Bill Charlap, il nuovo Frank Salis, Uros Peric che omaggia Ray Charles. Brillano i Take 6, 10 volte Grammy. Parla Nicolas Gilliet, direttore artistico
Di Bill Charlap, pianista americano che il prossimo 10 ottobre suonerà ad Ascona, Nicolas Gilliet ha tutti i dischi. «Scelgo gli artisti guidato dalla passione. Dev’essere così, se facessi esclusivamente cose ragionate non andrei avanti molto». Il direttore artistico del Jazz Cat Club ci tiene a dirlo mentre scorriamo con lui i nomi della stagione 2022-2023. Il programma da gennaio a maggio arriverà con l’anno nuovo, nel frattempo – da ottobre fino a Natale – il Teatro del Gatto si prepara ad accogliere un’altra manciata di star. A partire da Charlap, negli anni 90 in trio con Peter e Kenny Washington, insieme a Phil Woods, Gerry Mulligan, Wynton Marsalis o Tony Bennett, in coppia col quale nel 2009 vinse un Grammy Award. «È stata una decisione last minute presa insieme a un partner col quale collaboro in Svizzera interna, il Marians Jazz Room di Berna, dove ho lavorato in passato. Suona per noi in esclusiva europea».
Tra le collaborazioni del pianista americano c’è anche l’87enne Houston Person, sassofonista e produttore discografico statunitense, al Gatto il 7 novembre: «Nei miei giorni al Marians di Berna, Houston suonò lì per una settimana; una botta al sax gli spaccò un dente e lui perse quel suono morbido e sexy, tipico suo. Lo portai da un buon dentista e mi fu riconoscente». Quel suono ‘sexy’ di cui dice Gilliet valse a Person le attenzioni delle cantanti blues e soul, Etta Jones in testa; negli album del sassofonista (75 a suo nome) suona gente come Charles Brown, Ron Carter, Lou Rawls, Johnny ‘Hammond’ Smith e molti altri.
Sestetto vocale da dieci Grammy Award e altri dieci GMA Dove Award, premio dedicato al settore della musica sacra, i Take 6 saranno ad Ascona lunedì 21 novembre, per un concerto organizzato in collaborazione con Rsi Rete Due e la rassegna ‘Fra jazz e nuove musiche’. Tra i gruppi vocali più celebrati al mondo, vantano ‘frequentazioni’ ben al di fuori della sola musica sacra: Stevie Wonder, Whitney Houston, Ray Charles, Quincy Jones, per esempio. Gilliet: «L’anno scorso ci fu Monty Alexander, tredici Grammy, quella di quest’anno è un’altra opportunità cercata. Ho già lavorato con i Take 6 in passato, è un’occasione rarissima averli in una dimensione così intima, in un teatro così piccolo. Ne vado fierissimo».
Sabato 26 novembre il Jazz Cat Club si trasferisce al Teatro Sociale di Bellinzona per celebrare l’uscita di ‘High in The Sky’, secondo album dell’hammondista e compositore ticinese Frank Salis, registrato a New Orleans: «Finalmente esce questo doppio cd sul quale abbiamo lavorato per anni, bloccati dalla pandemia. Presentiamo questo lavoro pensando già al futuro: a metà ottobre torniamo a New Orleans per registrarne uno nuovo». A ‘High in the Sky’ partecipano artisti della Città del Delta come Michael Watson, Leon Kid Chocolate Brown e Ashlin Parker. Sul palco del Sociale, in novembre, insieme a una nutrita compagine di musicisti di casa nostra, con Salis suonerà anche il batterista Pedro Segundo, special guest.
A completare questa prima metà di cartellone, lunedì 12 dicembre si torna al Gatto per il tributo a Ray Charles di cui s’incarica Uros Peric, che qualcuno ha voluto definire "il miglior interprete" della musica del ‘Genius’: «Si cimenta con uno dei geni della musica, uno che ha combinato jazz con blues e r’n’b. Era forse un’era diversa, ma Ray è stato trasversale come pochi, e rimane di grandissima attualità ancora oggi. Peric gli somiglia davvero molto, anche vocalmente, è bravo a riproporne lo stile».
La proposta è ricca, il pubblico pare avere sempre una gran voglia di jazz. Con un paio di distinguo: «Quest’estate mi sono mosso in Francia, Svizzera francese e tedesca. La voglia di musica e di concerti c’è, ora mi auguro di vedere il ritorno dei festival in Ticino, quello di Estival, per esempio. Il ritorno di Blues To Bop è stata una bella notizia». Ma Gilliet tira il freno: «C’è tanto, troppo, ho l’impressione che di una figura come la mia qui non ci sia un immediato bisogno, tutti paiono capaci a chiamare il musicista e farlo suonare. Manca la progettualità, che è la caratteristica del mio lavoro. Mettere qualcuno sul palco, farlo suonare, pagarlo e poi salutarlo è cosa di cui sono capaci tutti. Ma bisogna garantire il giusto contesto, l’opportunità di crescere, non solo quella di tornare a casa coi soldi in tasca» (biglietti e tutto il resto su www.jazzcatclub.ch).
Frank Salis, ‘in trasferta’ a Bellinzona il 26 novembre