Ad Agnès Naudin è stato interdetto di prestare servizio per i prossimi tre anni perché ha pubblicato un libro in cui ha evocato indagini ancora aperte
Una poliziotta è stata condannata in Francia a sei mesi di carcere e a tre anni di divieto di esercitare la professione di agente di polizia per aver violato il segreto professionale pubblicando, nel 2018, un libro che evoca indagini in corso.
Nel suo libro ‘Affari di famiglia’, Agnès Naudin rievoca tre indagini, tra cui uno stupro incestuoso, all'epoca non ancora giudicato. Nell'episodio, l'allora capitana di polizia nella regione di Parigi descrive l'adolescente come una "puttana" che "mentiva".
Il suo libro fa anche riferimento a un'indagine su un bambino scosso. "Si fornisce l'identità del padre, l'età della bambinaia, il suo stato civile... Ripetete alla virgola le dichiarazioni di un'udienza", aveva osservato il presidente del tribunale. E quando la Corte le ha chiesto perché mai avesse fornito tutti quei dettagli, la scrittrice si era giustificata affermando che “avevo molta paura di tradire la realtà, di interpretare male, volevo essere il più aderente possibile”.
Durante l'udienza del 13 marzo, la poliziotta 39enne, autrice di diversi libri, ha spiegato di aver chiesto il consenso delle persone coinvolte, cambiando i nomi e i luoghi in cui si sono svolti i fatti. "Non mi sarei mai permessa" altrimenti, ha detto la donna, che è stata anche portavoce del sindacato degli interni Fsu. La sua gerarchia era stata informata della pubblicazione di questo libro, ha dal canto suo sostenuto l'avvocato difensore.
Solo che la violazione del segreto professionale non dipende dalla "natura dell'informazione" rivelata, ma dalla "funzione esercitata dalla persona che la riceve", aveva ricordato l'ufficio del procuratore, rammentando anche che qualsiasi elemento affidato a un agente di polizia è soggetto al segreto. L'accusa ha chiesto come pena l'interdizione a vita per l'agente di polizia e una detenzione di tre mesi con la condizionale. "La signora Naudin non sembra aver compreso l'importanza del segreto professionale (...). Se la signora viene rimessa in servizio, può ancora scrivere sui casi in corso", ha sostenuto il procuratore.
Il presidente della Corte ha poi aggiunto: “Essere un agente di polizia è più di un lavoro, è uno stato. A meno che non sia stata lobotomizzata, come ha potuto dimenticare il suo status quando il suo libro è stato pubblicato?”. Dal canto suo, Agnès Naudin non ha voluto rilasciare dichiarazioni dopo la sentenza.