‘Canto la pace e la tranquillità, tutta l'Africa ne ha bisogno’. Giovane stella della musica tuareg, è in tour in Svizzera: a Bellinzona l'8 novembre
Lo scherzo è nato nell’istante in cui ci siamo presentati, dunque per tutto il tempo dell’intervista saremo per lui Mbeppé, parafrasando il cognome di una stella di altra disciplina nei confronti del quale intervistatore e artista provano una certa ammirazione (soprattutto per il conto in banca). Quanto alla stella della musica tuareg, siamo decisamente in anticipo per chiedere a Kader Tarhanine se gli piaccia o meno la Svizzera, visto che è la sua prima volta da queste parti e che il concerto al Teatro Sociale di Bellinzona, programmato per mercoledì 8 novembre alle 20.45, è solo la prima di più date nella Confederazione: con la sua band senza frontiere, composta da Dramane Toure, Mohamed Alhousseini, Abd Elkadir Sabou e Mohammed Zenani, musicisti provenienti da Mali e Algeria, Kader sarà domani al Parterre One di Basilea, venerdì allo Szene di Kloten (Zh), sabato al Kulturpunkt di Flawil (Sg) e domenica 12 al Theater Casino di Zug.
Kader Tarhanine è nato in Algeria e il suo vero nome è Kader Sabou. Quello d’arte viene da ‘Tarhanine Tegla’, traducibile con ‘Il mio amore se n’è andato’, canzone che lo ha reso l’artista più ascoltato dai giovani di tutto il Sahara, ma anche brano della diaspora tuareg in tutto il mondo. Di fianco a lui, in un hotel di Bellinzona, siede Manny Ansar, colui che lo ha scoperto giovanissimo. Se il suo ‘Festival au désert’ di Timbuktu, showcase di riferimento della musica tuareg, non si fosse fermato più di dieci anni fa per via dell’Isis, Kader sarebbe oggi, di certo, uno dei nomi di punta di una manifestazione che non può tornare semplicemente perché nessuno sarebbe in grado di assicurare la minima sicurezza ai partecipanti.
Tra ‘Principe del desert blues’ e ‘Perla della musica tuareg’, che sono due delle definizioni che si spendono per Kader, lui sceglie la seconda, comunque pienamente consapevole del ruolo ricoperto nel blues del deserto, «un blues calmo – ci spiega – che porta con sé il suono della musica tradizionale. Ne ha la stessa tranquillità». Quella musica che Kader sente di avere nel sangue: «Mia madre suona la musica tradizionale, le percussioni, io ho sempre amato cantare, suonare la chitarra», strumento la cui scelta «è stata molto naturale». Molto, chitarristicamente parlando, hanno fatto i Tinariwen, band maliana tra le più importanti il cui mix di blues, rock e tradizione locale ha segnato una via. Kader fa anche il nome di Ali Farka Touré, faro della musica maliana, noto anche come il John Lee Hooker del Mali. «Ho iniziato a scrivere a 14 anni, è venuto tutto molto semplice, anche la scrittura l’ho sempre sentita dentro di me».
Ispirata dal repertorio sahel-sahariano, caratteristico dell’area che copre Mali, Nigeria e Algeria, in Kader la tradizione ritmica si è arricchita di istanze rock. Le collaborazioni con i top artist del Mali, Fatoumata Diawara e Sidiki Diabaté, ne hanno fatto una sorta di ambasciatore di pace tra il nord e il sud del Paese, dilaniato dai conflitti etnici e politici. «Abbiamo guerre ovunque, abbiamo bisogno di pace in tutta l’Africa e io spero di portarla, perché pace e tranquillità è ciò di cui la gente ha bisogno. So di poterlo fare con la musica, per la rapidità di trasmissione dei concetti, perché ha più forza delle parole della politica e ha un pubblico più ampio». Cita il suo gruppo precedente, gli Afous d’Afous (mano nella mano), che metteva insieme musicisti di casa con quelli di Algeria, Nigeria, Libia, Burkina Faso, Mauritania. «Siamo tutti sahariani, vogliamo tutti la pace, e la musica».
La popolarità datagli da ‘Tarhanine Tegla’ un po’ aveva spiazzato uno come Kader, la cui timidezza è abbastanza evidente e solo col tempo gli consente di aprire un sorriso. «All’inizio è stato abbastanza complicato, il fatto che tutta quella gente si mettesse improvvisamente a parlare di me un po’ mi ha destabilizzato, ma ci ho fatto l’abitudine». Musicalmente parlando, per Bellinzona e il resto della Svizzera non ha fatto grandi calcoli: «Sono nella posizione in cui non ho bisogno di chiedermi cosa possa o non possa funzionare nei posti in cui suoneremo. Canterò l’amore, il deserto, la pace e i problemi della mia terra, che sarebbe impossibile non cantare visto che la musica tuareg nasce da lì, dal ribellarsi ai problemi politici, economici e naturali, per il luogo particolare in cui ci muoviamo. I sahariani lottano ogni giorno contro la mancanza di diritti, sviluppo, istruzione. Siamo obbligati a parlarne».
Nel futuro prossimo di Kader Tarhanine, perla della musica tuareg, c’è la registrazione di un nuovo disco, cosa che per i sahariani, obbligati a fare migliaia di chilometri per raggiungere uno studio di registrazione ad Algeri o in Marocco, è sempre una mezza impresa. Nei suoi sogni a breve-medio termine, invece, ci sarebbe il poter duettare con il francese Mathieu Mehid, detto semplicemente ‘M’, uno che tanto ammira e che, proprio come lui, mette insieme un po’ di tutto, l’Africa e il rock, la tradizione e il pop, «perché la musica non ha generi, la musica è prima di tutto sentimento».