Spettacoli

Miracolo a Milano con Finzi Pasca

Dietro le quinte, si fa per dire, di 'Corteo', lo spettacolo del Cirque du Soleil diretto da Daniele Finzi Pasca

© Cirque du Soleil
5 ottobre 2019
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C’è sempre una punta di timore, nel guardare il dietro le quinte di uno spettacolo: paura di rompere la magia del teatro, di non restare più a bocca aperta avendo visto la macchina scenica, i tecnici al lavoro. Ma con ‘Corteo’ – spettacolo del Cirque du Soleil diretto da Daniele Finzi Pasca e fino a domenica a Milano al Forum di Assago – non c’è rischio, e non perché in realtà un vero “dietro le quinte” non c’è (il palco, circolare e sovrastato da un imponente arco, è in mezzo al palazzetto dello sport, con il pubblico su due lati). Toccare uno dei letti e vedere come sia stato trasformato in un trampolino – «ci abbiamo lavorato due anni» ha precisato Finzi Pasca –, assistere alle prove dell’orchestra mentre altri, con trapani e martelli, controllano il meccanismo di rotazione del palco, seguire Maria Bonzanigo che racconta la parte musicale dello spettacolo mentre alle sue spalle un’artista prova il suo numero sui tessuti aerei, vedere da vicino i grandi palloni che poi sorvoleranno il pubblico o la specie di tunnel che permette agli artisti di spostarsi da una parte all’altra della scena passando sotto il palco rende un po’ più vero il sogno di questo spettacolo che, dal 2005, ha superato gli 8 milioni di spettatori. In attesa di rivedere Daniele Finzi Pasca a Lugano – dall’11 al 13 ottobre ritorna al Lac il suo ‘Donka’ –, lo abbiamo incontrato a Milano, a poche ore dallo spettacolo. «Il Cirque ormai lo raggiungo una volta all’anno… forse quest’anno due» ci spiega.

È uno spettacolo che cammina sulle sue gambe.
Devo farlo. Ci sono registi che neanche tornano, ma io con questo spettacolo ho sempre avuto un’affezione particolare e sono un po’ quello che ricostituisce il giusto spirito. Ci sono artisti che son qui dall’inizio, c’è anche la voglia di sapere come vanno le cose, di vedere come cresce… sopravvivere a quasi cinquemila repliche è una prova!

‘Corteo’ adesso è nei palazzetti: rispetto allo ‘chapiteau’ del circo avete dovuto adattare lo spettacolo.
L’allestimento è leggermente diverso. Abbiamo dovuto ripensare tutto l’aspetto del montaggio scenico. Ma quando ha debuttato ci siamo detti che è quasi meglio, nei palazzetti. Perché il pubblico arriva, si trova nella solita situazione frontale e poi, tutto a un tratto, si rende conto che il pubblico è sui due lati. Non so come sarà qui a Milano, ma a Montréal sei seduto e di fronte a te hai quattromila spettatori: è strano, emozionante.

Sono passati quasi 15 anni dal debutto: cambieresti qualcosa?
No, ‘Corteo’ è questo, è giusto. Continuiamo a lavorarlo perché le cose per rimanere uguali hanno bisogno di essere cambiate. Cambiano gli artisti, alcuni passaggi acquistano nella tensione ma diminuiscono acrobaticamente, è una materia che continua a fluttuare, ad aggiustare, ma l’essenza è quella. In fondo è uno degli spettacoli più amati del Cirque du Soleil. Tre anni fa hanno fatto un’inchiesta a livello internazionale e ‘Corteo’ era tra gli spettacoli che la gente più si ricordava: aveva colpito, e continua a colpire.

Secondo te a cosa è dovuto?
Perché è caldo, perché c’è un’italianità. In Giappone è lo spettacolo del Cirque du Soleil che ha avuto più successo perché ha questo nostro modo che abbiamo di parlare, di cantare, di vedere le cose. È chiaro che non lo pensano svizzero: non hanno la più pallida idea che si possa essere italiani essendo svizzeri!

E ritroviamo i temi a te familiari.
Credo ci sia uno stile che ritorna: vita, morte, funerale. Letti ce ne sono sempre nei miei spettacoli. Cavalli: ce ne sono sempre voluti essere – qui piccolini, ma ci sono – biciclette che volano… che poi la prima volta che le ho fatte, tutti mi dicevano ‘E.T.’.

Invece?
‘Miracolo a Milano’, De Sica: è quello il riferimento mio. Mi ha sempre fatto sognare. E quando ho visto ‘E.T.’ mi sono detto: “Figurati se Spielberg non ha visto De Sica”. De Sica per me è rimasto un punto di riferimento. E anche quel tempo, quei personaggi sospesi, mai nel presente, mai nel futuro ma sempre in un passato reinventato che appartiene a questo ambiente un po’ proletario… così, neorealismo. Sono rimasto lì, a questa ingenuità che poi andava a scavare.