a Locarno. Non è un caso che ‘Zorro’ del 1998, con Antonio Banderas, si sia ispirato al film del 1975. Spero che la gente di Banderas non mi faccia causa, ma l’attore spagnolo è Delon.

Il suo Delon preferito?

Con tutto l’amore immaginabile per quello che recita per Visconti e per Losey, il mio preferito è quello de ‘La prima notte di quiete’ di Valerio Zurlini, anche se in quel film emerge il conflitto tra il regista, che ha capito chi è Delon, e Delon che pensa di sapere chi è Delon. Detta così può apparire quasi cattiva, ma la versione integrale del film è il più grande omaggio alla vulnerabilità dell’attore francese, e Delon, con l’intelligenza ferina e felina di cui era dotato, intuisce questa cosa e non vuole, o non può accettare di mostrarsi, di essere manifestato in quel modo, e impone per la Francia un montaggio che farà tanto soffrire il regista. È solo in tempi relativamente recenti che la versione integrale di quel film è stata restaurata.

Al netto delle vicende personali, delle posizioni politiche e delle scelte artistiche, cosa lascia al cinema Alain Delon?

Intanto, solo sfogliando la sua filmografia, c’è la storia del cinema tutta, la storia della modernità. Lascia un modello inimitabile. Certo, qualcuno può dire che se Delon si fosse fermato un pochino prima, all’altezza della fine degli anni Settanta, evitando tutta una serie di film. Eppure, pure quei titoli che hanno incassato tantissimo non hanno scalfito la sua leggenda.

Immagino abbia seguito le vicende conclusive della sua vita, e immagino quanto male possano fare a un appassionato di cinema e dell’attore in particolare. Vicende familiari che si ripetono più o meno identiche in tanti grandi dello spettacolo…

Purtroppo le dinamiche di questo tipo sono la nemesi di questi personaggi, così lontani, desiderati e invidiati, che quando ‘finalmente’ giungono alla fine della loro parabola tutti si avventano su quel che possono strappare. In qualche modo, quanto è accaduto è anche totalmente organico allo stesso tipo di personaggio, perché per quanto tempo puoi essere così divinamente bello e sovrumanamente bravo senza che la vita non si presenti a chiedere il conto? Bisognerebbe davvero essere Norma Desmond, la protagonista di ‘Viale del tramonto’, e chiudersi in un castello riverita da Erich von Stroheim e non farsi vedere più, ma oggi non è possibile. E in fondo per Alain Delon vale davvero la stessa considerazione di Norma Desmond: “Io sono sempre grande, è il cinema che è diventato piccolo”. Questo per dire che sono davvero turbato, l’ultima scomparsa che mi ha molto segnato è stata quella di Jane Birkin. Riguardavo poco fa le foto di Delon postate da amiche e amici. Un mio caro amico ha postato una foto tratta da ‘Rocco e i suoi fratelli’, lui di spalle che sfiora i manifesti che annunciano l’incontro di pugilato che deve affrontare. È come se ognuna di esse contenesse un riflesso di chi le ha postate.

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