Il social network interrompe la sperimentazione, avviata in alcuni Paesi, per separare le notizie dai contenuti personali
Facebook fa marcia indietro sull’idea di creare una doppia bacheca, una con i flussi di notizie dedicata ai post degli amici e l’altra per le pagine di media, aziende e celebrities. Questa soluzione, chiamata Explore Feed e sperimentata in sei Paesi a partire dall’ottobre scorso, è infatti stata abbandonata. Lo ha annunciato Adam Mosseri, a capo del News Feed, sul blog della compagnia.
"Le persone non vogliono due flussi separati – ha scritto il manager -. Nei test le persone ci hanno detto che erano meno soddisfatte dei post che vedevano e che avere due flussi separati non le aiutava a connettersi di più con amici parenti". Mosseri ha quindi rivendicato la scelta, comunicata lo scorso gennaio dal Ceo Mark Zuckerberg, di cambiare le notizie mostrate per dare più spazio ai contenuti degli amici, a scapito di aziende e media.
Questa decisione, volta a "dare priorità alle interazioni sociali significative", sembra però aver fatto la prima vittima. Little Things, un sito che negli ultimi quattro anni ha condiviso video e notizie positive su Facebook con i suoi 12 milioni di follower, ha chiuso i battenti. Il cambio del News Feed, ha accusato l’azienda, "ha ucciso il 75% del traffico verso il sito".
Che cosa è accaduto nei Paesi che hanno subito la sperimentazione lo aveva rivelato, a gennaio, un'indagine del New York Times che ha osservato una maggiore diffusione di Fake news.
“Le persone di solito non condividono notizie noiose che contengono fatti noiosi” ha spiegato un giornalista della testata slovacca Denník N che ha perso, con la sperimentazione di Facebook, il 30 per cento degli accessi. Un caso emblematico riguarda una bufala delle più classiche: il migrante che, aiutato da un passante, per ringraziarlo lo avvisa di un imminente attentato. La bufala è circolata condivisa tra gli utenti; le smentite – compresa quella della polizia – sono rimaste confinate nella scheda degli aggiornamenti istituzionali. Ancora peggio in Cambogia e Bolivia, dove l’effetto è stato silenziare testate di opposizione e organizzazioni non governative, tanto da dare l’impressione, riporta il New York Times, che le autorità avessero messo al bando i contenuti politici da Facebook, diventato per molti abitanti di quei Paesi una, se non addirittura la, fonte di informazione indipendente. Magari tra qualche anno ci si abituerà a trovare altrove informazioni. Nel frattempo, non c’è neppure la possibilità di protestare o avere informazioni: come ha raccontato il responsabile web del quotidiano di opposizione Página Siete, tutto quello che ha ottenuto è stata una risposta automatica da parte del servizio clienti di Facebook. Che, come ogni azienda privata, ovviamente si occupa prima di tutto dei clienti paganti, ovvero di chi è disposto a spendere soldi per promuovere i propri contenuti. “Difficilmente riusciamo a trovare i soldi per pagare i nostri giornalisti, figuriamoci la diffusione su Facebook” ha commentato la responsabile di un’altra testata boliviana, Los Tiempos. Le autorità, invece, non avrebbero problemi a pagare maggiore visibilità per le proprie notizie di parte. Il rischio, ha concluso la redattrice di Los Tiempos, è di polarizzare ancora di più l’opinione pubblica riducendo la pluralità dell’informazione.