Il brano dedicato alla sua Taranto è Targa Tenco. Pluripremiato che pare un tennista, l’11 luglio porta a Lugano la canzone d’autore senza etichette
Ha raggiunto la massima popolarità senza far rumore, citiamo in modo grossolano la canzone (per assurdo) più silenziosa del suo repertorio. Nel maggio del 2020, ‘Fai rumore’ – prima a Sanremo in febbraio – risuonò nell’Arena di Verona vuota per l’Eurovision senza partecipanti chiamato ‘Europe shine a light’, un sostitutivo della manifestazione, chiusa per Covid come tutte le altre manifestazioni. Quella canzone avrebbe avuto la sua vetrina europea due anni dopo a Torino, col corpo di ballo a far da tramite tra l’Eurosong e il Festival della Canzone italiana del 2024, dove il rumore, o meglio il suono, sarebbe diventato movimento. E come già successo con altre canzoni, a febbraio 2024 Diodato saliva sul palco dell’Ariston a cantare quel piccolo capolavoro che è ‘Ti muovi’ con la stessa rilassatezza di chi si scalda un toast. È lo stato d’animo che gioca a favore di chi ascolta, un’attitudine che a volte pare quella di chi nella vita ha capito tutto. «Ci sto lavorando, mettiamola così. Già mi sento parte di quel tutto, lo posso considerare un bel risultato», ci dice Antonio Diodato a poche ore dal suo Estival Jazz, domani nel ‘distaccamento’ del Boschetto Parco Ciani (www.biglietteria.ch).
Nato ad Aosta ma cresciuto a Taranto, il cantautore arriva a Lugano via San Paolo del Brasile, data conclusiva del suo tour carioca cui, per completezza d’informazione, sono seguiti concerti a Tirana, Roma e Panarea. Porta con sé in dote l’album ‘Ho acceso un fuoco’, quello di ‘Ti muovi’ e altre cose nuove o amabilmente rivisitate. L’ultimo suo ‘gesto’ musicale in ordine di tempo è ‘Molto amore’, singolo con videoclip annesso, girato nel Brasile di cui sopra. Diodato arriva a Estival soprattutto sulla scia della notizia del giorno, anche se di giorni ne sono passati già due, ma la Targa Tenco è cosa che non scade, almeno per un anno. ‘La mia terra’ è la “Miglior canzone singola dell’anno” per quelli del Premio Tenco, che hanno premiato la dichiarazione d’amore di Diodato per la sua Taranto, canzone inserita nella colonna sonora del film ‘Palazzina Laf’, di e con Michele Riondino (con il conterraneo attore e regista, e con il trombettista Roy Paci, il nostro divide la direzione artistica dell’Uno Maggio Taranto Libero e Pensante). ‘La mia terra’ è anche stata Ciak d’Oro, Premio Amnesty International Italia, Nastro d’argento e David di Donatello per la Miglior canzone originale. È il secondo David per Diodato, dopo ‘Che vita meravigliosa’, inserita ne ‘La dea fortuna’, film del 2019 di Ferzan Özpetek.
«Sono molto contento, ‘La mia terra’ è una canzone importantissima per me», continua il cantautore. «Mi ha permesso di scrivere questa dichiarazione d’amore e allo stesso tempo di combattere una battaglia che mi porto dentro da tanto tempo, e come me altri tarantini e molte altre persone che vivono situazioni simili altrove, gente dalla quale ho ricevuto manifestazioni d’affetto. Sono felice che una canzone di questo tipo possa ricevere riconoscimenti così importanti, è un bel segnale anche per me: mi dice che quando provi a essere il più sincero possibile, riesci davvero ad arrivare a chi ascolta».
Potremmo accontentarci di un verso della canzone, ‘un campo minato su cui crescono fiori bellissimi’, ma lo chiediamo lo stesso: Diodato, com’è la tua terra?
È una terra evidentemente meravigliosa, basta solo passarci, anche per caso, per riconoscerne la bellezza e lo scempio che è stato fatto. È una terra che continua ad avere potenzialità enormi, per morfologia, per i due mari che s’incontrano, per la città vecchia e un po’ decadente che ora si sta risollevando. È un luogo dalle tradizioni molto forti, spostato a forza verso un’industrializzazione incontrollata che ha portato a problematiche sanitarie e di equilibrio tra lavoro e salute, questioni inaccettabili per un Paese civile. La mia è una terra che è stata ferita e ha voglia di rivalsa, lo dicono i giovani che negli ultimi anni hanno deciso di restare, quando la soluzione precedente era andarsene. È una terra dai grandi contrasti, ma che lotta giorno dopo giorno.
