laR+ Musica

Non una guerra, ma tutte: 900presente chiude con Heiner Goebbels

‘Songs of Wars I Have Seen’, opera del compositore e regista tedesco tratta dal testo di Gertrude Stein: il 18 aprile, al Lac, dirige Francesco Bossaglia

Francesco Bossaglia (sx) e Heiner Goebbels
(Foto Goebbels: Andrej Grilc)
13 aprile 2023
|

“Sono cresciuto in una famiglia musicale. Mio padre era un ingegnere, ma suonava magnificamente il pianoforte e l’organo; i miei fratelli suonavano il violino e il pianoforte, poi sono diventati medici. Io ho iniziato a studiare pianoforte all’età di 5 anni, sviluppando fin da subito un contatto molto diretto con lo strumento. Ricordo che quando uscivano in radio nuovi brani dei Beatles, dato che non avevo un registratore per riascoltare le canzoni, le rifacevo al pianoforte improvvisando”.

900presente stagione XXIV, evento conclusivo. Riportiamo parole di Heiner Goebbels così come raccolte da Francesco Bossaglia nell’intervista per Csi Magazine, organo ufficiale del Conservatorio della Svizzera italiana. Del compositore e regista tedesco, per il gran finale di stagione, Bossaglia – direttore dell’Ensemble 900 – ha scelto ‘Songs of Wars I Have Seen’, quello che viene definito ‘concerto scenico’, martedì 18 aprile alle 20.30 nella Sala Teatro del Lac per la regia di Fabrizio Rosso. Un ‘ibrido’, quello di Goebbels, di cui parliamo con Bossaglia e col produttore musicale di 900presente, Andrea Mascetti.

Antico e moderno

‘Songs of Wars I Have Seen’ nasce nel 2007 dalla commissione ricevuta dal Southbank Centre per le due (nettamente distinte) orchestre londinesi London Sinfonietta e Orchestra of the Age of Enlightenment, la prima specializzata nel repertorio moderno, la seconda in quello antico. Goebbels prende spunto dal libro di memorie ‘Wars I Have Seen’ della scrittrice statunitense Gertrude Stein, una cronaca non cruenta della Francia occupata, un racconto di piccole cose quotidiane affidato alla forma canzone, immerso in sonorità jazzistiche, ritmiche rock e campionamenti, con inserti di brani tratti dalle musiche di scena scritte da Matthew Locke nel 1667 per La Tempesta di Shakespeare. Perché anche di Shakespeare si parla nel libro di Stein, laddove il ricordo della scrittrice si sofferma sulle letture di quei giorni. Un ponte letterario che in Goebbels si fa musicale.

Sul palcoscenico del Lac, così come vuole l’autore dalla musica sino ai minimi particolari scenografici contenuti in una partitura che tende al copione cinematografico (è Bossaglia a fornircene testimonianza visiva), le musiciste donne dell’Ensemble 900 prenderanno posto in quello che a tutti gli effetti è un salotto, leggendo – ognuna nella propria lingua – le parole di Stein. E il plurilinguismo, in questo specifico lavoro di Goebbels, è una prima assoluta, che ci conferma Bossaglia: «È stata una mia proposta di quando ci siamo parlati un anno fa: visto che le mie studentesse arrivano un po’ da tutto il mondo, perché non farle parlare nella loro lingua d’origine, mantenendo l’inglese per i momenti che più c’interessano ritmicamente, così come l’inglese, ritmicamente, impone».

Per questa versione pensata appositamente per il Lac, dunque, oltre all’italiano e all’inglese, la dettagliata quotidianità di Gertrude Stein sarà anche portoghese, finlandese, giapponese, slovena, estone, russa e spagnola.

Opposizioni

C’è chi ha definito ‘Songs of Wars I Have Seen’ una sorta di ‘anti-opera’. «Lui lo definisce ‘stage concert’. Non c’è movimento, ma una scena viva, creata dalla scenografia», commenta Bossaglia, portandoci alle origini dello spettacolo in questione ma anche a quelle del suo autore: «Goebbels viene da studi sociologici, non studia la musica da subito, pur venendo da una famiglia di musicisti. Segue con attenzione la scena del prog e del rock, ma la formazione musicale comincia in lui molto tardi. ‘Songs of Wars I Have Seen’ è una conseguenza di questa formazione non immediatamente musicale, del suo applicare in primis la musica alle altre arti, al teatro in particolare. Il suo primo lavoro è proprio come direttore musicale in un teatro di prosa a Francoforte». Prima di lavorare con tutti i grandi del teatro tedesco.

