A denunciarlo è Charlotte Lewis dopo che il regista, su Paris Match, aveva confutato la credibilità dell’attrice in merito alle accuse di stupro mossegli
Il regista franco-polacco Roman Polanski, da anni accusato da diverse donne di violenze sessuali, è indagato dallo scorso luglio per diffamazione in Francia dopo la denuncia dell’ex attrice Charlotte Lewis. È quanto riferisce la tv Bfm. Lewis accusa Polanski di averla violentata negli anni Ottanta. Il 12 dicembre 2019, nel pieno della polemica sulla cerimonia dei César, gli Oscar del cinema francese, con Polanski fra i premiati, il regista aveva concesso un’intervista a Paris Match uscita col titolo “Io non sono un mostro”. Nell’intervista, tornava sulle tante accuse di stupro e violenze nei suoi confronti, prendendosela in particolare con Charlotte Lewis.
Nel 1983, giovane modella, la ragazza si era recata a Parigi per incontrare Polanski con la speranza di ottenere un ruolo in un film del già celebre regista; il giorno del loro incontro, Polanski – secondo la donna – l’ha violentata nella sua casa di Parigi. Lewis denunciò i fatti nel 2010. “Vedete – commentò Polanski nell’intervista –, la prima qualità di un buon bugiardo è un’eccellente memoria. Si parla sempre di Charlotte Lewis nella lista delle mie accusatrici senza mai rilevare le sue contraddizioni”. Il regista cita in particolare interviste degli anni Ottanta in cui l’attrice affermava di “dover tutto a Polanski, a Dio e a mia madre che mi ha messo al mondo”. In un’altra intervista avrebbe parlato di “una storia d’amicizia” fra loro due e nel 1999 affermò di voler essere “l’amante di Polanski”. Oggi, Lewis afferma che le sue parole furono travisate e lamenta una campagna di denigrazione da parte di Polanski. Ne è scaturita una denuncia per diffamazione che ha già portato, nell’aprile scorso, all’apertura di un’inchiesta sulla presidente del gruppo editore Lagardère, che pubblica Paris Match, Constance Benqué. Il 23 luglio, la stessa procedura è scattata per Polanski. Nell’entourage del regista si afferma che il processo potrebbe essere l’occasione giusta per il regista, che ha 88 anni, di fornire una volta per tutte la sua versione sui fatti che da anni gli vengono addebitati.