Il secondo album prodotto a New Orleans da Frank Salis e Nicolas Gilliet, tributo a Dr. John, dal vivo il 25 marzo al Teatro del Gatto di Ascona
Serata evento lunedì 25 marzo al Teatro del Gatto (biglietti alla cassa oppure online sul sito www.jazzcatclub.ch) per l’uscita su vinile e su tutte le piattaforme digitali di ‘Mac’, il secondo album prodotto a New Orleans da Frank Salis e Nicolas Gilliet, frutto della collaborazione fra lo stesso Salis, poliedrico cantante, organista e compositore ticinese, e il trombettista e cantante James Andrews, figura di spicco della scena musicale di New Orleans. Il concerto sarà preceduto, alle 19.30, dalla proiezione del documentario ‘La musica è vita’, realizzato da Patrik Soergel per la Rsi, che seguendo la registrazione del disco, racconta l’incredibile scena musicale di New Orleans.
‘Mac’ richiama alla memoria Dr. John, figura di spicco della Crescent City. Di chi è stata l’idea? C’entra forse un messaggio di Dr. John sulla segreteria di James?
Salis – Credo che alla base l’idea sia stata mia e ne ho parlato a Nicolas, che ha preso la palla al balzo per vedere se James fosse interessato, visto che era un grande amico di Dr. John e che suonavano spesso insieme. Il primo disco di James è stato prodotto da Allen Toussaint e vi compariva Dr. John. Toussaint e Dr. John avevano preso James sotto la loro ala. Per di più, nel disco c’è un messaggio che John aveva lasciato nella segreteria telefonica di James.
Andrews – Si tratta di un messaggio privato. Un omaggio a Mac. Abbiamo voluto sentire la sua presenza, abbiamo voluto che facesse parte di questo progetto. Gli sarebbe piaciuto moltissimo, ne sono sicuro. Abbiamo fatto la canzone con tutto il rispetto possibile per lui, per la sua famiglia e per tutti coloro che lo hanno amato per davvero e con tenerezza.
Quando si incontrano per la prima volta Frank Salis e James Andrews? E quando effettivamente nasce il progetto ‘Mac’?
Gilliet – In passato avevo già organizzato due tournée estive di successo con loro. Qualche anno fa ricevetti una chiamata da James che mi diceva di essere in Francia e che, se ne avessi avuto voglia, avrei potuto organizzare dei concerti. Mi è stato subito chiaro che Frank sarebbe stata la persona ideale da affiancargli. Come era chiaro che il progetto sarebbe sfociato in qualcosa di importante. James è un animale da palco, anche Frank lo è, ma tra i due c’è una differenza sostanziale legata all’organizzazione del dettaglio. Uno è più istintivo e l’altro è più consapevole. Differenze che messe assieme danno un risultato esplosivo.
Ancora una volta siete volati dalla Svizzera oltreoceano per suonare e registrare la tua musica. Molto più che una passione lavorativa la vostra, quasi che a New Orleans abbiate trovato qualcosa di speciale...
Salis – Sì, a New Orleans ho trovato una nuova dimensione. In questi ultimi anni mi sono immerso nel sound di Nola (New Orleans, ndr) e mi rendo conto di quanto tutta la musica che ho suonato fino a ora sia radicata alla città. Sto tornando alle basi di quello che faccio e spero un giorno di poterle utilizzare liberamente nella creazione di nuova musica.
‘High in the Sky’ e ‘Mac’ hanno una forte e precisa connotazione sonora legata alle mille anime di New Orleans. Quali sono state le differenze nell’approccio alla registrazione dei due album?
Gilliet – In ‘High in the Sky’ ci siamo concentrati sul lavoro di Frank, composizioni e arrangiamenti originali che abbiamo fatto suonare a New Orleans dando un feeling tipico della Big Easy alla musica. Con ‘Mac’, invece, abbiamo anche suonato dei brani originali per poi andare a ricercare l’origine di certi groove e approcci musicali che piacciono tanto a Frank con brani storici dell’R&B o del Jazz.
