Società

Quando il disastro è naturale

Il passaggio ad Haiti dell'uragano Matthew
(Keystone)
12 ottobre 2016
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È rassicurante pensare che la natura sia non solo innocua, ma pure buona. La realtà, purtroppo, è diversa, e tra cambiamenti climatici, eventi meteo estremi e terremoti, i numeri mostrano una natura, se non ostile, quantomeno indifferente: nel 2015 il pianeta ha subìto 346 catastrofi naturali che hanno colpito oltre 98 milioni di persone, causando 22’773 morti e danni per 66,5 miliardi di dollari.

L’area del mondo messa più a dura prova è stata l’Asia; il disastro peggiore – che però centra poco con il clima e l’attività umana –, è stato il terremoto in Nepal, dove ad aprile si sono contati oltre novemila morti e perdite per più di cinque miliardi di dollari. E anche se le cifre, in questi casi, risultano ‘fredde’ aiutano a capire la situazione, come racconta il rapporto ‘Emergenze e prevenzione: prospettive di resilienza’, contenente i dati sul costo dei disastri naturali nel 2015. Lo ha messo a punto Agire (l’Agenzia italiana per la risposta alle emergenze, un network di cui fanno parte nove tra le più importanti Ong presenti in Italia), che decide di diffonderlo in occasione della Giornata internazionale per la riduzione dei disastri delle Nazioni Unite che si celebra oggi, giovedì 13 ottobre.

Poi, certo, la causa sta nella natura, ma gli effetti dipendono non poco dall’umanità (e qui c’entra pure il terremoto), perché se è vero che catastrofi e disastri naturali colpiscono un po’ tutto il Pianeta, a pagarne le conseguenze peggiori sono sempre i più poveri, soprattutto la fascia di popolazione che vive con meno di tre dollari al giorno: delle 850mila persone che hanno perso la vita, tra il 1980 e il 2014, a causa dei disastri naturali il 62% apparteneva a queste fasce più deboli della Terra. Secondo il report “le vittime sono in netto aumento rispetto al bilancio del 2014” quando i morti erano stati 6’434. A livello globale è in Asia (152) che si è verificato il maggior numero di disastri: è il continente più colpito in termini di frequenza (44%), decessi (72%) e persone (60%). Seguono l’America (93), l’Africa (56), l’Europa (23), l’Oceania (22). Per l’Europa, in particolare, viene ricordata “la violenta ondata di calore tra luglio e agosto dello scorso anno, che ha provocato 3295 morti in Francia”. Gli Stati Uniti sono “la nazione con il più grave impatto economico, 24,9 miliardi di dollari”. Anche se “il 56% dei danni riportati” sono coperti da assicurazione, cosa che accelera la ricostruzione.

Il report mette proprio in evidenza “l’importanza della prevenzione” che anche ad Haiti, dove comunque le perdite di vite umane e i danni sono stati gravissimi per l’uragano Matthew, “ha permesso di salvare centinaia di persone”. Secondo Morena Zucchelli, capo missione di Coopi ad Haiti e responsabile delle azioni di aiuto per le popolazioni colpite dall’uragano Matthew, infatti “il lungo lavoro di questi anni con la comunità si è rivelato fondamentale”. Prevenzione prioritaria, urgente e possibile in tutto il mondo, spiega Agire, compresa l’Europa dove, ad esempio non sempre si hanno programmi antisismici adeguati.