Dalla spirituale Ginger Brew allo Zimbabwe di Matojeni, dal talento di D.K. Harrell al carisma di Karima all’esplosivo Fantastic Negrito: Lugano apprezza
Established in 1989, Blues to Bop ha celebrato anche quest’anno Blues e paraggi nella splendida Lugano. Nata dal festival New Orleans, ora collocata all’interno del più esteso Lugano LongLake Festival, la rassegna offre concerti estivi con artisti internazionali, regalando approfondimenti con i musicisti all’interno dei quali esplora la musica afro-americana indagandone stilemi e nuove interpretazioni. Le performance, dirette e cariche di feeling viscerale, hanno regalato un’atmosfera giocosa e rilassata, frutto dell’immaginazione che viene dal passato, dal compianto direttore artistico Norman Hewitt, e da chi ne ha seguito le tracce, Filippo Corbella coadiuvato dallo storico collaboratore di Hewitt, Ed Bersier.
Nel Boschetto, giovedì 18 luglio, Ginger Brew introduce Blues to Bop con un’esibizione di forte potere evocativo. Voce calda e avvolgente che risuona tra gli alberi del Parco Ciani, Brew fluttua sinuosa sul Sisters and Brothers Choir Ensemble, gruppo di estrazione toscana nonché fedele frequentatore dell’interprete. Un incontro che mette a confronto sensibilità disparate in un amalgama stuzzicante. Il viaggio è spirituale, oltre che sonoro, e accende i classici del genere scatenando emozioni che centrano la sensibilità collettiva attraverso canzoni eterne e levigate dal tempo che di tutti sono eredità e patrimonio. La calda risposta del pubblico ne attesta l’amore per il genere e per questa straordinaria artista.
Nella bellissima Agorà del Lac, spazio aperto e capiente ma molto più intimo delle grandi piazze luganesi, Matojeni, progetto di Nomathamsanqa Mkwananzi, Thandeka Patricia Jele e Gugulethu Sibanda, scatena pura energia di terra che confluisce in un’interpretazione contemporanea della musica tradizionale dello Zimbabwe. Le tre artiste esprimono forza e passione che accompagnano l’audience lungo itinerari sonori dentro le radici dell’Africa meridionale. Ogni pulsazione ne evoca la natura selvaggia e vibrante fino al culmine del set: il coinvolgente incontro con Ginger Brew e il suo coro, che combina gospel e sonorità black in un mix che sfiora un Pop intelligente e raffinato.
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Piazza della Riforma
Di venerdì 19, in esibizione solistica davanti all’attento pubblico di piazza Cioccaro, Jontavious Willis, ventottenne di Greenville, Georgia, imbraccia una minuscola chitarra acustica leggermente calante, in perfetto stile delle origini. Willis si produce in un flusso vocale cristallino ben contrappuntato dalla sua 6-corde, che non disdegna occasionali e originali preziosismi, incorporata in un flow che gronda spettacolarmente dalla sua fronte (e dalle sue corde vocali) madide di sudore. Il nostro ha evidentemente assaggiato tutti i piatti del delta e ne ha fatto sintesi: il menestrello afroamericano sciorina un repertorio interessante e filologico. Più real thing di così, tutto grits e cajun reinterpretati in maniera divertita, non si può! Alla fine dello show abbiamo avvicinato Willis chiedendogli un commento a caldo: “Sono felice di essere tornato a Lugano e saluto con amore questo meraviglioso pubblico, accogliente e ricettivo. God bless ya!”.
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D.K. Harrell
Originario di Ruston, Louisiana, D.K. Harrell è un talento blues da seguire con attenzione. Il suo stile chitarristico rievoca B.B. King, suo mentore e sostenitore: D.K. ha effettivamente suonato la celeberrima Lucille, l’iconica chitarra del grande bluesmen, nel corso di diversi eventi. La sua fisicità prorompente, la voce e i ricercati licks lo rendono un giovane di chiaro talento destinato a grandi cose. La band lo sostiene con cura, evocando un suono potente, cattivissimo e coeso, assecondando tutti i suoi segnali. D.K. trabocca gioia di vita e celebrazione di una felicità incontenibile che contagia e infuoca Piazza Cioccaro.
Poco più in là, in Piazza della Riforma, la songwriter newyorchese Lucy Woodward lancia ‘Stories From The Dust’, album di taglio intimista. Le tracce sono un omaggio alle esperienze di donne che l’hanno ispirata, arricchite dai contributi creativi di Tim Lefebvre e Larry Goldings. Influenzata da leggende quali Nina Simone e Bill Withers, fonde Americana e Pop per palati fini, perseguendo una personale ricerca nel solco di un’intenzione artistica in continua evoluzione. Woodward ha collaborato con Pink Martini, Charlie Hunter e alcune big band europee. Tra i suoi crediti figurano anche collaborazioni con Barbra Streisand, Snarky Puppy, Rod Stewart e Celine Dion. La band tutta olandese che la accompagna, sottolinea le sue qualità attraverso una punteggiatura accurata e di ottima fattura.
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Lucy Woodward
Cantante dalla variegata paletta espressiva, interprete di un originale meticciato culturale italoanglomagrebino, Karima unisce sponde lontane tra loro con efficacia e semplicità. Dotata di carisma naturale, assieme a una band minimalista, di sabato 20 la cantante inscena una personale sintesi di blues e jazz trasfigurati da musicisti in grado di allacciare un dialogo fitto e discreto: una piattaforma ideale dalla quale decolla un crooning fatto di istantanee surreali ed estuari immaginifici di grande incanto. Il set è distribuito su piani levigatissimi all’interno dei quali le sfumature espressive transitano mantenendo una grazia e una raffinatezza tangibili e generose. Adeguatissimo lo spazio dell’agorà del Lac che ospita un pubblico nutrito, assorto e rispettoso.
Act robustissimo dai risvolti gustosamente soul, sempre di sabato Boney Fields e compagni si producono in un climax energico che smuove Piazza Cioccaro e la induce a battere diligentemente il tempo. La Band, compattissima, presenta uno degli show più variegati dal punto di vista musicale, anche se inevitabilmente venato da tonalità nere e bollenti che innalzano la già iperattiva colonnina di mercurio. Fields è un leader navigato che fa della voce e della tromba la sua cifra più eloquente e la sua tostissima band picchia duro sprizzando blackness da ogni poro. Come riescano a rimanere imperturbabili nei loro spezzati in frescolana è un autentico mistero.
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Karima
Per finire. L’inizio brutale chiarisce all’istante che, in Piazza Riforma, non si faranno prigionieri! L’aderenza al diktat della Black Music nelle sue accezioni più estreme, black come il carbone e dure e pure come il diamante, raggiunge da subito un punto di fusione irreversibile: Fantastic Negrito è un tuffo di testa negli anni 70 da lasciare secchi. I cinque musicisti picchiano sodo ricalcando la presenza scenica del leader in maniera fedelissima, leader che surfa lo stage senza scendere a compromessi e inondando la piazza di pura teatralità: la sua figura snella, diafana e dai basettoni vintage, incarna un curioso morphing tra Prince, Jimi Hendrix e Bob Marley nella loro più ispida allegoria. Dallo stage pioveranno dinamite e flower power per tutto lo show e, tutto attorno, tra il pubblico, si farà densissimo e inconfondibile un odore di sostanze illegali da stendere un elefante.