Raccontare la scienza con garbo, chiarezza e senso della meraviglia: nel giorno dei funerali, le lezioni del grande divulgatore morto sabato a 93 anni
In queste ore di lutto per la morte di Piero Angela, il tratto comune di tanti ricordi che si susseguono è la gentilezza. Un’altra persona forse ne sarebbe risentita: figlio di un eroe della Resistenza (suo padre Carlo, medico, falsificò le cartelle cliniche di ebrei e antifascisti per salvarli dalla deportazione), Piero Angela è stato tra i primi volti del Telegiornale della Rai, inviato di guerra, autore di una trentina di libri tradotti in più lingue, ha realizzato numerosi documentari e speciali televisivi, oltre a Quark, una delle più longeve trasmissioni della tv italiana, ha fondato il CICAP, associazione attiva nel studiare razionalmente i fenomeni misteriosi, si è visto intitolare un asteroide (7197 Pieroangela) e una specie di molluschi (Babylonia pieroangelai), oltre a una dozzina di lauree honoris causa – e lo si ricorda semplicemente perché era gentile? Ma lui, ne sono certo, ne avrebbe sorriso e non solo per la sua grande umiltà: il fatto è che la gentilezza era il suo stile, il suo modo di raccontare la scienza, cercando parole semplici che non avessero bisogno di essere urlate, spiegazioni che funzionano da sole senza doversi appoggiare a insulti o principi d’autorità.
Questa gentilezza e disponibilità – qualcuno ha giustamente usato il termine "grazia" – lo caratterizzava anche negli incontri pubblici, sempre frequentatissimi: bastava che il nome "Piero Angela" comparisse nel programma di un festival o di una conferenza e subito si formavano lunghe code di persone di tutte le età. E lui, concluso l’incontro, sempre disponibile a una stretta di mano o a una fotografia – solo negli ultimi anni, quando il peso dell’età è iniziato a gravare troppo, ha dovuto sottrarsi immagino un po’ a malincuore. E lo stesso valeva dietro le quinte: ho avuto il piacere di collaborare all’organizzazione di alcune edizione del festival organizzato dal CICAP e Piero Angela, finché è riuscito a partecipare in presenza, si è sempre intrattenuto con volontari e staff. Un giorno, a causa di un imprevisto, era saltata la cena prima dell’incontro serale e così mi sono ritrovato a vagare per Padova cercando una rosticceria aperta: quando gli ho portato da mangiare – superando una lunga fila con un "fate largo ho qui la cena di Piero Angela!" –, si è messo a chiacchierare chiedendomi dettagli su quello che avevo preso, rischiando a momenti di far iniziare tardi la conferenza.
Gentilezza che si univa a un grande senso per lo spettacolo, nato forse negli anni giovanili quando, prima di dedicarsi completamente al giornalismo, era un promettente pianista jazz e sicuramente rafforzato da un’idea semplice e forte: la scienza è cultura e non può permettersi di essere noiosa ma deve saper incantare e meravigliare.
Un approccio spesso definito "di divulgazione anglosassone", forse perché diverso materiale usato nelle sue trasmissioni proviene da emittenti come la britannica Bbc. Ma Angela ha saputo far suo questo linguaggio, rielaborandolo grazie a tutto quello che imparava grazia alla sua insaziabile curiosità, che si trattasse dei documentari di Roberto Rossellini, dei cartoni animati di Bruno Bozzetto o di un concerto del gruppo vocale Swingle Singers, scoperto quando era corrispondente a Bruxelles e poi diventato la celeberrima sigla di Quark con la reinterpretazione dell’Aria sulla quarta corda di Johann Sebastian Bach.
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Marzo 1981, la prima puntata di ‘Quark’
Grazia, meraviglia e – terzo elemento della divulgazione di Piero Angela – chiarezza: ai suoi collaboratori ripeteva sempre che se una spiegazione non viene capita, la colpa è di chi non si è spiegato bene, non di chi non ha capito.
Per lui spiegare la scienza significava innanzitutto "tradurre dall’italiano in italiano", evitando quel linguaggio specialistico che gli esperti impiegano (giustamente) quando parlano tra di loro, ma che non può essere utilizzato quando ci si rivolge a una persona non competente. E attenzione: come Angela ha ribadito in più di un’occasione, essere incompetenti non vuol dire essere né ignoranti né stupidi, perché "ognuno di noi è competente nel proprio campo, ma non necessariamente in un altro" (come scrisse per la Treccani). La missione della divulgazione è "far capire le cose a persone (anche coltissime) che non hanno la competenza necessaria".
Certo, in questo lavoro di traduzione a volte capita di perdere qualcosa: ricordo che alcuni chimici si lamentarono quando in una sua trasmissione venne definito "composto" quella che in realtà era una soluzione; o ancora eccessive semplificazioni ad esempio sul rapporto tra scienza e democrazia ("la velocità della luce non si decide ad alzata di mano"), ma è inevitabile e ad Angela va riconosciuto il merito di aver sempre cercato di evitare la banalizzazione.
Durante uno dei CICAP Fest ho seguito Piero Angela in un incontro con la stampa. A un certo punto viene fatta una domanda specialistica – non ricordo di preciso quale, credo qualcosa sulla formazione dei medici – e lui, con un sorriso, ha risposto un semplice «non lo so». Aggiungendo, immagino per lenire la delusione del giornalista, che «è pieno di persone che rispondono sempre, su tutto, ma uno dei grandi insegnamenti della scienza è saper dire "non lo so"». Concludendo poi con queste parole: «La gente viene da me pensando che sia l’immagine della scienza. Ma non lo sono: sono un divulgatore, devo studiare».
