Un testo negativo che gira in testa e un desiderio 'sacro' portatore di un testo in latino: la commistione è fatta. E pure l'intervista.
Questa è la storia dell’incontro tra il sacro e un rispettabilissimo profano, quella musica classificabile nella categoria ‘pop’, termine fatto a brandelli per il suo contenere, oggi, tutto e il contrario di tutto. Pop che sopravvive nelle sue forme di sintesi di più arti musicali, anche complesse, rese sì commestibili ma non meno belle. Tutto il preambolo per dire che Marco Santilli – usiamo termini da Masterchef – ha cucinato una sua versione dell ‘Ave Maria’ in latino su letto di ballad pop con piano, voce e una sfumata di archi sintetici. E il piatto, sin dalla prima riga, è riuscito. «La melodia frullava nella mia testa da circa un anno, senza un testo. Un giorno, mentre nuotavo, le parole si sono fatte strada, molto negative, personali», spiega Santilli. Quel testo, probabilmente, si sarebbe impossessato della melodia se non fosse accaduto quello che nelle note accompagnatorie del brano è definito “un fatto strano”. Ben venga l’idea costante del musicista di comporre un giorno una messa, «penso sempre sia un ottimo modo per guadagnarmi il paradiso, per questa mia fede che ogni tanto vacilla», spiega autoironico.
Autoironia a parte: «Nel chiedermi di quanti movimenti fosse generalmente composta la messa dei compositori classici, capito per caso sul testo dell’Ave Maria in latino e vi trovo una corrispondenza, salvo l’aggiunta di qualche melismo, tra il testo sacro e la mia linea melodica. L’ho vista come una folgorazione, o un segno dall’alto, la si veda come si vuole». Il destino, o altro, vuole che testo sacro si sia portato via la negatività iniziale, «dandomi serenità in questo periodo buio». Al contrario di quanto accade di norma al Santilli che compone, abituato a cominciare dalla musica, «questa volta è stato il testo a venire a cercare me, a differenza dal procedere delle altre esperienze. Dopo le incognite date dal decidere di unire il latino con questa melodia, ho pensato che potessero coesistere. A mio parere è anche una questione d’abitudine».
Il background classico e il piede (inteso come clarinetto) ben piantato nel jazz non impediscono a Santilli di spendersi in una ballad pop con tutti i sacri crismi: «Non me lo impediscono e mi piace, eccome. La formazione classica è durata tanti anni e non la propongo più dal vivo, bastano già il mio essere strumentista jazz e il canto, due mondi che in era di classificazioni imposte crea difficoltà, ma io sono esattamente queste due cose». E comunque, «c’è del buono in pressoché ogni stile». E dunque, nessuna remora: «Per nulla. C’è questa tendenza a dire “Se fai una cosa non puoi fare l’altra”. Ho un amico pianista jazz e violinista classico cui hanno detto “Ora devi deciderti”. Perché mai, dico io. Posso fare entrambe le cose». Ma se proprio si volesse il Santilli jazz, allora c’è quello con Ivan Tribolla il 13 aprile alla Rsi in streaming per ‘Musica viva’, con una ‘Ave Maria’ in salsa ‘CheRoba’, duo acustico.
Il Santilli pop è uno che, comunque, fa i suoi distinguo. Visto che il tema è caldo: «Sanremo porta con sé molte chiacchiere. Fossero le canzoni una in fila all'altra, allora sì. Non ho detto che non lo guarderò, perché qualcosa mi toccherà ascoltare di riflesso, andando a trovare mia madre. Ma negli ultimi anni ho fatto un po’ fatica. Mi è mancata la melodia, e la lingua italiana si presterebbe al suo massimo utilizzo. A volte m’interrogo su alcune composizioni immortali degli anni ’70, mi chiedo quanto di ciò che a Sanremo passa oggi poi resta nel tempo. E – da arrangiatore – sfrutterei l’orchestra di più. E mi chiedo anche in quale modo potrà svolgersi quest’anno». E in verità, ce lo stiamo chiedendo pure noi. Sempre restando al pop, la siffatta preghiera di Santilli bene starebbe anche in formato liric-pop, commistione tra lirica e leggera che esiste un po’ da sempre, ancor più da Mario Del Monaco ad Andrea Bocelli: «Specialmente per questo brano, in base alle tonalità mi piacerebbe pubblicare sul mio sito le note. Come fece Stanislao Gastaldon, autore di una di quelle romanze di fine Ottocento che tutti cantano, ‘Vorrei baciar i tuoi capelli neri…’ – ‘Musica proibita’, ndr – che pubblicò le note per soprano e pianoforte, per tenore e chitarra e altre molteplici combinazioni. Senza esagerare, mi piacerebbe fosse applicabile a più soluzioni. E, perché no, anche a voci liriche».
Abbiamo incontrato Santilli nel pomeriggio dell'ulteriore stop ai teatri. Vogliamo davvero tornare sull'argomento? «Che dire, se non che come musicista indipendente sono da sempre abituato a trovare soluzioni, a inventare, a reinventarmi adattandomi ai cambiamenti, flessibile e con le antenne ‘attente’. Come l’anno scorso, continuo più che altro a seminare». Detto del 13 aprile, in maggio, nei Powerplay Studios di Maur (ZH), Santilli terminerà il seguito pop di ‘Tempi passati’, album d'esordio datato 2017. Salvo imprevisti, sull'altro fronte, inciderà il concept ‘Sujazzstiva’ (il secondo dopo ‘La Stüa’, anno 2017 anch'esso) con il suo nonetto, una coproduzione con Srf2 attesa un anno fa e rimandata per ovvie questioni pandemiche. Come si evince dalla foto principale – “Cerco di rimanere a galla, si capisce?”, scrive Marco nell'inviarla – Santilli è uno sportivo: «In attesa di tornare a suonare, cerco di mantenermi in forma sui clarinetti e con la voce, in quanto come musicisti professionisti si è pure sportivi di élite» (chapeau).
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