Anche questo nuovo album si presenta come un lavoro fortemente corale. Quali sono state le collaborazioni, non solo musicali, che hanno permesso a ‘Mac’ di vedere la luce?
Salis – Ci sono tante persone che hanno permesso a questo disco di esistere. A cominciare da Nicolas Gilliet, che aveva creato il mio incontro con James e che ha tutte le conoscenze che servono a New Orleans. Poi i musicisti: Shannon Powell, detto ‘King of Treme’, che è ‘il’ suono della batteria New Orleans. Roland Guerin al basso, già direttore artistico di Dr. John e Toussaint. C’è Troy Andrews, fratello di James, più noto come Trombone Shorty, che ci ha messo a disposizione lo studio e suonato la batteria e le percussioni per un brano. Mi ha anche dato dei consigli durante lo sviluppo del pezzo, persona umilissima, non me lo aspettavo. C’è anche Josh Harmon, che in quei giorni era in città ed è venuto a fare il corista in un pezzo. Per chi non lo conoscesse, Josh fa sound design con le percussioni con filmati di cartoni animati. È molto seguito su Instagram. C’è Craig Klein al trombone, e tantissimi altri. Potrei parlare per ore…
Parlando della produzione del disco, quanto è stato importante il contributo in regia di Paul Schoen ai Buckjump Studio per mettere insieme tutti i mezzi che sarebbero andati a completare l’affresco sonoro di ‘Mac’?
Salis – Per fortuna c’era Paulie! Lui è metà italiano e mi ha aiutato tantissimo per l’indicazione ai musicisti. Paulie poi è bravissimo a capire cosa voglio, praticamente gli ho detto di fare “come lo sentiva lui”, e il risultato finale è bellissimo.
Come verrà accolto ‘Mac’ a New Orleans? A un primo attento ascolto pare ci siano tutti gli elementi perché diventi un classico...
Andrews – Davvero bene perché le canzoni fondono musiche e ritmi diversi e riflettono la vera e genuina cultura di New Orleans. Sia le canzoni legate alla tradizione, sia i nuovi brani come ‘Clap Your Hands’ o ‘It’s Gonna Be Great’. Poi c’è ‘I Got Mine’, la canzone scritta da mio nonno Jessie Hill: per me significa portare avanti la sua eredità e allo stesso tempo portare avanti anche l’eredità della città di New Orleans!
James, un pregio e un difetto di Frank?
Andrews – Frank è un amico e un grande musicista, un ragazzo meraviglioso. Suona bene con energia ed entusiasmo, un vero artista. Quando ho suonato con lui per la prima volta pensavo fosse nato a Nola. Niente di negativo da dire su di lui. Lascio a lui il diritto di parlare male di me (ride, ndr).
Stessa domanda per te Frank...
Salis – (ride, ndr) Scherzi a parte, James è la persona più istintiva che conosca. Ed è un complimento!
L’uscita del vinile – scelta molto jazz quella del supporto – coinciderà con l’inizio di una serie di concerti in giro per l’Europa e gli Stati Uniti?
Gilliet: Oltre che al ‘Jazz Cat Club’ presenteremo il disco in Francia. In seguito, pianificheremo nuovi concerti per l’estate. La promozione del disco negli Stati Uniti sta andando forte, anche perché James Andrews non si presentava al pubblico con un disco da ormai parecchio tempo. Ne ha fatti diversi con distribuzione limitata o dei singoli. Mi sembra che l’ultimo suo successo sia stato registrato proprio con Dr. John.
Come nasce l’idea della copertina del disco? È come se fosse in corso un passaggio di testimone.
Salis – La copertina è di Matteo Ceschi! Secondo me è una genialità uscita dal suo cervello perennemente in cerca di idee. L’immagine si presta a tante letture, una di queste sicuramente è il passaggio di qualche cosa. Io direi più un passaggio di cultura che un passaggio di testimone.
Nicolas Gilliet, a sinistra, con Salis in un fotogramma da ‘La musica è vita’ di Patrick Soergel
La copertina dell’album