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‘Prima di sistemare il mondo sistema te stesso’

L'arte mongola di sorridere alla morte, di non lasciare impronte nel libro della felicità. Ne parliamo con la coautrice ticinese Delgermurun Damdin

(Foto DD)
5 luglio 2024
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L’arte di girare intorno ai sassi, perché prima di sistemare il mondo, sistema te stesso, il tuo corpo, la tua casa. L’arte di non lasciare impronte: quello che è fuori non entra nella ‘gher’, quello che è nella ‘gher’ non entra nella pancia. L’arte di sorridere alla morte, perché chi vive bene, muore bene in una visione della morte consapevole e priva di ogni connotazione lugubre. L’arte di osservare i pensieri, metterli a fuoco, guardandoli con distacco, come nuvole in transito, pronti a lasciarli andare. Come il rancore che ti logora come una pietra rovente che tieni in mano, senza risolvere nulla. Un distillato di saggezza mongola, dei segreti quotidiani di un popolo, che da millenni vive in armonia con ogni elemento del creato, rifuggendo il possesso, prendendo per sé solo l’essenziale. È quello che ci racconta ‘Il piccolo libro della felicità’ (edizione Piemme): nove pratiche tradizionali per superare lo stress, riconnettersi con la natura, predisporsi nel modo migliore alle difficoltà.

Ne abbiamo parlato con la coautrice, l’economista Delgermurun Damdin, che vive da anni a Lugano, ma è orgogliosa di essere pronipote e discendente diretta di Chinggis Khaan. Ma è vero che il popolo mongolo rifugge il possesso? «Era un impero molto esteso, eppure non sono stati costruiti castelli, santuari, fortificazioni. Restano immense praterie e una saggezza che guida ancora oggi soprattutto le popolazioni nomadi». Nata a Ulaanbaatar, capitale della Mongolia, Delgermurun Damdin è stata la prima studentessa mongola a ottenere la laurea alla Bocconi di Milano. La sua carriera finanziaria l’ha portata a lavorare in vari Paesi – Italia, Stati Uniti, Singapore, Svizzera – senza mai perdere il contatto con la sua terra di origine, le sue tradizioni. Sfogliando il libro mi ha incuriosito, l’arte di girare attorno ai sassi. «Quando si viaggia, c’è l’usanza di fermarsi e girare attorno all’‘ovoo’ (cumulo di sassi, ndr) per tre volte, in senso orario. È un rituale per avere un viaggio più sicuro. Spesso si aggiunge un sasso, un’offerta».


Keystone e DD

In equilibrio tra visibile e invisibile

Nipote di un monaco del Nord, da 10 anni approfondisce lo studio del buddismo. «A molti miei amici in Svizzera capita di avere un senso di vuoto, un’insoddisfazione strisciante quasi senza nome. Anche per loro ho scritto questo libro, ispirandomi a un popolo felice, nonostante la durezza del clima e la fatica del quotidiano, perché la sua serenità non viene dall’esterno, ma dalla pace interiore». Un popolo che definisce ‘leggero’, capace di fluire nel cambiamento, di errare seguendo gli astri, il ritmo delle stagioni, pervaso da una vivissima cultura mistica fra sciamanismo, buddismo e riti ancestrali, in equilibrio tra visibile e invisibile, tra antiche tradizioni e tecnologia. Qualcosa di Chinggis Khaan è arrivato a Lugano, dove Delgermurun Damdin vive con la sua famiglia. Il suo nome, ci spiega, significa laguna grande.

La comunità prima del singolo

Una terra spesso descritta come spirituale che affonda la sua filosofia nella solidarietà, nella rettitudine, con una devozione, talvolta dimenticata in Occidente, per tutti gli esseri viventi e per la natura. È un popolo che, soprattutto fuori dalle città, vive ancora in modo armonioso e sereno, malgrado il clima molto duro.

C’è una sorta di predisposizione a pensare positivo: «Fin da piccoli, si impara a godere il momento presente, a non lasciarsi abbattere dalle difficoltà che fanno parte della vita. Ti faccio un esempio: il contadino non si dispera se perde 10 animali. Anzi si ritiene fortunato, perché poteva perderne cento». Questo allenamento a non affliggersi, assumendo un punto di vista positivo, ha aiutato molto la giovane economista a fluire nel cambiamento con fiducia. «Lo vedevo fare dai miei nonni, dai miei genitori. Mia mamma mi ripeteva spesso: “quando le cose altrui vanno bene anche le tue vanno bene”». Significa che se aiuti gli altri a essere felici, lo sarai anche tu, perché crei un circolo virtuoso. «Non si ragiona come individuo, ma come comunità. Infatti le ‘gher’ (tradizionali abitazioni circolari, ndr) non sono chiuse a chiave, ma sono sempre aperte, c’è molta ospitalità verso chi ha un imprevisto. Ciascuno è consapevole di dipendere dal gruppo».


Foto DD

Il feng shui della ‘gher’

Un capitolo del libro è proprio dedicato alla ‘gher’. «È un open space, che segue le regole energetiche dell’universo, creando una naturale armonia». Quello che il mondo occidentale, continua, ha parzialmente tradotto nell’arte del feng shui, che rispetta gli equilibri sottili per rendere favorevoli gli insediamenti umani. «Tutti dormono e mangiano nello stesso spazio. Viverci dà un senso di unità». Il mondo invisibile delle energie, studiato anche dalla fisica, è molto presente nella quotidianità mongola da millenni. «Ci sono luoghi, pensieri, azioni da evitare se non si vuole scaricarsi e rischiare di ammalarsi. Crediamo ad esempio che i luoghi costantemente impregnati di dolore, ti svuotano se li frequenti spesso».

Il prezioso ‘khöörög’ da padre in figlio

Anche gli oggetti si impregnano dell’energia di chi li ha posseduti, come il ‘khöörög’, il porta tabacco da naso. Offrire il tabacco è segno di stima, porgere il ‘khöörög’ chiuso segnala la condivisione di un dolore (come un lutto), appoggiarci sopra il pollice comunica scarsa stima. «È un oggetto prezioso, che viene tramandato da generazione in generazione, una sorta di piccolo centro energetico con tutta la saggezza dei padri, dei nonni, che viene ereditato dal capo famiglia».

La palestra mentale della felicità

Essere felici è una palestra mentale quotidiana. In ogni momento decidiamo come nutrire la nostra mente: con emozioni negative o positive; guardando modelli che ci ispirano al bene o altri meno virtuosi. «Coltivando pensieri, parole e azioni negative, che danneggiano noi stessi e gli altri, perdiamo molta energia vitale», spiega. In più, ci sono eventi esterni che ci indeboliscono come lutti e malattie, in una società molto, troppo veloce, dove si accumula tanto stress e ansia. «È come guardarsi allo specchio, si attira il simile, ciò che si emana, si riceve. Se siamo in pace e diffondiamo amore incontreremo persone gentili. Se siamo rabbiosi e violenti, attireremo alla lunga questo tipo di episodi». I primi passi sono i più difficili, ma poi col cambiamento arriva più serenità.

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