‘It’s Not About Being Good’ è il nuovo EP, un ritorno alle origini premiato da Spotify: 'Break The Rules' tra i 60 singoli della playlist 'All New Rock'
Mettiamo subito le cose in chiaro: a noi i Sinplus piacciono brutti, sporchi e cattivi. Brutti non li avremo mai, in quanto geneticamente di bella presenza; sporchi sì perché il suono dell’EP ‘It’s Not About Being Good’ è meno elegantone del solito (si può dire anche rock, rende l’idea). E cattivi perché il titolo specifica che non si tratta di essere buoni. «Si tratta di essere veri». Ivan e Gabriele Broggini, che come Sinplus tanto hanno già fatto ma ancora c’è tutta una carriera davanti, hanno deciso di tornare al suono degli inizi, a chi li ha ispirati. Citano Joy Division, U2 e The Cure, e poi Hendrix, Jack White e The Killers, per quello che è «effettivamente un percorso un po’ strano», dice Gabriel (sarà anche strano, ma a noi piace).
Già lo si era capito da ‘Escape’, singolo uscito a maggio che arrivava da Nashville, con distorsione che accarezzava le orecchie e un video confezionato poco lontano dalla hometown Losone: «Lavorare con i ragazzi del Cisa è stato molto gratificante», racconta Ivan. «Spesso si va a cercare chissà dove e invece abbiamo una scuola di cinema a due passi da casa, ragazzi entusiasti con voglia di fare e di mettersi in gioco». Perché cinema e videoclip verranno tutti e due dallo stesso obiettivo, ma restano due linguaggi a sé. Gabriel: «Sì, complementari e diversi a loro modo. È sempre difficile poi capire per una canzone e per un testo quale sia il modo giusto per trasformarlo in immagini. Per ‘Escape’ abbiamo optato per la band in azione, perché l’intento era quello. Senza fuochi d’artificio, per far capire che siamo ragazzi che amano suonare».
Dice Gabriel: «Il grosso è prodotto a Golino, nella mia nuova casa ho allestito lo studio di registrazione. Abbiamo piazzato tutto lì, è stato un po’ come tornare al primo locale, senza orari. Abbiamo lavorato spesso durante la notte, per noi è un momento magico. Chitarre, voci e alcuni bassi vengono da lì. Per ‘Break The Rules’, in remoto per ovvi motivi, siamo tornati a lavorare con J.T. Daly (due nomination al Grammy nel 2018, ndr)». Perché agli amanti della natura prenderà anche il mal d’Africa, e una volta che vai in India poi non torneresti più indietro, ma se fai musica e vai a Nashville è probabile che ti venga il mal di Nashville.
Ivan: «Ci siamo stati un anno e mezzo fa. È nata lì l’idea di andare a riprendere quell’istinto iniziale. Poterlo fare oggi dopo tante esperienze varie, poter tornare indietro e lavorare d’istinto è una grande fortuna. Significa che non hai mollato, che non sei caduto in tranelli e adesso puoi lavorare senza pensare troppo. La maggior parte delle canzoni sono nate jammando con Gabri, tante idee buttate giù e poi scelte tra le cose che già dal primo momento giravano. È molto diverso da quello che si tende a fare oggi, in modo più cervellotico. C’è dentro molto divertimento». Gabriel: «Nashville la chiamano ’Music City’ non per caso. È incredibile perché ogni persona che incontri lì suona uno strumento o ha una band. E in ogni posto si suona, a qualsiasi ora del giorno e della notte. Se prima la destinazione obbligata era Los Angeles, adesso è Nashville». Alla faccia della città del country, termine oggi riduttivo per chi, a Nashville, da tempo ci vede una nuova California.
‘Break The Rules’ che apre l’EP è la sorellina/fratellino di ‘Escape’ e non ha complessi d’inferiorità, men che meno radiofonici. Usciti dalla traccia uno, si diventa via via sempre più british. Anzi, irish in ‘Van Gogh’, traccia due, dove la ritmica sa di Clayton&Muller jr. British è ‘Burning Man’, traccia tre, e ‘Give It Away’ è un futuristico Gallagher. Ivan: «È la musica che principalmente abbiamo ascoltato, anche perché in casa ne girava tanta. La nostra libreria musicale è stata questa. Ma continuiamo a scoprirne, ti rendi conto delle ramificazioni tra gruppi, ti muovi dentro un albero genealogico che è quello della musica».
«Anno assurdo il 2020», dice Ivan. Un grave lutto in famiglia, l’essere abituati a girare il mondo e ritrovarsi tra quattro mura, che non aiuta di certo. Il cambio di casa e «le relazioni che finiscono» di Gabriel, tutte cose che ai fratelli ticinesi hanno scombinato le carte in tavola. Gabriel: «La nostra fortuna è stata proprio quella di essere due fratelli che condividono la passione per la musica, e che tu stia o bene o male, la musica trova il modo per aiutarti a trovare un minimo di sollievo. Forse, in questo momento, ci ha anche aiutato a mettere un po’ più d’emozione nelle cose». Perché «il coronavirus – prosegue Ivan – si è unito a quel click scattato con ‘Escape’. Ora ancora di più ti rendi conto che il tempo passa e devi cercare di fare quello che ti fa stare bene. Come chitarrista mi sono ritrovato a suonare cose che sento mie, con meno attenzione di prima, con meno preoccupazioni tecniche, sonore. Troppo cervello…».
Il nome dell’assenza totale di seghe mentali, l’EP è uscito «senza particolari aspettative», spiega Ivan. «L’importante era liberare tutto quello che avevamo metabolizzato, senza preoccuparci se le radio avrebbero gradito oppure no. L’importante era sapere di essere sulla strada giusta, perché poi sono le canzoni che fanno il proprio corso. ‘You And I’, per esempio – anno 2017 – ce la siamo ritrovata nel Grande Fratello germanico senza nemmeno chiedere. Vai a capire com’è arrivata lì. Ci siamo detti che le canzoni, quando passano qualche emozione, la passano e non puoi forzarla, neanche se hai i P.R. migliori al giorno».
Bella cosa. Anche essere chiamati al telefono mentre si corre di venerdì mattina per sentirsi dire che ‘Break The Rules’ dei Sinplus è nella ristretta cerchia dei sessanta della playlist internazionale ‘All New Rock’ di Spotify. Un ’plus’, senza dubbio.
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