La recensione

‘The Killer’, il blando ritorno al thriller di David Fincher

Deludente ritorno al genere del regista di ‘Seven’: la storia, estremamente debole, è nelle sale (poche)

Michael Fassbender
(Netflix)
1 novembre 2023
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Il trend degli ultimi anni del regista statunitense David Fincher, cioè lo spostarsi dal cinema per andare verso Netflix e quindi lo streaming online, si riconferma con ‘The Killer’ proprio come il suo ultimo e forse più ambizioso ‘Mank’, e come la serie ‘Mindhunter’ che, nonostante la buona ricezione di pubblico e critica, rimane a oggi incompiuta per superficiali motivi di potenziale incasso. La nota piattaforma di streaming subisce più o meno da sempre, e a ragione, pesanti critiche rispetto alla qualità dei propri prodotti, ormai si può dire per la maggior parte consistenti in mere operazioni commerciali, tuttavia è riuscita non solo a portare dalla sua grandi autori come Martin Scorsese (‘The Irishman’), ma anche a partecipare con discreto successo a festival internazionali come Cannes e Venezia, nonostante poi i film in questione, come in questo caso, vengano distribuiti in sala solo per brevi periodi. Un modus operandi che spaventa perché annebbia e oscura la già palpabile discesa del cinema, dal grande schermo addirittura verso il tablet o lo smartphone, cosa che potrebbe testimoniare sia la transizione verso un nuovo tipo di fruizione homevideo, sia un vero e proprio presagio di morte della settima arte. Solo il tempo dovrebbe togliere ogni dubbio circa la questione.

La trama. Un killer su commissione sconosciuto narra, in voce fuori campo, la sua professione e le modalità di svolgimento per assicurarsi la riuscita del proprio lavoro, quindi colpisce per sbaglio una prostituta che copre la visuale del suo obiettivo. Avendo fallito, inevitabile è la risposta del committente, che fa sguinzagliare altri due assassini in un operazione di ritorsione, anch’essa poi fallimentare: il killer cerca rifugio nel suo nascondiglio a Santo Domingo dove una donna, forse la sua fidanzata, viene brutalmente aggredita e portata quasi in fin di vita. Addolorato nonostante la sua presunta mancanza di empatia, percepita come una debolezza da scartare, il sicario inizia dunque un’investigazione alla ricerca dei colpevoli, per ottenere vendetta.

Vicini all'insensatezza

‘The Killer’ è un film tutto sommato godibile, ma che consolida l’affievolimento dell’amore del regista verso il cinema come arte e non come un prodotto da vendere; se l’ormai lontano ‘Gone Girl’ aveva raggiunto vette altissime, qui non mancano i momenti autoreferenziali e anche una certa volontà di prendersi gioco dello spettatore, senza però avere le giuste carte in mano da giocare. Una seria solennità che talvolta risulta, forse anche volutamente, più comica che ansiogena e dove l’elemento della suspence risulta piuttosto blando. Tuttavia, Michael Fassbender, senza il quale il film non reggerebbe minimamente – essendo protagonista totale e voce narrante onnipresente, anche se a tratti ridondante – dimostra una grande capacità anche nel suo essere impassibile, nonostante il personaggio dalle mille identità che interpreta non sia profondo e poliedrico come forse vorrebbe essere. Il ritratto del killer perfetto e geniale, le dinamiche di controllo e videosorveglianza del 21esimo secolo e l’infallibilità di un omicida vengono sovvertite in maniera anche intrigante, ma questo non basta a rendere il film memorabile; l’intento non è chiaro e la sceneggiatura è poco accattivante rasentando, a tratti, l’insensatezza.

La dinamica iniziale ricorda, per fortuna solo vagamente e nell’intenzione, ‘La finestra sul cortile’ di Hitchcock, senza scalfirne il livello di tensione percepita e padronanza della macchina da presa; il proseguimento, allo stesso modo, rimanda forse a ‘Léon’ di Besson. La caratterizzazione dei personaggi secondari è quasi nulla, il loro comportamento inspiegabile e non basta un bel dialogo con Tilda Swinton a ovviare il problema, di conseguenza essi funzionano solo se lo spettatore assiste alla vicenda passivamente, senza porsi alcuna domanda sul perché certe cose accadano. Una grande delusione quindi, confermata anche da un finale che genera perplessità, piuttosto che la sensazione di un cerchio che si chiude.