Alla vigilia del concerto di mercoledì 13 aprile alle 21.30 a Lugano, il rapporto con lo strumento, la ‘fulminazione’ e un ricordo di Taylor Hawkins.
Poco più di quarant’anni e già le definizioni sono quelle che si riservano alle leggende viventi, generalmente attempate. Per padronanza tecnica e sperimentazione, Kaki King è un punto di riferimento della chitarra il cui tour tocca lo Studio Foce di Lugano mercoledì 13 aprile alle 21.30 (www.biglietteria.ch). King ha nove album alle spalle, da ‘Everybody Loves You’ del 2003 a ‘Modern Yesterdays’ del 2020, con alcune delle canzoni parte di uno spettacolo teatrale – ‘Data Not Found’ – che esplora temi di connessione, alienazione e rinascita, resi ancor più significativi dalla pandemia che ne ha spostato il lancio. Del 2015 è il progetto ‘The Neck Is A Bridge To The Body’, performance multimediale con la chitarra adattata a schermo, tratto distintivo anche del concerto luganese.
Per l’elasticità del suo immergersi indistintamente nel post-rock, nella musica sperimentale, in jazz, folk e shoegaze, tra le collaborazioni di Kaki King spiccano i nomi di David Byrne, Marianne Faithfull e Mike Gordon, ma anche quelle con le orchestre (Detroit Symphony Orchestra, String Quartet Ether) e la nomination al Golden Globe per la colonna sonora di ‘Into The Wild’, alla quale lavorò insieme a Eddie Vedder e Michael Brook. Era il 2007, anno d’oro che la vide sul palco con i Foo Fighters e, non di meno, nell’album ‘Echoes, Silence, Patience & Grace’. È anche di loro che Kaki King parla nell’intervista concessaci in avvicinamento al concerto del Foce.
Kaki King: James Taylor scrisse ‘Me And My Guitar’; B.B. King alla sua chitarra pagava un biglietto aereo perché avesse un posto tutto per sé. E così, si dice, facesse Brian May. Che rapporto ha Kaki King con il suo strumento?
La chitarra è sempre stata una presenza nella mia vita da quando avevo quattro anni. Fondamentalmente, ha plasmato tutta la mia vita e tutta la mia crescita, non il contrario. Quindi provo per lei rispetto e quella piccola preoccupazione che non sarei nulla senza di lei.
Sei arrivata alla chitarra passando dalla batteria: ricordi l’evento scatenante?
La chitarra è sempre stato il mio primo strumento, ma la batteria era lo strumento che suonavo insieme agli altri, in gruppi, band e così via. Quindi, mentre la mia vita sociale cresceva attorno all’essere batterista, la mia mente si concentrava principalmente sulla chitarra, perché mi dava la possibilità di stare da sola con essa, e sentirmi molto al sicuro.
Hai suonato in alcuni dei più importanti musei del mondo, MoMa incluso. Com’è esibirsi in posti di quel tipo rispetto a palchi più ‘standard’?
La presentazione che faccio ora ha un elemento visivo molto dettagliato ed elementi audio molto specifici, quindi è molto importante ottenere l’impostazione corretta. Non importa se si tratta di un museo, di un teatro o di un club, è molto importante che tutti gli elementi vengano mostrati nel modo più preciso possibile, così che il pubblico possa ottenere il massimo dallo spettacolo.
Dave Grohl ha dichiarato: "Ci sono alcuni chitarristi bravi e altri terribilmente bravi. E poi c’è Kaki King". Puoi dirci qualcosa di quando apristi i concerti dei Foo Fighters?
È una cosa davvero notevole per un chitarrista solista trovarsi sul palco con la più grande rock band del mondo. Penso che i Foo Fighters siano sempre stati generosi e aperti a tutti i tipi di musica, che hanno apprezzato e supportato. È stata un’esperienza unica nella mia vita suonare in un’arena davanti a migliaia di persone, con un’altra persona sul palco con me come Dave Grohl.
Hai un ricordo di Taylor Hawkins che ti andrebbe di condividere?
Volentieri. Taylor Hawkins mi ha insegnato un riscaldamento di batteria, da qualche parte nel backstage in Australia, una cosa che implica suonare gli accenti, contare da uno a dieci e da dieci a uno, un ottimo modo per preparare le mani a suonare la batteria o qualsiasi altra cosa. Quindi ricordo di aver fatto questo esercizio con lui in tour, anche se non suonavo la batteria in quell’occasione. Oggi uso ancora lo stesso riscaldamento che lui mi ha insegnato, ogni volta che devo suonarla. E ogni volta che lo faccio, penso a Taylor e alla dolcezza della sua persona.
Per concludere: due parole sul concerto di Lugano?
Attualmente porto dal vivo una versione della mia chitarra con proiezione mappata, un po’ meno teatrale e un po’ più improvvisata. Porto anche la mia batteria speciale che può parlare, cantare e controllare altri elementi visivi sul palco. Per questo motivo, a Lugano come ogni sera, userò il riscaldamento di Taylor Hawkins.