Dal capolavoro di Goliarda Sapienza la serie diretta da Valeria Golino, allo stesso tempo dissacrante e necessaria
Quando si dice che la pazienza è una virtù, evidentemente si pensa anche a Goliarda Sapienza, che ha impiegato ben nove anni per completare ‘L’arte della gioia’, dal 1967 al 1976. E se pubblicarlo sembrava una missione impossibile, oggi possiamo dire che ne è valsa la pena. Tutto arriva a chi sa aspettare: dalla pubblicazione travagliata alla consacrazione internazionale, fino alla trasposizione televisiva. Sì, perché Valeria Golino ha preso in mano il capolavoro di Sapienza e l'ha trasformato in una serie TV che farà parlare di sé.
Per chi non conoscesse ‘L’arte della gioia’, è bene sapere che si tratta di un romanzo postumo, pubblicato per la prima volta nel 1998 dopo una serie di rifiuti. Un romanzo troppo avanti per i suoi tempi, troppo provocatorio per essere compreso, e che ha trovato la sua vera consacrazione solo all'estero, prima di essere finalmente riconosciuto anche in Italia. E ora, con Valeria Golino alla regia, ci chiediamo: come può una serie Tv sembrare al contempo così dissacrante e così necessaria?
Nonostante sia già un'apprezzata attrice, con ‘L’arte della gioia’ Golino si conferma regista di spessore. In Italia, dove il confine tra genio e follia è sottile, la sua scelta di dedicare una serie TV di sei episodi (proiettata in due parti nelle sale italiane e in arrivo su Sky) a questo romanzo è un atto di audacia contro un pubblico spesso restio all’inclusività e alle scene di sesso prima delle 23.
Golino ci presenta Modesta, nata in una famiglia povera, in un’Italia avvolta da un conservatorismo stagnante, ma determinata a scoprire il mondo e la libertà, con le restrizioni imposte dalla società patriarcale in cui è cresciuta. Il suo impatto è quello di una pietra gettata in uno stagno: i cerchi d'onda che crea sono sottili, ma penetrano nei vari strati del tessuto sociale. Così ogni scelta di Modesta è una sberla in faccia alle convenzioni sociali, scelte che la rendono una spregiudicata “tosta carusa”.
Dimenticate le eroine di carta patinata: qua abbiamo un personaggio che non ha nulla da invidiare ai più cinici protagonisti grigi della letteratura. E grazie al cielo! Tra incesti, omicidi e una raffica di provocazioni sessuali, lei è l’antieroina complessa che si cercava, confermandoci che le vie dell'inferno televisivo sono lastricate di ottimi casi editoriali.
Ambientata nella Sicilia dei primi del Novecento, la storia di Modesta (interpretata da Tecla Insolia) è una celebrazione della ribellione e della gioia di vivere a tutti i costi. Prendendo in prestito la tecnica del voice-over, che già accompagna un altro adattamento del best seller ‘L’amica geniale’, Modesta si racconta con una voce fuori campo, senza celare né l’amore né l’odio.
Non mancano le scene che faranno sobbalzare i più pudici tra sesso libero e relazioni saffiche. ‘L'arte della gioia’ è una serie che non ha paura di mostrarsi per quella che è: un riflesso della vita, con tutte le sue sfumature, anche quelle più scabrose. Ogni parola scandita, ogni gesto è un piccolo sismografo che registra le scosse di un patriarcato in bilico e le crepe nelle fondamenta di una società ipocrita.
Se l’occhio vuole la sua parte, ‘L’arte della gioia’ non delude. Riprende il filtro dai colori polverosi, tipici delle serie storiche italiane come ‘I Leoni di Sicilia’, arricchito da una cornucopia di dettagli minuziosi che amalgamano l’umiltà novecentesca con un racconto onirico. Ci avvolge in un’estetica che fa mille inchini alla bellezza, ma anche alla decadenza, in un abbraccio sensuale che solo il Bel Paese poteva offrire.
Golino ha saputo, forse senza neanche accorgersene, raccogliere i punti di forza delle serie precedenti, ma lo ha fatto con uno sguardo acuto e preciso per il casting, rivelandosi esperta nella conoscenza dei suoi personaggi. Tecla Insolia emerge come una vera scoperta: con una face card lontana dalle caratteristiche del 2024, riesce a incarnare perfettamente la complessità di una giovane del secolo scorso. Le rubano la scena Jasmine Trinca, già diretta dalla regista in ‘Miele’, che interpreta Suor Eleonora, una figura materna e protettiva, mentre Valeria Bruni Tedeschi veste i panni della Principessa Brandiforti. Un cast che dimostra come il panorama attoriale italiano non sia limitato ai talent show o alle serie poliziesche, ma sia popolato da talenti. Anche se la sindrome da sospiri ed enfasi eccessiva, che talvolta richiede l’attivazione dei sottotitoli, continua a essere difficile da debellare.
Insomma, Valeria Golino ha scoperto le sue carte e se non ha una scala reale, sicuramente ha un full. ‘L’arte della gioia’ è una serie che non solo rende giustizia al romanzo di Goliarda Sapienza, ma ne celebra la libertà, l’emancipazione, e la gioia di vivere senza compromessi, in chiave moderna ma pur sempre intrisa di una dialettica emotiva italiana. È una ventata di freschezza nel panorama narrativo, rivolta agli animi stanchi di storie trite e ritrite.