Questa sera 'Enzino' prenderà posto sul divano di 'Politicamente scorretto', in onda alle 20.40 su La1. Prima delle registrazioni, si è raccontato alla 'Regione'
Stringe le mani a tutti, nessuno escluso, facendo il giro dello studio fino ai margini della scenografia e dispensando selfie e sorrisi malgrado un mal di testa ben celato. Ad accoglierlo c’è Carla Norghauer, ospite aggiunto della puntata di ‘Politicamente scorretto’ che sta per essere registrata. Protagonista, Enzo Iacchetti con chitarra, sul divano di Nicolò Casolini per il quarto appuntamento del format Rsi, in onda questa sera alle 20.40 su La1. L’ironia, inutile dirlo, la fa da padrona in presenza di ‘Enzino’. Artista che, nel ripercorrere la genesi di un chiaro successo, non lesina amarezza per ruoli non comici che, almeno sino ad oggi, non sono ancora arrivati («Credo di poter essere un buon attore drammatico. Far ridere, in fondo, è molto più difficile»). Non manca la canzone bonsai, ma non prima di due affondi: quello riservato alla classe politica italiana, scaturito dal ricordo dell’aver ricevuto un voto durante l’elezione del presidente della Repubblica italiana (era il 2015), e la stilettata di pari intensità sferrata a chi mette in forse il futuro della televisione di Stato (si parla di quella svizzera), un j’accuse ai ‘crucchi’ con ‘beep’ che resterà inedito. Qua e là, ammiccamenti alla vita sentimentale e il ricordo di un amico che non c’è più, Francesco ‘Cec’ Variale, regista Rsi.
Prima di tutto questo, però, altre storie di vita arrivano da un altro divano, quello multicolore del suo camerino, dal quale l’artista si concede in esclusiva alla ‘Regione’ per un racconto all inclusive nel quale c’è posto anche per il nuovo spettacolo in arrivo a Chiasso in marzo e per un invito alla rivoluzione. Si comincia dal 1978...
Non ho brutti ricordi del mio lavoro in Svizzera. Dicevo a chi mi ha accompagnato qui in auto che in Svizzera ho fatto quattro anni di lavori forzati. Nel senso che ero forzato a fare quel lavoro, visto che con la chitarra non mi prendeva nessuno. Essendo ragioniere, avendo una famiglia e avendo già un bambino piccolo, avevo bisogno di lavorare. La Globus cercava personale. Allora si trovava posto. Per quasi 5 anni ho fatto il mio lavoro di normale ragioniere.
Sì, entrai in una delle prime radio libere a Ponte Tresa. Non facendocela più a fare tutti e due i lavori, scelsi di fare quello che mi faceva guadagnare di meno (ride, ndr). Per cui abbandonai uno stipendio strepitoso. Ai tempi avevo una moglie che capiva, che disse: “Prima o poi me l’aspettavo. Anzi, prendi la chitarra e vai a Milano. Cosa ci fai chiuso in una radio?“. Così feci un provino al Derby, e mi presero.
Non saprei. In verità, io non mi sono mai considerato un comico vero e proprio. Ero soprattutto uno che aveva delle idee. Mi sono sempre considerato un attore brillante. Tu mettimi in una situazione in cui devo stare con qualcuno, in un contesto nel quale devo parlare, vedrai che io qualcosa la faccio brillare.
Nel teatro, per esempio, sono un attore brillante, anche se a volte faccio qualcosa di più impegnato. Il vero comico, per me, rimane sempre Gigi Proietti. È lui il vero attore a 360 gradi, uno che ormai non balla più per una questione di età, ma che sapeva pure ballare, oltre che cantare. Tutti gli altri, tutti noi altri siamo solo normalissimi ‘figli di’.
Mi piaceva Alberto Lionello, quel suo umorismo fine, mai volgare. Lui era il mio idolo. E poi Raimondo Vianello, che era in grado di far ridere con un semplice doppio senso, e sempre con gentilezza. Quelli sono i miei stampi. Poi ho avuto quest’idea delle cose corte, per non disturbare. Costanzo, che ci vede avanti chilometri anche adesso che è anziano, mi prese con sé. Per lui ero la manna dal cielo. Bastava che mi guardasse, io leggevo una sciocchezza, e lui era libero di cambiare discorso. Dopo 4 settimane trovai la popolarità che cercavo da quasi trent’anni.
Mi piacciono i surreali. Ale e Franz, per esempio. Mi fanno ancora ridere Stanlio e Ollio, che sono i più surreali del mondo. Quando uno fa delle stupidate credendoci, allora fa per forza ridere. Non riesco a dirti altri nomi. Mi piacevano i Turbolenti, che mi sembravano i Gatti di Vicolo Miracoli di un tempo. Ora mi sembra che siano ognuno per conto suo. Gli altri, lo dico sinceramente, non me li ricordo. Sarà che sono talmente tanti. Ai nostri tempi c’era più selezione. E c’erano meno spazi televisivi da dedicare alla comicità.
