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Se l’estate si vede da Estival

La voce di Malika Tirolien e il pianoforte di Hiromi, due momenti da un happening jazz del quale Lugano, pur all’interno del LongLake, avrà sempre bisogno

Scatti da Piazza della Riforma: Malika Tirolien, splendida voce dei Bokanté
(Ti-Press)
15 luglio 2024
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Venerdì 12 luglio. A Bellinzona tira così tanto vento che grandina in orizzontale, il Luganese invece ha avuto la sua razione di tempesta tropicale la notte precedente. Dopo la pioggerella su Diodato di giovedì (‘Schizzechea’, l’avrebbe chiamata Pino Daniele), la buona notizia è che su Piazza della Riforma non pioverà almeno sino alle 22.30. Con i dehor dei bar che paiono avere sgranocchiato qualche altro metro quadrato in più verso il centro della piazza – e per fortuna che quest’anno non c’è Ben Harper – Jacky Marti introduce il ‘suo’ Estival Jazz, dalla direzione artistica condivisa dallo scorso anno con Filippo Corbella in nome e per conto della Città di Lugano, venuta in soccorso di una manifestazione che rischiava l’estinzione. Un olimpico “dichiaro aperta la 44esima edizione” (o qualcosa di simile) apre la due giorni di Piazza della Riforma, non prima che Mister Estival abbia chiamato l’applauso per Tom ‘Bones’ Malone (trombone) e Danny Gottlieb (batteria), due dei grandi ex allievi della band di Gil Evans (1912-1988) già pronti sul palco con i Gil Evans Remembered guidati da Pete Levin (pianoforte), band che presto sarà a Umbria Jazz. Con il già Pat Metheny Group Mark Egan al basso e i sax di Alex Foster e Chris Hunter tra le cose solisticamente più belle, Levin dirige tutti in un viaggio che ha un paio di tributi nel tributo, ovvero ‘Up From the Skies’ da ‘The Gil Evans Orchestra Plays the Music of Jimi Hendrix’ (1974), omaggio del jazz al grande chitarrista, e ‘Teen Town’ di Jaco Pastorius, brano che è sì cosa dei Weather Report, ma il bassista scomparso nel 1987, anche se per poco tempo, è stato un altro degli ex di Evans.


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Gil Evans Remembered

Levin fa da padrone di casa. Scatta una foto al pubblico (“Devo provare a mia moglie che ero qui per suonare”), saluta il da poco scomparso David Sanborn, un altro ex “da qualche parte lassù a suonare con Gil”, e ricorda i cinquant’anni dal concerto della Gil Evans Orchestra a Umbria Jazz. A fine esibizione, Jacky Marti gli ricorderà l’Estival del 1983. Poco prima, l’ennesima ‘Little Wing’ di Hendrix ci aveva trasportati a un altro Umbria Jazz, quello del 1987, per un luminosissimo flashback di quando ancora la tv trasmetteva musica in diretta. È un quasi anniversario: 11 luglio 1987, stadio Renato Curi di Perugia, Sting e la Gil Evans Orchestra suonano proprio ‘Little Wing’, cantata dall’ex Police nello stesso anno in ‘Nothing Like The Sun’, il secondo di una serie di album che aprivano al jazz per la gioia di alcuni e i malumori di altri. Con Branford Marsalis, al tempo un tutt’uno con Sting, tra i fiati dell’Orchestra, la Rai mandò in onda uno di quei concerti capaci di cambiarti la vita e le orecchie. Più o meno un anno dopo Perugia, Gil Evans avrebbe salutato il jazz per sempre.

Acqua dal cielo, suoni dalla terra

Con quel che è successo in Ticino, che a Lugano non ci sia il pubblico delle grandi occasioni era prevedibile. Alle 22.45, acqua dal cielo come da previsioni ma pure suoni dalla terra. In pieno diluvio, senza più le sedie dei Vip sotto il palco, pochi woodstockiani disposti a danzare in condizioni estreme danno il benvenuto ai Bokanté (in creolo, ‘Scambio’), primo dei due nostri personalissimi ‘golden moment’, entrambi femminili, di Estival 2024, manifestazione passata alla storia anche per alcuni epici concerti sotto l’acquazzone estivo. Ma appena la pioggia diventa sopportabile, la gente esce dai portici e dai locali per ballare sui suoni del delta e del deserto, ipnotizzata dalla voce di Malika Tirolien, destinazione finale di quanto prodotto da tre ex Snarky Puppy (Michael League, Chris McQueen e Bob Lanzetti alle chitarre), dal percussionista Jamey Haddah (con Paul Simon dal 1998 al 2019, dunque anche nello splendido e africano ‘You’re The One’), dal pari ruolo Keita Ogawa (già con Yo-Yo Ma) e da Roosvelt Collier alla pedal e lap steel, elemento filo-country aggiunto di un ensemble che non si fa mancare nemmeno strumenti a corda di derivazione orientale, così che tutti i continenti, nessuno escluso, suonino all’unisono. Dall’ipnotico giro di basso alla ‘Sing O’ the Times’, l’interminabile ‘History’, brano che dà il titolo all’album del 2023, è una specie di ombelico del mondo, oltre che centro di uno splendido set.


