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Don’t you forget about me: i Simple Minds al Lakelive

La rock band scozzese ha calcato il main stage del Lakelive, festival musicale sulle rive del lago di Bienne

(archivio keystone)
7 agosto 2024
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Qual è il segreto di una rock band longeva? Come mai alcune band hanno vita breve mentre altre cavalcano il successo per decenni? Ci sono band per le quali il tempo non sembra passare, come i Rolling Stones, o gli U2. Per altre invece le cose sono andate diversamente. Molti gruppi hanno conosciuto divergenze, o hanno vissuto dei lutti pesanti tanto che, a un certo punto, si sono sciolti senza più riformarsi. C’è chi, invece, ha vissuto anni folgoranti e poi, come stelle cadenti, si è spento. È il caso di molte boy band o girl band degli anni Novanta: nate sotto il segno di un’epoca, si sono estinte con il volgere del decennio.

E come fanno alcuni gruppi, che sembrano spariti dai radar, a ricomparire all’orizzonte tornando ad animare palchi importanti? È il caso, per esempio, dei Simple Minds, complesso formatosi a Glasgow nel 1977 e molto popolare negli anni Ottanta e Novanta, che lo scorso 3 agosto – unica data svizzera del loro tour europeo – ha calcato il main stage del Lakelive, festival musicale sulle rive del lago di Bienne. Di fronte al pubblico, si capisce subito quando una band è riuscita a conservare quell’energia che l’ha resa famosa. E se il palco non mente, bisogna dire che la band scozzese non ha certo deluso le attese, riproponendo successi storici come ‘Alive and Kicking’, ‘Let there be love’ e l’irrinunciabile ‘Don’t you forget about me’.

Con oltre 60 milioni di dischi venduti, dalla fondazione la formazione ha mantenuto i due membri fondatori, il cantante Jim Kerr e il chitarrista Charlie Burchill; coadiuvati, nelle esibizioni dal vivo, da musicisti di gran valore che danno al sound quello spessore che il pubblico apprezza. Ascoltando la loro esibizione svizzera, mi sono chiesto come fa una band, dopo decenni e lunghi periodi di assenza dai palchi, a tenere insieme certi suoni, certe melodie, e certe atmosfere riuscendo a farle risuonare ancora oggi. E mi sono anche domandato come fa un complesso a tornare motivato e a suonare, per di più, così convincente. Mi sono venute in mente due parole: la prima è persistenza, e la seconda è una parola fin troppo usata ma che, se spesa bene (e in questo caso credo proprio che lo sia), può aiutarci a capire come le cose resistono al passaggio del tempo: resilienza. Chi è rimasto sulla scena musicale per decenni, dà prova di una certa solidità, e di una volontà di essere flessibile, di rinnovarsi quel tanto che basta.

Se il pubblico dopo anni canta ancora all’unisono ‘Don’t you forget about me’… qualcosa vorrà pur dire.

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