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Rossana Taddei, attraversando il ponte

Intervista alla cantautrice 'eléctrica', a Bellinzona il 25 ottobre con ‘Todos los destinos del sol’, concerto ispirato a un inedito premonitore (e vincente).

A Bellinzona il 25 ottobre, Teatro Sociale
17 ottobre 2019
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Prima di essere il titolo di un concerto, “Todos los destinos del sol” è un estratto dall’inedito ‘Cruzando el puente’, brano classificatosi secondo ai Premios Nacionales de Música indetti dal Ministero dell’educazione e cultura uruguaiano. È solo la giuria ad averla ascoltata, in forma di demo. Chi deciderà di scegliersi un posto al Teatro Sociale di Bellinzona, il prossimo 25 ottobre alle 20.45 (www.teatrosociale.ch), potrebbe ascoltarla in quella che Rossana Taddei – che insieme a Francisco Etchenique quel pezzo l’ha scritto – annuncia come «una serata di festa, di celebración attraverso la musica».

Incontriamo l’artista svizzero-uruguaiana tra i suoi variopinti arazzi, alcuni completi e alcuni in divenire. «Io, Mauro Fiero, Max Frapolli e Gustavo Etchenique abbiamo pensato a qualcosa di molto particolare per la nostra prima volta insieme in questo teatro meraviglioso, muy inspirador, uno spazio pieno di magia. Suoneremo canzoni dagli ultimi due dischi, ‘Cuerpo Electrico’ e ‘Semillas’. Muy illusionados per quello che accadrà». In una lingua a volte composita che scorre via alla maniera della world music, in linea con chi fabbrica arte e la porta nel mondo, torniamo con la cantautrice sulla forza di un album uscito nel 2018 e che le è valso, tra cinque nomination, il ‘Graffiti’ quale miglior solista femminile dell’anno, un Grammy dell’Uruguay che non è il primo. «Sono tanti anni che faccio musica, è bello vedere il mio lavoro riconosciuto, è sempre un’allegria, anche se la cosa che mi premeva di più era che avessero ascoltato il disco. Conta la musica, io sono solo un tramite attraverso il quale scorre». L’allegria è doppia: «Il mondo della musica è sempre stato un mondo di uomini. Mi conforta il fatto che da un po’ di tempo il riconoscimento arriva anche a noi donne. Il premio è importante anche sotto questo aspetto».

Da Pregassona a Montevideo

In uno dei suoi sedici album, ‘Tra cielo e terra’, Taddei ha cantato anche gli autori ticinesi; non prima di avere scritto il proprio nome nell’albo d’oro di Estival Jazz, anno 2008. Dieci anni dopo, ‘Cuerpo Electrico’, svolta elettrica da spiegarsi così: «Tra il 1973 e il 1981 sono cresciuta a Pregassona, un posto silenzioso e con tanto verde. Quando sono rientrata con la mia famiglia in Uruguay, ritrovarmi a Montevideo è stato come finire a New York. Caos, rumore. Fino a che ho scoperto Fortin de Santa Rosa, un posto tranquillo nel quale ho ritrovato la natura, quella che tanto mi manca quando sono lontana dal Ticino. Da quattro anni trascorro parte del mio tempo lì, dove nascono le mie canzoni. Un giorno ho preso la chitarra elettrica, ho provato la distorsión, riscoprendo la mia prima gioventù, quando al rientro in Uruguay, dopo la dittatura, la musica si trasformò in un grande movimento di rock and roll vissuto in prima persona. In un certo modo, sto ripercorrendo il sentiero».

L’assenza presente

Entrando più in profondità su “Todos los destinos del sol”, dell’inedito ‘Cruzando el puente’ (Attraversando il ponte) l’artista parla di premonizione. «Ci sono alcune canzoni che sembrano dire quel che deve ancora accadere. Forse è l’inconscio a capire che questa tappa della vita sarebbe arrivata. La musica è luce, è questo sole che si trova dappertutto, anche in mio fratello, che per me era un sole. La musica è anche quella che ti aiuta ad attraversare il ponte». E ora che Claudio non c’è più, l’attraversamento impone di «imparare a camminare con la sua assenza presente, molto presente. Claudio è stato un maestro, un compagno di vita, un’anima gemella. La ferita è ancora aperta e bisogna andare avanti. Ma la musica è la salvezza, io ripongo lì la mia energia, perché è il dono più grande che ho avuto. C’è sempre luce nella musica».

Virtù dal caos

Il ‘Cuerpo Electrico’ ha un brano che a noi fa tanta luce e il cui testo è una poesia da leggersi anche senza musica. S’intitola ‘La primera canción’, è un libro dei ricordi, la sintesi di un intero percorso musicale che parte dall’emozione della prima chitarra ricevuta in dono – quella che aveva “olor a manzana”, «la prima cosa che feci, fu di sentirne l’odore, e sapeva di mela» – e passa per il viaggio transoceanico del 1981 che riportava la dodicenne Rossana in Uruguay con la famiglia. Quella canzone in cui c’è tutta una vita dà un senso a quest’arte tutt’altro che povera: «La musica è l’unico spazio in questo mondo caotico, parafrasando Gustavo Cerati, cantautore argentino: “Sacar belleza de este caos es virtud”, la bellezza che sta nell’arte è una virtù poterla trasmettere».