Scienze

Il dodo potrebbe ‘resuscitare’: si studia la de-estinzione

Un’équipe dell’azienda americana Colossal Biosciences vorrebbe riportare in vita l’uccello delle Mauritius estinto nel ’600 con l’arrivo degli europei

(Di Jebulon - Opera propria, CC0, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=12212781)
14 febbraio 2023
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Dopo la tigre della Tasmania, il nuovo obiettivo del programma di de-estinzione dell’azienda americana Colossal Biosciences è il Dodo, il grande uccello incapace di volare che popolava l’isola Mauritius e scomparso nel 1600 con l’arrivo dei colonizzatori europei.

Per riportarlo in vita l’azienda americana investirà 225 milioni di dollari ma dovrà superare ancora molte sfide per migliorare le tecniche di editing genetico grazie a Crispr. Reso popolare da vari libri e film, dall’aspetto e dal nome buffo – che deriverebbe dal portoghese doudo per indicare sempliciotto, ossia facile da cacciare – il dodo popolava l’isola di Mauritius ma la sua popolazione calò rapidamente con l’arrivo degli europei, probabilmente per la riduzione del suo habitat e l’introduzione di specie aliene, come gatti, ratti e maiali.

Simbolo della distruzione provocata dall’uomo il dodo ora potrebbe essere riportato in vita, o più precisamente de-estinto, grazie al nuovo progetto della Colossal Biosciences, azienda fondata dal genetista George Church. La Colossal aveva già fatto parlare di sé per il programma di de-estinzione della tigre della Tasmania e del mammut peloso: l’obiettivo è arrivare a una nascita nel 2027. Ora ha avviato questo nuovo ambizioso progetto.

Per riuscire a riportare in vita l’uccello ormai estinto sarà però necessario vincere nuove e più ambiziose sfide, a differenza degli altri animali non si tratta infatti di un mammifero. Il piano dei ricercatori prevede di partire dal parente più prossimo del dodo, il piccione delle Nicobare, da cui coltivare cellule germinali primordiali specializzate (Pgc) e modificarne le sequenze genetiche – usando la tecnica Crispr – per ‘ripristinare’ il codice genetico del dodo. Le nuove sequenze dovrebbero poi essere inserite in embrioni.

Una sfida enorme che aiuterà a migliorare le tecniche genetiche ma i cui vantaggi concreti restano però ancora poco chiari: "Non sarebbe meglio spendere quei soldi – ha commentato su Nature la direttrice della Fondazione per la fauna selvatica delle Mauritius, Vikash Tatayah – per ripristinare l’habitat alle Mauritius e prevenire l’estinzione delle specie?".