laR+ La recensione

Osi in Auditorio, l’eloquenza melliflua del Settecento

Su Corelli l’eccezionale interpretazione di Maurice Steger, da sola in grado di rendere memorabile questo concerto

Giovedì 25 gennaio allo Stelio Molo
(OSI /S. Ponzio)
26 gennaio 2024
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Il ritorno Play&Conduct del flautista Maurice Steger alla guida dell’Orchestra della Svizzera italiana poteva essere una rassegna della famiglia dei flauti, è stata invece molto di più: quasi un’evocazione esoterica dei quattro temperamenti: flemmatico, collerico, sanguigno, malinconico simboleggiati dagli elementi naturali: acqua, fuoco, aria, terra.

‘Les Eléments’, Symphonie nouvelle di Jean-Féry Rebel (1666-1747) che ha occupato tutta la prima parte del concerto, è un tentativo di rappresentare i temperamenti come anagogia degli elementi naturali. È un’opera del 1738 suddivisa in dieci tempi, che Steger ha inframmezzato con due opere quasi coeve: un Quadro per flauto, oboe, violino e basso continuo di Georg Philipp Telemann (1681-1767) e un Concerto per due oboi, fagotto, due corni violino, archi e basso continuo di Antonio Vivaldi (1678-1741).

L’Osi ha presentato un basso continuo formato di clavicembalo, tiorba e violoncello, molto colorito e ben proporzionato all’orchestra, sempre schierata nella formazione di base con ventinove archi. Splendide esecuzioni dei magnifici strumentisti, non muniti di strumenti d’epoca. Con essi un’immersione nel mondo tonale del passato come una pausa ristoratrice della fatica del vivere nel presente.

Nella seconda parte del programma un Concerto per flautino, archi e basso continuo di Arcangelo Corelli, che può portare indietro nel tempo, nella Roma della Regina Cristina di Svezia, ma anche avanti nella Parigi del Re Luigi XIV. Tocca qui al recensore ricordare l’eccezionale interpretazione di Maurice Steger, da sola in grado di rendere memorabile questo concerto.

Ha compensato la non felice direzione dell’ultimo brano del programma: la Sinfonia KV 297 di Wolfgang Amadeus Mozart, che porta la data 1778 di un memorabile e tragico soggiorno nella Parigi prerivoluzionaria. Forse una riprova di quanto sia difficile conciliare in uno stesso concerto due temperie diverse: la vita ovattata dei salotti aristocratici con le tensioni di una città che prepara la rivoluzione.

Auditorio completo anche giovedì scorso ed evidente carenza di ascoltatori giovani. Per mancanza di posti o per disinteresse verso la musica tradizionale? Di conseguenza la solita domanda: con programmi meno tradizionali, addirittura di musica contemporanea, compenseremmo una perdita di pubblico tradizionale con più giovani?