Eurovision Song Contest

Nessuno come Nemo: la Svizzera ha vinto l’Eurovision

Per ‘The Code’ è un plebiscito di ‘douze points’. L’artista di Bienne come Céline Dion nel 1988. La Croazia è seconda, l'Ucraina terza

Praticamente, un trionfo
(Keystone)
12 maggio 2024
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Trentasei anni dopo la canadese Céline Dion, la Svizzera vince l’Eurovision Song Contest. Lo fa con un artista di casa, Nemo, in quello che per le giurie tecniche delle singole nazioni è un trionfo assoluto, per l’artista e la canzone, ‘The Code’: i ‘douze points’, il punteggio massimo, sono arrivati da Ucraina, Lussemburgo, Azerbaigian, San Marino, Malta, Albania, Danimarca, Spagna, Norvegia, Georgia, Grecia, Estonia, Paesi Bassi, Austria, Italia, Finlandia, Portogallo, Lettonia, Irlanda, Lituania, Svezia.

La Croazia è seconda, l'Ucraina terza. Nemo torna da Malmö con altri due premi: l’Artistic Award, assegnato dai commentatori d’Europa, e il Composer Award, assegnato da tutti compositori in gara. Questa la classifica finale:


La classifica finale

La cronaca

Da Stoccolma, gli auguri a tutti della regina di Svezia; poi un’aurora boreale, mai attuale come in queste ore di tempesta solare, ci porta alla Malmö Arena piena come un uovo, dove si tiene la finale dell’Eurovision Song Contest 2024. Da ‘Äntligen’ (Holding On) di Björn Skifs, prima hit svedese nella Billboard, a ‘Gimme Gimme Gimme’ degli ABBA, passando per ‘The Look’ dei Roxette (con la principessa Vittoria di Svezia tra il pubblico), l’olimpica parata delle bandiere si tiene sulle note dei classici della musica scandinava.

A televoto già in funzione, aprono la gara Marcus & Martinus, i Sinplus norvegesi venuti a cantare per la Svezia, poi l’Ucraina di alyona alyona & Jerry Heil, la cui ‘Teresa & Maria’ guadagna mistici punti a ogni ascolto. La Germania di Isaak apre al Lussemburgo di Tali, dietro la quale c’è l’hit maker Dardust (‘La noia’, ‘Soldi’), che ha fatto di ‘Fighter’, in una competizione che è una sfilata di inni, un inno tra i più credibili.

Canteranno in 25 e non in 26. La notizia, spalmata sugli ultimi due giorni, è che non c’è l’Olanda, perché il biondo Joost Klein è sotto indagine da parte della polizia svedese per la denuncia presentata da un membro femminile del team di produzione dell’Eurovision. Fischi e applausi accolgono l’israeliana Eden Golan e quella ‘Hurricane’ che in molti non avrebbero voluto si ascoltasse, e contro la quale, fino a pochi minuti dall’inizio, i pro-Palestina non hanno smesso di manifestare. Il voto del pubblico li lancerà più tardi molto in alto.

Tutta la Malmö Arena batte il tempo sulla lituana ‘Luktelk’, sul duo synthpop spagnolo di ‘Zorra’ e sull’estroversa Estonia col titolo più lungo della storia della manifestazione. Alla Malmö Arena la griglia è calda abbastanza per vivere il momento horror/satanista (scenograficamente e coreograficamente unico) di Bambie Thug in ‘Doomsday Blue’ e la splendida ‘Hollow’ del lettone Dons.

Non c’è molto da dire più di quanto detto guardando le semifinali: tornano così com’erano il drum and bass & sirtaki dalla greca Marina Satti in ‘Zari’ e il groviglio di corpi del Regno Unito con Olly Alexander in ‘Dizzy’; torna ‘Ulveham’, la favola nordica dei norvegesi Gåte. Torna – ma col corpo di ballo in dresscode total black – ‘La noia’ di Angelina Mango, l’Italia mai così mediterranea ma forse non abbastanza. Il finlandese Windows95man torna a mostrarci le bianche terga in ‘No Rules!’. Alle soporifere Serbia e Portogallo si oppone l’Armenia dei Ladaniva in una festa di piazza con strumenti a corde che tanto piacerebbero a Marco Zappa. Il tempo di ricredersi sulle potenzialità di ‘Liar’, Silia Kapsis per Cipro, ed è la volta del piumato Nemo nella seconda uscita di ‘The Code’, che tanto dice su come andrà alla fine.

Le fastidiose urla di Raiven per la Slovenia in ‘Veronica’ sono l’anticamera di ‘Rim Tim Tagi Dim’ del favorito Baby Lasagna, la Croazia che non t’aspetti, piena fusione di danze popolari e metallo. La gara pare finire qui, perché né la sguaiatezza della georgiana Nutsa Buzaladze in ‘Firefighter’, né il mal d’amore del francese Silmane (meglio la ‘Mon Amour’ di Gigi D’Alessio), che le giurie tecniche comunque premieranno, né l’austriaco tunz-tunz di Karleen in ‘We Will Rave’ potranno cambiare il corso degli eventi.