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Tom Walker

Il marinaio Tom

A mezzanotte e mezza, gambe fini e spalle larghe, faccia e berretto da pescatore di tonni, il cantare che tira al reggae e il songwriting alla Ed Sheran, Tom Walker porta Piazza della Riforma nella notte con il pop-rock britannico ben fatto e retto da una grande voce. Il suono non è più acustico ma compresso come il genere impone, la varietà di struttura dei brani è ridotta all’osso, e un po’ di nostalgia va alle carezze sonore ascoltate in precedenza. Le storie di vita personale del saltellante Walker arrivano dai molti singoli pubblicati (‘Something Beautiful’, ‘Castles’), dall’album in arrivo (l’inedito ‘Holy Ghost’ in apertura e la già edita ‘Head Underwater’ nel mezzo) e dal primo e per il momento unico album ‘What a Time to Be Alive’: prima ‘Angels’ e ‘Just You and I’, poi ‘Leave a Light On’, che gli ha aperto le porte del successo. È l’ultimo atto di un set che ha avuto in ‘Burn’, poco prima dei bis, i migliori cinque minuti rock della serata, prima che l’alba illuminasse il Ceresio.

‘Sei la migliore’

Sabato 13 luglio. Con un pensiero al maltempo del giorno prima, che risparmierà il festival almeno per la sua seconda serata di piazza, Jacky Marti apre con l’aneddoto, ovvero Marta Argerich a Estival nel 2011 incantata da una pianista giapponese cui l’omologa argentina lascia un biglietto con sopra scritto “Sei la migliore”. E Hiromi Uehara, più brevemente detta Hiromi, pianista classica prima che jazz, scoppia in lacrime. “Sì, mi ricordo”, dice sul palco sabato scorso prima di ritirare il più giovane premio alla carriera di Estival (“Quest’anno premiamo un nome giovane, visto che ci hanno rimproverato di assegnare il riconoscimento sempre a gente anziana che poco dopo muore…”, Mister Estival dalla conferenza di presentazione dell’11 giugno).

Con i Sonicwonderland – Hadrien Feraud al basso, Adam O’Ferrill e Gene Coye alla batteria –, Hiromi propone l’incalzante ‘Sonicwonderland’ (come la band, con sfida all’O.K. Corral vinta da lei, che incastra un solo latin dentro una frenetica cassa in quattro). Ma tutto l’album del 2023 si chiama ‘Sonicwonderland’ e contiene i 10 minuti della cinematografica ‘Polaris’ e lo ‘scherzo’ intitolato ‘Bonus Stage’, ascoltati a Lugano. Dall’ultimo disco arrivano anche un’altra corsa contro il tempo intitolata ‘Up’ e, ancor prima, ‘Wanted’, in apertura di album e di concerto, un’altra decina di minuti di tale rilassatezza da vivere, in questo caso, come fossero il doppio. Per il bis, Hiromi regala altri sorrisi e l’impossibile ‘Mr. C.C.’, omaggio a Charlie Chaplin alla velocità delle comiche che viene da ‘Spectrum’, anno 2019 (la partitura è in rete: buona fortuna).


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Hiromi

Abitudini

La quantità di amplificatori sul palco dice che il suono cambierà di nuovo. Gary Clark Jr., o anche “il futuro del blues del Texas”, si presenta e fa la foto alla piazza. Soltanto dopo, su quello che è uno shuffle o anche una tarantella, attacca ‘Maktub’, prima traccia da ‘Jpeg Raw’, album uscito quest’anno con dentro il featuring di Stevie Wonder nella sua (di Stevie) ‘What About The Children’, suonata a Lugano “cercando di essere rispettoso”. Il filiforme Clark lancia plettri in quantità, è rigido sul tronco e deve avere visto tanto Prince dal vivo, perché la postura è quella, le mossette anche e il modo d’imbracciare la chitarra, molto in verticale, pure. ‘Habits’, giusto alla fine del disco e del concerto, è il punto d’arrivo – toccante – di un viaggio spiazzante che va dal rock al soul all’hip hop, e col fantasma di Robert Johnson regala emozioni che una migliore equalizzazione avrebbe reso indimenticabili. Succede anche con Cory Henry, un altro estratto dagli Snarky Puppy venuti a ‘monopolizzare’ questa edizione a dieci anni dalla prima esibizione: a metà set di quello che è il gran finale di Estival 2024, qualcuno si ricorda che Henry è un maestro dell’organo Hammond e alza il volume dello strumento quanto basta per capire che è proprio così. E allora si può davvero far mattina.


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Gary Clark Jr.


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In piazza