Per LuganoMusica, lo scorso 12 gennaio al Teatrostudio del Lac, il Cuarteto Casals in un programma che ha sciolto applausi convinti e calorosi
Il Cuarteto Casals è tornato (graditissimo ritorno!) al Weekend dei Quartetti di LuganoMusica con un programma che ha toccato gli esiti più alti di due secoli e mezzo della musica occidentale: i Contrappunti n. 1-7 e 9 dell’Arte della fuga (1749) di Johann Sebastian Bach; le brevi, ma emozionanti Reflections on the Thema B-A-C-H (2002) di Sofija Gubajdulina; il Quartetto op. 59 n.3, il Terzo Razumovskij (1806) di Ludwig van Beethoven.
Abel Tomàs e Vera Martinez Mehner, violini, Jonathan Brown, viola, Arnau Tornàs, violoncello, sono sembrati lieti di ritornare nel piccolo Teatrostudio del Lac, che non pone problemi di acustica, e suonare davanti a un pubblico scarso, ma competente.
Nel quartetto d’archi si ammette il paradosso che l’insieme è molto più della somma delle singole parti, che la complessità di quanto si può fare su sedici corde, richiede ai quattro strumentisti metodi di lavoro congruenti, quasi scelte di vita comuni.
L’Arte della fuga è una raccolta di composizioni di Bach senza indicazioni sulla strumentazione, ma (quasi) tutte ben riconoscibili per lo stile fugato. La loro fama ne assicura una presenza costante nelle sale da concerto. L’esecuzione del Cuarteto Casals ascoltata lo scorso 12 gennaio è tra le migliori che ricordo.
Il brano di Gubajdulina è breve, molto breve, ha il fascino di un notturno carico di inquietudine e il pregio culturale di evitare la banalità dei luoghi comuni in quanto opera del nostro secolo e di una compositrice vivente.
La fama di Beethoven è dovuta in primis alle Sinfonie e alle Sonate per pianoforte, non ai Quartetti, che il melomane (da noi) ha rare occasioni di ascoltare dal vivo. Ricorderò quindi questo concerto soprattutto per l’impeccabile esecuzione del Terzo Razumovskij, che ha chiuso il programma e ha sciolto applausi convinti e calorosi, ricambiati con ben due bis.