Sì, anche se la nostra satira ormai i politici l’hanno capita. Seguono tutti l’insegnamento andreottiano. Più o meno: “Prendetemi pure per i fondelli, parlate bene, parlate male. Ma parlate di me”. Berlusconi all’inizio si alterava (eufemismo n. 1, ndr), ora non s’altera più; Gasparri idem; La Russa, gli fai un favore se gli fai l’imitazione; la Meloni si fa intervistare dal Gabibbo senza alcun problema. Praticamente, è inutile farla. L’unica cosa che puoi fare è prenderli in castagna, senza avvertirli. Allora sì che si offendono. Ma ricevere il tapiro, per loro è come ricevere un Oscar, anche se hanno appena fatto una stupidata (eufemismo, n. 2 ndr). Invece, se li becchi in un fuori onda mentre si spartiscono le poltrone, allora dai fastidio.
Sì. Ma dipende anche dal fatto che abbiamo degli inviati riconoscibili. Chi si veste di rosso, chi di giallo, l’altro col cagnolino. Le Iene, invece, riescono a penetrare più a fondo. Anche noi, comunque, qualche volta lavoriamo in incognito. Siamo ancora un buon telegiornale, più che un varietà.
Per il titolo ho preso ispirazione da una canzone di Guccini. Ci sono anche le sue canzoni, e quelle di altri, pure le mie. Sono tutte canzoni inerenti agli argomenti di attualità che racconto in teatro. La religione, il progresso multimediale, quanto ci troviamo male noi di una certa età con questi affari, l’amicizia, la vecchiaia, l’immigrazione. Non avendo eredi questi personaggi straordinari, sono andato a prendere le canzoni che nessuno conosce. Ho fatto questa ricerca e ho trovato questi pezzi attualissimi.
Sì. Avevo un bel rapporto con tutti, con Jannacci, con Gaber. Di Giorgio ero coetaneo. Abbiamo fatto la gavetta al Derby insieme, dormivamo nella stessa stanza, a volte anche in sei. Abbiamo vissuto i nostri momenti duri, i momenti della sua malattia, quelli della rinascita, quando dimostrò a tutti che sapeva fare tante cose. Quando è mancato, a me è mancato un fratello. Gli ho reso omaggio in questo spettacolo, facendo una sua canzone che trovo meravigliosa, ‘Identikit’, un brano che lui non ha fatto in tempo a registrare. Ho chiesto a sua moglie il permesso di arrangiarla. Sembra un po’ il suo testamento. Ha dentro le sensazioni di quando ti senti vecchio, ma dentro di te vive ancora un ragazzino di 17 anni.
… so tutto! Se volete, io mi lego all’ambasciata della Svizzera tedesca. La tv della Svizzera ticinese è una vera televisione libera di Stato. Io sono nato in questa televisione. Di fatto perché abitavo dopo il confine. Ho fatto i miei primi spettacoli in questa televisione, e anche quando sono diventato famoso non ho mai smesso di fare spettacoli qua. Qui si produce ancora e si può dire ancora la propria verità. Questa è una tv pubblica, e quando si chiude una tv pubblica, che vada bene o vada male, c’è sentore di dittatura. E che questo accada proprio qui, nella terra dei nostri anarchici, è ancora più assurdo...
Il Ticino deve andare a votare. In massa però. Io sono sicuro che questo popolo vuole la sua televisione. Se un popolo vuole la sua televisione, che scenda in piazza, che faccia manifestazioni, che si faccia sentire, che vada a Zurigo, in auto, o in treno!
Sai di chi è la colpa? Della televisione. Perché ci costringe a stare in casa, ad alterarci (eufemismo n. 3, ndr) in casa, a discutere in casa. Poi si va fuori, capiamo che riusciamo ancora a pagarci una cenetta e ci passiamo sopra. Comunque non si può rinunciare a una televisione così, sarebbe un gesto antisociale. Sarebbe una dittatura. Qui si vuole chiudere una tv libera, produttiva. Non come la Rai, che ormai appalta tutto. O come Mediaset, che non investe più. Archivio, solo archivio...
Sì. L’unica cosa che mi rammarica è che Ezio Greggio ne prese due.
No, mai. Comunque, non sono adatto a fare politica. E mi dispiace per i comici che ci provano. Mi dispiace anche per Grillo, massacrato e stravolto, nonostante la sua voglia di ribaltare tutto. Forse ci era più utile come… zanzara. È un mio amico, ma lo vedo affranto da questa politica che l’ha schiacciato, da subito. Anche se rimane l’unico voto di protesta. Dunque o non voti, o voti i grillini. Ma finché i Cinque Stelle non dimostreranno la volontà di interloquire, per loro sarà difficile.
Qualsiasi cosa succeda da noi, il papocchio c’è sempre. L’importante è la cadrega. Quando poi litighiamo, prendiamo altre tre cadreghe, e se è il caso allunghiamo il tavolo.
Sì, per assurdo. Ma era più chiara la Democrazia Cristiana, quando esisteva. Oggi la Dc si nasconde dietro la faccia di Renzi.
Non sono mai stato nemmeno illuso da Renzi. Appena l’ho visto ho capito che era un bel chiacchierone. Però vediamo. Molta gente gli vuole bene. Anche quelli di destra…