Su Netflix c’è ‘Shania Twain: Not Just a Girl’, il bel documentario di Ross Crowley sulla ‘Regina del Country Pop’
Quando un uomo imbraccia una chitarra in America c’è sempre Dylan di mezzo. E quando lo fa una donna, in un modo o nell’altro c’entra sempre Dolly Parton, soprattutto se è di musica country che si parla. Cresciuta a Timmins, nell’Ontario settentrionale, in una famiglia non esattamente da Mulino Bianco (‘da Truman Show’, continentalizzano) ma che ascoltava tanta musica, l’adolescente canadese Eilleen Regina Edwards – più tardi Eilleen Twain e poi, definitivamente, Shania Twain – ha un orecchio musicale sviluppato, s’accompagna alla chitarra e canta divinamente; Mamma Sharon ci vede lungo e la porta, 11enne, sui palchi dei bar della zona, anche in orari non proprio da 11enni. Ma nulla, in musica, motiva la piccola Eilleen più dell’ascolto di ‘Coat Of Many Colors’, manifesto della bionda e prosperosa Dolly, nata poverissima tra le Smoky Mountains del Tennessee e divenuta un faro per le singer-songwriter d’America e per le donne tutte. Ovvero: "Se lei (Dolly, ndr) è andata da dove stava a dove sta adesso – ricorda Shania riportando parole di Eilleen – ho pensato che avrei potuto farlo anche io".
‘Shania Twain: Not Just a Girl’ è tra le cose belle di Netflix. Ross Crowley, già sceneggiatore di ‘John & Yoko – Above Us Only Sky’ (2018), piazza una telecamera davanti all’artista, seduta in posizione yoga su comodi puf di quella che si presume sia la sua casa di Corseaux (Canton Vaud, con vista sul Lago di Ginevra); tutt’intorno scorrono estratti da Vhs di famiglia, immagini d’archivio delle tv locali e quanto di bello è accaduto alla 56enne star dalle bettole dell’Ontario fino agli stadi in giro per il mondo, dopo aver frantumato tutti i record di vendite nel country con l’album ‘The Woman In Me’ (1995, un Grammy) e dopo l’uscita di ‘Come On Over’ (1997), per molto tempo il disco più costoso della storia, ancora oggi l’album di un’artista donna più venduto al mondo.
‘Not Just a Girl’ è un modo per dire che a partire dal nome d’arte, Shania Twain della propria vita ha scelto tutto: diventare un’artista; diventare famosa; dire la sua sull’immagine; dire la sua sui videoclip (litigando con John Derek, marito di Bo); pretendere di andare oltre il country, rinunciando al tour milionario di ‘The Woman In Me’ per puntare al ‘pure pop’; scegliersi il manager (Jon Landau, quello di Springsteen); ma soprattutto, scriversi le canzoni. ‘Not Just A Girl’, a 12 anni dal divorzio, serve anche a ricordare che Shania Twain non è un prodotto di John ‘Mutt’ Lange, ex-marito e Re Mida del rock, dietro il successo di ‘Highway To Hell’ e ‘Black In Black’ degli AC/DC, e dietro alcune delle cose più redditizie di Def Leppard e Bryan Adams. Fino a ‘Up!’ (2002, terzo disco di diamante consecutivo, almeno 10 milioni di copie vendute cadauno), i brani di Shania – inclusa ‘You’re Still The One’, ballad dalla lenta cadenza, capace di reggere tutte le aspettative seguite al successo di ‘The Woman In Me’ – portano la firma di entrambi.
Sempre in ‘Come On Over’ (12 singoli su complessive 16 tracce), brillano per valore ‘socio-culturale’ (ma va bene pure ‘femminista’) ‘That Don’t Impress Me Much’, nella quale una donna sicura di sé non si fa abbindolare dal primo bellimbusto di turno ("Ah, e così saresti Brad Pitt? Non è che la cosa m’impressioni più di tanto") e ‘Man, I Feel Like a Woman’, dove non è più un lui a farla sentire donna, tema ricorrente in tanta musica, ma è lei stessa felice di sentirsi tale. Inni a parte, e milioni di copie a parte, tanto di cappello (non necessariamente country) a chi il morbo di Lyme ha cambiato la voce e non molla di un centimetro.