La Targa Tenco a ‘La mia terra’ è solo uno dei premi vinti da questa canzone. In verità, guardando alla lista dei premi che hai ricevuto in carriera, pare di stare a parlare più con un tennista che non con un cantautore…
(ride, ndr) Sono un grande appassionato di tennis…
… quindi sei conscio di avere vinto alcuni Slam…
Sì, sono io stesso sorpreso quando penso a quelli ricevuti in questi anni. I premi fanno piacere, la cosa bella è che puoi condividerli con lo staff che lavora con te, persone che ci mettono attenzione, cura, che cercano di valorizzare il tuo lavoro. È bello anche guardarseli ogni tanto, i premi, ma io so di avere davanti un cammino che va oltre i riconoscimenti e che appartiene a qualcosa di molto più viscerale e profondo, e che vorrei mi mettesse in contatto con sempre più persone. La musica per me è questo, è abbattere barriere, anche personali, è spostare i miei confini. Vado in quella direzione: poi è chiaro, fa piacere vedersi riconosciuta una fatica personale.
Per la mera curiosità: dove tieni i premi?
Li tengo in una libreria, in casa. Alcune volte li sposto. Il David di Donatello per esempio l’ho tenuto per molto tempo tra i Gin Tonic, che sono una delle mie passioni.
Dunque non hanno un posto fisso…
No, a volte si spostano. Forse hanno una vita propria, mi chiedono di essere messi altrove, o almeno a me sembra così. Ma forse è solo che sto impazzendo (ride, ndr).
Cosa rende Diodato così ‘desiderabile’ o ‘adatto’ alla cinematografia?
Credo sia il mio amore per il cinema. Sono cresciuto amando le sensazioni che i film hanno prodotto in me, Bertolucci diceva che il cinema è la nostalgia per qualcosa che non abbiamo mai vissuto, ed è quello che mi è successo. Il cinema mi ha insegnato a giocare con quella nostalgia, a raccontare una vita, la vita, in un tempo assai ridotto.
Sono cresciuto ascoltando le colonne sonore di Ennio Morricone, uno dei miei punti di riferimento, ma il cinema l’ho anche studiato (si è laureato al Dams di Roma in Cinema, televisione e nuovi media, ndr). L’invito a scrivere canzoni per i film ha rappresentato una sfida bellissima e anche un grande onore, un riconoscimento a quell’amore per la Settima arte che mi portavo dentro. Musica e cinema sono due grandi passioni che in me si amplificano a vicenda e interagiscono, dunque trovo questo essere ‘adatto’ una cosa abbastanza naturale, ovviamente non scontata.
Si è chiuso da poco il tuo tour brasiliano. Tanti anni fa James Taylor disse che una volta a Rio de Janeiro si comprò una chitarra e dentro c’era già la canzone. Funziona davvero così da quelle parti?
Quando scegli uno strumento t’innamori di un’energia, sceglierne uno tra tanti non è mai un atto casuale. Ma è il Brasile che ha già dentro di sé le canzoni, un po’ come l’Italia, salvo che in quella terra hai la sensazione che la musica sia un aspetto principale della quotidianità, e questo per un musicista è bellissimo. La musica in Brasile è parte integrante di una gioia molto nota nel mondo, è parte dell’attitudine di un popolo che noi tutti conosciamo. Potervi interagire è stato un grande privilegio. Sono tornato da lì con un po’ di saudade, avendo finalmente compreso cosa intendono i brasiliani con quella parola, e spero di potervi tornare molto presto. Sono i grandi regali, le grandi opportunità che ti dà la musica, il poter passare in poco tempo dal Brasile alla Svizzera e vivere culture a volte molto distanti, ma sentire che in realtà siamo tutti collegati.
Di tanto in tanto l’album ‘Ho acceso un fuoco’ passa piacevolmente dalle parti del soul. Pare perfetto per Estival nelle sue tante aperture a tutto quanto non è esattamente jazz. Quel ‘Jazz’ che accompagna ‘Estival’ ti mette a tuo agio?
Da una parte non presto mai troppa attenzione alle etichette e non ne sono spaventato, credo che la musica sia una e che non ci sia cosa più bella del poter sperimentare, del seguire l’onda di un flusso interiore senza paura di snaturarsi, e senza temere quel che potrebbero pensare gli altri. È un altro dei grandi regali che mi sta facendo la vita in questo momento, e insieme uno dei risultati più belli di questa ricerca umana, personale e profonda, che sto proseguendo. Mi piacerebbe suonare in qualsiasi festival o situazione, se anche sembrasse distante da quel che faccio, ma che distante, a mio avviso, non sarà mai. Perché quando si tratta di musica, non si è mai troppo distanti.