L’intento di Io l’8 è ‘provocare una reazione e far sì che la società si interroghi sull’opportunità di portare un musicista come il rapper in città’
Sono indignate e contrariate. Anzi, di più: sono arrabbiate le militanti del collettivo femminista Io l’8 ogni giorno. Indignazione e rabbia sono le reazioni al concerto che Fabri Fibra (al secolo Fabrizio Tarducci) terrà il prossimo 6 luglio in piazza Luini a Lugano, quella antistante il Lac. L’evento in programma – con il sostegno della Città di Lugano e alcuni media locali, in collaborazione con il LongLake Festival e MyNina Spettacoli – ha provocato il biasimo delle femministe che, dopo una lunga discussione al loro interno, hanno deciso di inviare a organizzatori e promotori una lettera aperta (cfr. laRegione, 13 giugno 2022, pagina 11). Fra le altre cose, Io l’8 chiede l’annullamento dell’esibizione del controverso rapper marchigiano: "Un personaggio che da 20 anni costruisce la propria fama e profittabilità commerciale inneggiando pubblicamente all’odio e alla violenza contro le donne e le persone Lgbt", ha scritto il collettivo, che alle 18 di oggi scenderà in piazza Governo per ribadire la necessità di strumenti validi ed efficaci per contrastare le varie forme di violenza sulle donne.
Seppur coscienti del fatto che parlare del musicista implichi dargli risalto, le militanti hanno ritenuto doveroso e urgente prendere posizione in merito alla sua presenza a Lugano. A loro modo di vedere la scelta di farlo esibire in piazza Luini avrebbe quale rischio la legittimazione del messaggio veicolato dalla sua musica che ha quali meri scopi il successo e la commercializzazione. «In più occasioni lo stesso Fabri Fibra ha esplicitamente dichiarato che nei suoi testi non c’è alcun intento critico, culturale o artistico», ribadiscono Elena Nuzzo e Angelica Lepori, militanti di Io l’8 interpellate da laRegione.
L’intento del collettivo, lo scriviamo subito, «è provocare una reazione e far sì che la società si interroghi sull’opportunità di portare un musicista come Fabri Fibra in centro città, promuovendone di fatto il lavoro senza tematizzarne criticamente i contenuti».
«Un evento del genere viola gli impegni presi dalla Confederazione (e dal Canton Ticino) nella promozione di incontri volti all’inclusione e all’eliminazione di pregiudizi e discriminazioni, sostenendo una cultura libera dagli stereotipi di genere; intervenendo anche sugli aspetti culturali che concepiscono e diffondono un’immagine femminile oggettificata, inferiore», spiega Elena Nuzzo, facendo riferimento agli articoli della Convenzione di Istanbul (ratificata dalla Svizzera nel 2017) che insiste sugli aspetti (soprattutto culturali) già presenti nella Cedaw (Convenzione per l’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne, in vigore dal 1997).
L’esibizione del 6 luglio, secondo il collettivo, è dunque in aperto contrasto con i propositi contenuti nelle due convenzioni, portando nello spazio pubblico chi canta "se non me la dai te la strappo come Pacciani" (che non è esattamente come citare Gargamella, ndr), "Giro in casa con in mano questo uncino/ti ci strappo le ovaie e che cazzo me le cucino!", "Puttana vieni fuori che ti stupro" e ci fermiamo qui. «Dandogli spazio, le nostre istituzioni legittimano questa concezione senza problematizzarla, contestualizzarla all’interno di un percorso di riflessione», argomenta Nuzzo, che in questa occasione si è occupata di andare a cercare e approfondire il lavoro del rapper, leggendo e documentando sia i testi delle sue canzoni, sia gli articoli comparsi sulla stampa. Dalla ricerca svolta, illustra la militante, emerge «un’immagine della donna quale oggetto sessuale, nei cui confronti è permesso, legittimo, tollerato e normale arrivare allo stupro, al femminicidio e alle più estreme forme di violenza. Testi insomma intrisi sistematicamente di sessismo, misoginia, omofobia. A colpire soprattutto è la banalizzazione della violenza – sostiene –, inneggiata a tal punto da incitarla. Davvero le istituzioni vogliono dargli spazio?».
«La nostra reazione non è solo utile, ma anche doverosa. Nella nostra società la banalizzazione e lo sdoganamento di messaggi d’odio sono una tendenza, in questo caso non è "solo" sessismo ma è anche incitazione alla violenza e divulgazione di immagini di sessualità violenta basata sul possesso. Non è possibile accettare questo genere di contenuti e farli passare come provocazioni o scherzi, soprattutto pensando agli influssi che possono avere sulle giovani generazioni. Tanto più che Fabri Fibra non si è mai scusato, non ha mai riflettuto criticamente sui contenuti delle sue canzoni», ribadisce Angelica Lepori circa la pertinenza dell’azione del collettivo. «Un secondo elemento che ci ha fatto drizzare le orecchie e che ci ha spinto alla richiesta pubblica di annullamento è il fatto che chi ospita il concerto è il Lac, un ente sovvenzionato anche con soldi pubblici». Qualora fosse il caso, «la decisione di annullamento andrà naturalmente spiegata e tematizzata. Per Città, enti e organizzatori questa potrebbe essere l’occasione per prendere posizione su un tema urgente dicendo concretamente no alla violenza sulle donne, al di là dei proclami. Inoltre può essere un’opportunità per aprire un dibattito serio sul tipo di cultura e attività ricreative che Comune e Cantone vogliono promuovere», conclude Lepori.
Già conosciuto per le sue canzoni problematiche, non è di certo la prima volta che Fabrizio Tarducci viene criticato per i suoi testi: nel 2013 è stato per esempio escluso dal palco del Concerto del Primo Maggio a Roma. Allora, Fibra è stato accusato dall’associazione Dire – Donne in rete contro la violenza – di scrivere canzoni omofobe e misogine, facendo riferimento in particolare a "Su le mani". In quel frangente, il rapper si è difeso dalle critiche spiegando che le "immagini non vanno interpretate in modo letterale se utilizzate all’interno di un testo hip hop". Ciononostante gli organizzatori del concerto hanno deciso di revocargli l’invito. Nel 2016, il Tribunale di Milano ha condannato il rapper per diffamazione a una multa di ventimila euro come risarcimento al cantante Valerio Scanu, che lo aveva querelato per alcune frasi sessualmente esplicite e a sfondo omofobico a lui riferite nel brano "A me di te". In Italia, quella è stata la prima sentenza per diffamazione contro un cantante rap.
In quell’occasione, gli avvocati di Fibra avevano sostenuto la difesa appellandosi alla sua cifra stilistica, alla specificità del genere rap come espressione di rabbia attraverso un linguaggio esplicito e immagini forti. «Non ci si può nascondere dietro alla peculiarità del genere musicale. Si può essere crudi e schietti senza legittimare l’uso della violenza contro le donne», sostiene Nuzzo. «Il 6 luglio è all’indomani della Conferenza sull’Ucraina a Lugano (4 e 5 luglio, ndr). In questo contesto, allora, proviamo a modificare i testi laddove Fibra usa termini offensivi contro le donne e mettiamoci per esempio Ucraina. Saremmo ugualmente disposti ad accettare i suoi brani, a tollerarli?», chiosa la femminista.