In un certo senso, è in opposizione anche il ‘contenuto bellico’ del racconto, abituati come siamo all’orrore che porta con sé ogni conflitto: «Non è un resoconto di trincea – continua Bossaglia – ma l’insieme dei racconti di vita quotidiana, dallo zucchero che manca e viene sostituito col miele, alle radio che si ascoltavano insieme di sera, alla signora incontrata per strada con il cane». E per il tono di questi racconti, Goebbels ha preteso «un’esposizione intensa ma non attoriale, il racconto di persone ‘normali’».

Andrea Mascetti aggiunge: «Goebbels sostiene che se a leggere un testo come questo fossero attori professionisti, rischierebbero di farlo proprio, ecco perché lui tiene a una lettura oggettiva dalla quale possano scaturire senza filtri le parole di Stein».

Donne

Persone ‘normali’. Come le musiciste del Csi. Di nuovo Bossaglia: «Quale responsabile dei progetti orchestrali del Conservatorio, a settembre di ogni anno organizzo un’audizione per capire il livello degli allievi. Quest’anno ho fatto registrare a tutte le ragazze un breve testo tratto dall’inizio dell’opera; poi ho messo a fuoco le persone che avrebbero potuto eseguire strumentalmente il progetto, ho inviato a Goebbels tutti gli audio delle ragazze e abbiamo discusso; una volta decise le musiciste, ho fatto un gioco d’incastro con la partitura, decidendo chi, in quel momento dell’esecuzione, potesse recitare; poi mi sono riconfrontato con l’autore, che ricordava le voci di tutte, e ne ha chieste alcune in particolare». Nulla da eccepire sulle lingue differenti, come detto. Semmai sull’età: «Goebbels s’immagina il suo lavoro raccontato da donne mature, quale Stein era durante la guerra, e qui invece a ricordare sono ragazze giovani». L’autore valuterà il risultato di persona, dal 16 al 18 aprile a Lugano, come spesso fa con le proprie opere affidate ad altri esecutori.

Ancora Mascetti: «Questa soluzione linguistica conferisce un carattere ancor più universale all’opera. L’aspetto politico, per quanto Goebbels se ne interessi, non è mai stato al centro del suo lavoro. Noi ci siamo chiesti quale pubblico avrebbe potuto recepire un lavoro come questo, e ci siamo detti che la guerra di Goebbels potrebbe essere qualsiasi guerra». Bossaglia: «Quest’opera, in questo particolare momento storico, è chiaramente d’attualità, ma il nostro intento era semplicemente quello di programmare un pezzo di musica importante, un’idea nata assai prima che scoppiasse la guerra in Ucraina. Mi sono concentrato su ‘Songs of Wars I Have Seen’ per la sua potenza, perché ci fa pensare alla guerra ricordandoci quanto sia bello non essere in guerra. È anche il fatto che sia multilingue a renderlo inevitabilmente attuale. C’è una ragazza russa che suona il pianoforte, e dunque avremo testi anche in russo. Ci tenevo, perché quest’opera è patrimonio di tutti».

Coda

La partitura, dicevamo. Un copione, ma anche un catalogo di arredi d’interni. «Goebbels è compositore nella linea di Wagner, Stockhausen, di quelli che si occupano di qualsiasi cosa riguardi il proprio lavoro». Insieme alle note, nel cospicuo malloppo di fogli sfilano esempi di comodini, abat-jour, la disposizione dell’orchestra sul palco, l’altezza delle pedane. «È così in tutti i suoi lavori. In un’altra sua opera, ‘Stifters Dinge’, mette in scena macchine e nemmeno un musicista, ed è tutto curato in prima persona, la musica, il light design, la regia. Per noi, ospitare Goebbels è una sfida, perché sa sempre di cosa si sta parlando».