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‘Io ti vedo’, la musica di Amina Scott a JazzAscona

Suona anche per le donne che si sentono invisibili. È ad Ascona con la New Orleans Jazz Orchestra; martedì 27 giugno guida l'Amina Scott Collective

Nata e cresciuta in California, ha iniziato suonando nei bar nella sua città natale, Oakland
(Gioele Pozzi/JazzAscona)
27 giugno 2023
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La contrabbassista e compositrice Amina Scott è tornata quest’anno a JazzAscona in una triplice funzione: oltre a esibirsi con la celebre New Orleans Jazz Orchestra diretta da Adonis Rose, infatti, accompagna in veste di docente i membri del Loyola University Ensemble; questa sera, invece (ore 19.30, stage Chiesa) presenterà le proprie composizioni dando un saggio della sua notevole personalità artistica in seno all’Amina Scott Collective.

Nata e cresciuta in California, ha iniziato suonando nei bar della sua città natale, Oakland. Da allora ha fatto tanta strada. Ma chi è questa giovane donna che da qualche anno calca i palchi della scena internazionale con tanto carattere? Abbiamo voluto scoprirlo e l’abbiamo incontrata sulle sponde del Lago Maggiore.

Amina Scott, questa è la terza volta che vieni a JazzAscona...

Ed è ogni volta un piacere, essere qua. Sono tutti così meravigliosi e accoglienti. Non sono a casa mia, è chiaro, ma mi sento come se lo fossi. Ringrazio voi svizzeri per essere come siete. E se non è così tutti i giorni, sono felice che lo sia a JazzAscona!

Sei attiva su molti fronti: ti esibisci in diverse formazioni, componi e arrangi, insegni all’Università di New Orleans e a quella di Loyola e dirigi il tuo proprio quintetto, l’Amina Scott Collective. Partiamo dal tuo progetto personale: come descriveresti la tua musica?

La mia musica si ispira a diversi stili musicali, ma se dovessi metterci un’etichetta direi che ha elementi della musica pop, R’n’B e jazz. Quando ho iniziato a suonare il basso, suonavo sulla musica di Stevie Wonder, degli Earth, Wind & Fire, un sacco di R’n’B e di musica pop, fino ad avvicinarmi anche al jazz. Quando poi ho iniziato a suonare il contrabbasso mi sono buttata più sul jazz, perché mi piaceva tantissimo. Mi risulta difficile descrivere la mia musica, perché la mia musica sono io. È un insieme di tutto ciò che ho ascoltato e apprezzato. Alcuni dei miei brani sono ispirati a libri che ho letto, come Octavia Butler, e alle mie esperienze di vita.

Qual è il messaggio che vuoi trasmettere con la tua arte?

Tutti ascoltiamo la musica e a tutti piace la musica. Sarebbe davvero strano se a qualcuno non piacesse la musica, e quindi cerco di trasmettere emozioni e di condividere la mia storia di com’è essere una donna nera in America oggi, gli alti e i bassi. Una parte del mio set è anche dedicata alla valorizzazione delle donne e quindi cerco di suonare canzoni (se non sono mie) che sono state scritte o arrangiate da donne, cose che ci vedono coinvolte. Se c’è una donna là fuori che si sente a volte invisibile, voglio dirle: “Io ti vedo”. Voglio scrivere una musica con cui la gente possa relazionarsi e voglio suonare una musica che sia in qualche modo edificante.

Questo mi porta alla prossima domanda. Tu suoni anche con una big band di jazz composta da sole donne, la DDB Big Band, con musiciste provenienti da tutti gli Stati Uniti. Cosa possiamo fare per sensibilizzare e sostenere l’essere donna in una realtà maschilista come quella dell’industria musicale?

Credo che la cosa più importante sia circondarsi e creare un ambiente con un proprio ‘villaggio di persone’ che amano, sostengono e credono in quello che fai. Se non è la tua famiglia non importa, può essere chiunque tu scelga, ma il solo fatto di avere questo sostegno aiuta già tantissimo. Considero sicuramente Dee Dee Bridgewater una mia mentore. Lei mi ha aiutato ad avere fiducia in me stessa e nella mia capacità di dirigere una band. C’è poi da dire che la maggior parte dei musicisti con cui suono sono uomini, ma questo non mi importa. Non dico di sentirmi come una di loro, perché è chiaro che rispettano il fatto che io sia una donna, ma sento che siamo innanzitutto musicisti, al di là delle questioni di genere. Preferirei che mi vedeste come musicista, piuttosto che come “la ragazza del gruppo”.

Sei originaria della California. Cosa ti ha portato a trasferirti a New Orleans, undici anni fa?

Sono andata a New Orleans per la prima volta nel 2011, quando avevo 16 anni, in un viaggio organizzato dalla mia scuola per aiutare nella ricostruzione dopo l’uragano Katrina. Siamo andati in giro, abbiamo costruito case, cose così. Lì mi sono innamorata di New Orleans, della sua energia, di tutto l’ambiente che caratterizza la città. A New Orleans ci sono molti musicisti provenienti da tutto il mondo, è davvero meraviglioso. Per questo ho deciso di andarci all’università e semplicemente non me ne sono più andata.

E nel 2017 ti sei unita alla celebre New Orleans Jazz Orchestra. Come è nata questa scelta?

Ho conosciuto Adonis Rose anni fa, suonando in un concerto a New Orleans. Forse è stata l’unica occasione in cui abbiamo suonato insieme, ma siamo rimasti in contatto. Alla fine sono entrata nel gruppo perché il bassista che avevano se n’era andato e Adonis ha mandato una e-mail a tutti i membri dell’orchestra chiedendo chi avrebbero dovuto chiamare per sostituirlo. Non so quanto sia vero, ma si dice che tutti abbiano risposto “Amina”. Così mi ha chiesto di farne parte.

Hai qualche altro progetto all’orizzonte?

Oltre a qualche progetto minore qua e là, sto lavorando a un album che dovrebbe uscire all’inizio del 2024. Dopo la tournée estiva cercherò di concentrare tutte le mie energie sul completamento e la pubblicazione di questo disco.