Grande successo a Bruxelles per il nuovo allestimento di Romeo Castellucci
Doveva essere un evento, e lo è stato. In una Bruxelles che si è scrollata di dosso la paura dopo il grave attentato che l’ha colpita una decina di giorni fa, è andato in scena nel gremitissimo Théâtre de La Monnaie il primo tassello del Ring wagneriano, ‘Das Rheingold’, per la regia (e anche scene, costumi e luci) di Romeo Castellucci, artista di casa nel teatro della capitale belga. La Monnaie aveva già visto l’allestimento di Parsifal per mano di Castellucci nel 2011 ed era stata la sua prima regia d’opera. Oggi, dopo molte regie, arriva questo Ring attesissimo e da subito destinato a grande successo di pubblico, come dimostrano le repliche esaurite da tempo. Essenziale, cupo, inesorabile, lo spettacolo prende fiato da un’idea di tragedia greca che è innanzi tutto mitologia rivelatrice. Prima del Preludio, un anello grande come un cerchio, l’anello del potere e del male, si annuncia come protagonista, e la sua presenza ci accompagna dall’inizio alla fine, fino al buco nero che inghiotte gli dei che vi si gettano volontariamente, il Walhalla, paradiso maledetto, causa ed effetto dei loro mali. Eccoci poi in fondo al Reno buio, dove albergano le tre fanciulle, spiate dal repellente, voglioso Alberich. Inondato da una lama di luce che cade dall’alto, irrompe l’oro avvinghiato alle rocce, l’oro libero e splendente, fonte di pura bellezza, che diventa male e oscurità, e dunque materia nera e vischiosa, con il furto di Alberich.
In una delle scene più significative gli dei appaiono nei loro neri pastrani, alle spalle il mondo greco della classicità scultorea, camminando in equilibrio precario su un tappeto brulicante di corpi seminudi, perché quell’umanità fino allora tenuta sotto il loro dominio, sta ribollendo, pronta a ribellarsi e a prenderne il posto. Convince meno la scelta di sostituire gli dei con bambini, al momento dell’entrata in scena dei giganti Fasolt e Fafner, che con questo espediente appaiono davvero dei giganti, ma è una scelta che costringe gli dei adulti a cantare fuori campo e le voci arrivano lontane, mimate in playback. I coccodrilli che scendono dall’alto recano omaggio allo splendido Ring di Castorf del 2013 per Bayreuth. Riuscita e potente la scena in cui Alberich viene torturato da Wotan e da Loge perché ceda l’oro e l’anello, vero e proprio pezzo di bravura per un interprete totale quale dimostra di essere, al suo debutto in questo ruolo, il baritono americano Scott Hendricks, che trasmette attraverso sé stesso l’immagine di un dolore nero come il liquido che gli ricopre il corpo seminudo, dolore provocato dalla perdita del potere, e tuttavia molto umano. Anche gli dei sono ormai macchiati di nero, dalla smania dell’oro. Lo sa bene Loge, divino solo a metà, estroverso e intrigante, interpretato per la prima volta dal tenore scozzese Nicky Spence.
Agli interpreti di questo Ring si chiede di essere non solo cantanti e attori, ma anche acrobati e molto altro ancora, di calarsi nel loro personaggio con un certo sprezzo del pericolo. Ed è cosa che artiste e artisti fanno con impegno, aiutati dalle coreografie di Cindy Van Acker, Gran Premio Svizzero delle Arti Sceniche/Anello Hans Reinhart 2023, da anni collaboratrice fedele di Castellucci. Non dimentichiamo che la popolazione di Bruxelles e dintorni ha aderito con entusiasmo alla chiamata del regista per cento figuranti volontari, i cento corpi ‘calpestati’ dagli dei. La scena finale con il tuffo delle divinità nel buco nero e rotondo del Walhalla sigla uno spettacolo segnato da gesti teatrali che si imprimono indelebilmente nella memoria visiva ed emotiva dello spettatore. Quanto alla direzione di Alain Altinoglu, alla testa dell’Orchestra Sinfonica della Monnaie, è partita un po’ in sordina, cresciuta nel corso dello spettacolo e ha sfolgorato nel finale. Ma assistere a Das Rheingold di Castellucci, in scena fino al 9 novembre, non sarà facile per chi non si è munito di biglietto in anticipo. (info su www.lamonnaiedemunt.be)