‘La vita comincia ogni giorno’ è il nuovo spettacolo della compagnia Tiziana Arnaboldi, in scena domenica 13 novembre. Le voci di regista e artisti.
Dopo, viene voglia di guardare ogni foglia con occhi diversi. E magari di lanciare un movimento volto a eliminare tutti i soffiatori, rumorosi macchinari che hanno soppiantato i rastrelli, moderni cacciatori di foglie. Dopo, si è stupiti di come un concetto apparentemente banale, quando non abusato, porti con sé infinite possibilità. Dopo, è dopo avere lasciato il teatro San Materno di Ascona, dove sono in corso le prove del nuovo spettacolo di Tiziana Arnaboldi, e sul cui palco in penombra prendono vita le parole di Rainer Maria Rilke. La bellezza sta nelle piccole cose.
Il poeta di Praga lo scriveva oltre cent’anni or sono nelle lettere raccolte in ‘La vita comincia ogni giorno’, da cui il titolo dello spettacolo in scena domenica 17 novembre (ore 17). «La prima lettera è del 1901, ma se non avessimo la data, si potrebbe pensare che sia scritta ai nostri giorni tanto è attuale – ci dice Tiziana Arnaboldi –. In fondo i valori, per quanto ‘adattati’ a epoche e realtà, rimangono gli stessi». Ed è «semplicemente leggendole ogni giorno ancora, la mattina quando mi sveglio», che l’attore Andrea Cannarozzo – voce di Rilke – fa sue parole ultra secolari che a un giovane, oggi, possono dare «questa attenzione, questo accendere una curiosità, no?, di aprire, scavare, indagare e trasformare ed evolvere».
Sulla scena volutamente spoglia, anche un musicista e due danzatrici. Una sorta di piccola ‘orchestra’ di più arti che suonano assieme. «E insieme abbiamo fatto un processo creativo, nel quale ho voluto che ognuno mettesse il suo: la propria musica, la propria danza, il proprio testo – spiega Arnaboldi –. Tutti insieme diamo vita a un’unità completa, senza che qualcuno si senta sacrificato nella sua arte». Un’unione di arti «che trovo molto interessante», dice Gabriele Leporatti. Del pianista è la scelta delle musiche (i Preludi di Messiaen e le composizioni di Ferruccio Busoni). «I testi che parlano di viaggio interiore, esperienza, morte come passaggio e porta verso una nuova vita; così fanno le musiche. Messiaen associava ogni suono a un colore e quindi ogni preludio, che ha un colore suo, comunica dolore interno, o sogno, o pace, o caducità della vita; Busoni con le campane descrive quasi l’ineluttabilità della morte, che si trasfigura nel fine ultimo».
Morte rappresentata da una Marta Ciappina che prende in contropiede, tanta è l’energia che trasmette. «Indagando questo tema sconfinatissimo, mi sono aggrappata al principio di transitorietà, di mutevolezza, di una morte che non evoca stabilità e sedentarietà, ma al contrario attraversamento e quindi trasformazione. Un punto di partenza verso un traguardo ovviamente ignoto». Per chi è nel pieno della vita, interpretare qualcosa di tanto misterioso «è occasione per districare un nodo, dissolvere la paura e cercare di guarda la morte da un’altra angolazione, meno religiosa e più laica».
Corpo ed espressione dell’atmosfera e del sentimento dei testi, Francesca Zaccaria racconta come «non si possa che rimanere attraversati da tutto quello che è nell’ascolto. Le parole sono frecce, che vanno ad aprire dei punti: a volte di luce a volte di buio. È questo che muove il corpo». Difficile spiegare, aggiunge la danzatrice, come si possa dare movimento alle parole. «È una questione che mi porto dietro e non so se ci sia una risposta. Io mi tengo il racconto dentro ed è come se lo rileggessi, ed è come se lo stessi raccontando o ricevendo da qualcun altro. Ne consegue un movimento a volte più astratto e subito dopo più gestuale, che va a descrivere qualcosa quasi di quotidiano per rintracciare una sorta di scrittura che scivola dentro il teatro-danza-teatro-danza. È questo che a me interessa: lavorare per immagini, come se fosse la scrittura».
L’idea di questo spettacolo ha radici nei frequenti soggiorni di Rainer Maria Rilke – grande amico della danzatrice Charlotte Bara, nome d’arte di Charlotte Bachrach – al castello San Materno. Il teatro sarebbe nato due anni dopo la morte del poeta di Praga (1875-1926), «ma è un personaggio che ha vissuto questo luogo per me magico e unico, cui cerco costantemente di ridare storia – indica Tiziana Arnaboldi –. Non me l’ero mai sentita, perché Rilke è uno dei più grandi del Novecento, mi chiedevo fino a che punto io potessi davvero estrapolare dei suoi pensieri. Ho sentito fosse arrivato il momento di parlare di lui e ciò è coinciso con il libriccino ricevuto in regalo da mia figlia: ‘La vita comincia ogni giorno’. Ho trovato le lettere di un’intensità e una forza rare. Dentro c’è la vita e c’è la morte. Ma la morte per molti versi rappresenta più vita, della vita stessa. Mi ha veramente affascinato, così come mi ha affascinato il modo in cui Rilke parla del processo creativo. Le lettere stesse sono un processo creativo. Anche osservando Auguste Rodin (del quale era amico e di cui sua moglie, scultrice, è stata allieva), rimase affascinato dai continui processi creativi. Per Rilke il processo creativo consiste in tre atti: indagare, trasformare, evolvere. Insieme fanno nascere un pensiero e perciò una visione, per arrivare all’esperienza. Questo vale per ognuno di noi, che ogni giorno viviamo, spesso senza quasi accorgerci, tanti processi creativi in cui dobbiamo indagare, trasformare ed evolvere. Rilke nelle lettere ci dice: soffermatevi su questo; perché per stupirsi e per scegliere la vita inizia ogni giorno e stupore e bellezza si trovano solo nelle piccole cose. Ecco, trovo questo invito, quasi un’invocazione, assai affascinante. Prendendo parti che mi toccavano, ho cercato di creare una drammaturgia, dando così vita a una sorta di nuova lettera, senza la presunzione di avvicinarmi a quelle di Rilke. L’intento è dare vita ad alcuni suoi pensieri nei movimenti della danza, nel suono della musica, nel suono della parola e nello spazio».
Info e prenotazioni: tel. 079 646 16 14, www.teatrosanmaterno.ch.