Piero Angela non si è mai laureato: ha infatti lasciato gli studi (ingegneria al Politecnico di Torino) per fare il giornalista. Ma – e torniamo al tema dei settori di competenza – sarebbe sbagliato pensare che l’esperto sia necessariamente la persona migliore per spiegare qualcosa perché non sempre l’esperto è in grado di fare quel lavoro di traduzione "dall’italiano in italiano" al quale si è accennato e che costituisce l’essenza della comunicazione della scienza.
Ma l’esperto ha anche un altro limite che Piero Angela ha affrontato in un’importante tappa del suo lavoro. Siamo alla fine degli anni Settanta, Quark doveva ancora nascere ma Angela aveva già lasciato il giornalismo – «mi occupavo di dieci notizie al giorno che però non mi lasciavano niente» aveva detto in un incontro – per la divulgazione scientifica con fortunate trasmissioni come ‘Destinazione uomo’. In quel periodo decise di dedicarsi al paranormale: all’epoca fenomeni come la telepatia e la telecinesi erano considerati, anche da scienziati, sul punto di essere dimostrati tanto che, si racconta, durante un quiz a Mike Bongiorno vennero nascoste le risposte corrette per paura che un concorrente sensitivo le potesse leggere nella mente del presentatore. Angela realizzò così le cinque puntate di ‘Indagine sulla parapsicologia’ sentendo numerosi esperti: non solo studiosi di questi fenomeni, ma anche – un po’ sorprendentemente – prestigiatori. Perché come detto gli esperti, quando si esce dal loro settore di competenza, sono incompetenti come tutti e di fronte a presunti sensitivi la competenza necessaria è quella, appunto, dei prestigiatori, non di scienziati abituati a dare per scontata la buona fede perché, come Angela amava ripetere, "le molecole non ingannano, gli uomini sì".
Da quella trasmissione nacque un libro, ‘Viaggio nel mondo del paranormale’ che ebbe tra i suoi lettori un giovane di Voghera che, colpito dallo stile e dall’approccio razionale, decise di scrivere una lettera a Piero Angela. Con sua grande sorpresa, questo ragazzo ricevette non solo una risposta, ma venne anche invitato a Roma a incontrare Piero Angela e James Randi, prestigiatore americano che ha dedicato la vita a smascherare gli imbroglioni. Alla fine Angela pagò al ragazzo – che oggi conosciamo come il divulgatore Massimo Polidoro – una borsa di studio per andare un anno negli Stati Uniti a studiare proprio con Randi. Nello stesso periodo Angela aveva pagato un’altra borsa di studio a Lorenzo Montali, oggi professore di Psicologia sociale all’Università di Milano Bicocca. Qualche anno dopo i due hanno partecipato alla fondazione del CICAP, dove sono ancora attivi.
Sono solo due esempi dell’impegno che Piero Angela ha sempre dedicato ai giovani con numerose iniziative per le scuole, l’ultima delle quali – una serie di video per i licei – realizzata negli scorsi mesi con l’idea non tanto di insegnare le scienze come un insieme di nozioni, ma la scienza come metodo e come modo di ragionare.
Oggi c’è chi, comprensibilmente, si rammarica che Piero Angela non abbia creato una scuola di comunicazione della scienza. Il che è vero, ma non certo per disinteresse verso le giovani generazioni. E anche se – con l’ovvia eccezione del figlio Alberto – non vi sono allievi diretti di Piero Angela, alla fine praticamente tutti i divulgatori italiani odierni si considerano suoi "allievi indiretti" per aver scoperto grazie a lui il piacere della scienza e del racconto scientifico.
Tra le tante iniziative in onore di Piero Angela, c’è anche quella di istituire una Giornata della divulgazione scientifica a lui intitolata. Sarebbe bello se la data cadesse sul 18 marzo, giorno nel quale nel 1981 andò in onda la prima puntata di Quark.
Con questo testo, reso pubblico il 13 agosto dalla Rai, Piero Angela si è congedato dai telespettatori
Cari amici, mi spiace non essere più con voi dopo 70 anni assieme. Ma anche la natura ha i suoi ritmi. Sono stati anni per me molto stimolanti che mi hanno portato a conoscere il mondo e la natura umana. Soprattutto ho avuto la fortuna di conoscere gente che mi ha aiutato a realizzare quello che ogni uomo vorrebbe scoprire. Grazie alla scienza e a un metodo che permette di affrontare i problemi in modo razionale ma al tempo stesso umano. Malgrado una lunga malattia sono riuscito a portare a termine tutte le mie trasmissioni e i miei progetti (persino una piccola soddisfazione: un disco di jazz al pianoforte…). Ma anche, sedici puntate dedicate alla scuola sui problemi dell’ambiente e dell’energia. È stata un’avventura straordinaria, vissuta intensamente e resa possibile grazie alla collaborazione di un grande gruppo di autori, collaboratori, tecnici e scienziati. A mia volta, ho cercato di raccontare quello che ho imparato. Carissimi tutti, penso di aver fatto la mia parte. Cercate di fare anche voi la vostra per questo nostro difficile Paese. Un grande abbraccio.