Il ‘Napoleone’ di Gance, meglio di quello di Scott, poi il Concorso: il vuoto giovanile di ‘Diamant Brut’ e la caduta agli inferi di ‘Pigen Med Nålen’
Già si fanno frementi le giornate di questo Festival che parte con i botti in competizione e fuori. La Croisette è già colma di addetti ai lavori che corrono tra sale e mercati, di curiosi che cercano un volto famoso e degli eterni cacciatori di un invito per una proiezione. Le prime notti di feste già consumano il buio sulle spiagge che vanno dal Palais all’Hotel Martinez, mentre le ville sulle colline già consumano le loro luci per raccontare l’unicità dell'ospitare divi da ogni parte del mondo, impegnati in privatissimi party.
Dalle parti del Palais e all’interno, il film di cui si parla di più è la nuova edizione di un capolavoro assoluto della cinematografia mondiale qual è il ‘Napoléon’ di Abel Gance, un film del 1927 di cui qui in Francia si sentiva fortemente bisogno per rispondere al disprezzato ‘anglosassone’ ‘Napoleon’ di Ridley Scott, che Le Figaro aveva descritto come “Barbie e Ken sotto l'Impero”, mentre il biografo di Napoleone Patrice Gueniffey aveva dichiarato a Le Point che il film era “molto anti-francese e molto pro-britannico”. Dal canto suo, il settimanale satirico Le Canard enchaîné lo aveva definito una “Waterloo del cinema”. Si deve ricordare poi che proprio a pochi passi dal Palais des Festivals qui a Cannes c’è un' incisione sulla pietra a forma di aquila che segna il punto in cui Napoleone si accampò per una notte dopo la sua fuga dall'Elba. Da qui infatti partì un'inebriante cavalcata di 100 giorni che si concluse con la sua definitiva sconfitta a Waterloo. La presentazione del film di Gance è stata definita un “momento eccezionale” dal direttore del festival Thierry Frémaux, è la “rinascita” dell'epopea di Abel Gance, un'opera così abbagliante, fiammeggiante e ambiziosa che qualcuno si è divertito a paragonarla alle imprese dell'imperatore stesso. Per essere d’accordo con Frémaux basta pensare alla battaglia a palle di neve che apre il film del 1927.
In Concorso si sono visti due film capaci di offrire altre grandi emozioni come l’opera prima ‘Diamant Brut’ (Wild Diamond) della giovane regista e sceneggiatrice francese Agathe Riedinger, e ‘Pigen Med Nålen’ (The Girl With The Needle) del 40enne svedese Magnus Von Horn. Il film della regista francese ci porta a contatto con il profondo vuoto giovanile di un oggi creato sul trionfo della finzione, dell’apparire per dimenticare di essere. Protagonista del film è la 19enne Liane, una influencer con 50mila e più follower, una famiglia frantumata e una vita che non le offre alcuna prospettiva. Siamo nella periferia di Fréjus, di sé lei dice: “Sì, sono superficiale, ma questo non significa che sia un'idiota”. E se la guardiamo: le unghie finte, la bocca gonfia di acido, l'improbabile abbondanza di capelli, i seni grottescamente gonfiati, è così orgogliosamente irreale che è difficile individuare in lei un vero io. Per lei, essere bella è essere: sexy, è il suo futuro; fa sì che la gente la guardi e non si preoccupa se gli uomini la chiamano “puttana”. Eppure ha un sogno: superare l'audizione per un reality show chiamato ‘Isola dei Miracoli’, che per lei è davvero l’attesa di un miracolo che cambi la sua vita nulla. Un miracolo che riconosca la sua unica ricchezza e sapienza: la bellezza. Quello che descrive la regista è un mondo vero, colmo di solitudine e di voglia di cancellare l’umiliante disperazione del dover essere.
Diverso, seppur disperante, è il mondo da incubo portato sullo schermo da Magnus von Horn nel suo ‘Pigen Med Nålen’ (La ragazza con l'ago). Siamo in Danimarca, dopo la fine della prima guerra mondiale, e subito ci è venuto in mente un paragone con ‘Die freudlose Gasse’ di Pabst, perché entrambi i film affondano il loro dire nelle sconfitte di un sanguinoso conflitto di cui le donne pagarono un prezzo ben più alto – in termini sociali e civili – di chi era morto al fronte. Qui incontriamo Karoline, sola, disoccupata e incinta di un uomo che non è suo marito, che crede caduto al fronte. La sua è una caduta agli inferi senza un qualsiasi Orfeo che possa tentare di riportarla alla vita. Quello di Magnus von Horn è un film straordinario e sconvolgente, una favola per adulti in cui la società si rivela come il vero mostro. Applausi meritati. La caccia alla Palma d’Oro è iniziata.