Scienze

L’Oceano Artico ha iniziato a scaldarsi a inizio XX secolo

Studi italiani e britannici hanno ricostruito gli ultimi 800 anni di mutamenti di un mare con funzioni chiave nei cambiamenti climatici globali

25 novembre 2021
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L’Oceano Artico ha cominciato a riscaldarsi già all’inizio del XX secolo, decenni prima di quanto si pensasse. A ricostruire gli ultimi 800 anni di cambiamenti di questo mare che ha una funzione chiave nei cambiamenti climatici globali è stato un gruppo di ricerca guidato dal Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) italiano e Università di Cambridge i cui risultati sono stati pubblicati su ‘Science Advances’. L’Oceano Artico è il più piccolo degli oceani del globo nonché il meno profondo e quello che più di ogni altro si sta scaldando: “Il tasso di riscaldamento è oltre il doppio di quello medio globale”, riferisce Francesco Muschitiello, dell’Università di Cambridge.

È ormai noto, grazie soprattutto alle osservazioni satellitari, che l’Oceano Artico si sta trasformando perché le sue acque non solo si stanno scaldando ma sono anche sempre più salate, un fenomeno detto di ‘atlantificazione’, meccanismo che si autoalimenta perché il riscaldamento favorisce lo scioglimento dei ghiacci che, una volta scomparsi, espongono le acque al riscaldamento dei raggi del Sole producendo poi effetti a catena sul clima mondiale.

Data l’importanza del fenomeno i ricercatori hanno provato a ricostruire la storia di queste trasformazioni, su cui i dati satellitari coprono solo gli ultimi decenni, e per farlo sono andati in cerca delle ‘firme molecolari’ dovute alle condizioni dell’acqua nei sedimenti fossili di microrganismi marini trovati nello stretto di Fram, tra la Groenlandia e le isole Svalbard. “Quando abbiamo esaminato l’intero arco temporale di 800 anni i nostri dati su temperatura e salinità erano piuttosto costanti – ha spiegato Tommaso Tesi, dell’Istituto di Scienze Polari del Cnr – ma all’improvviso, all’inizio del XX secolo si osserva un marcato cambiamento di temperatura e salinità”. Non sono ancora chiare le cause che avrebbero anticipato questo fenomeno, ma, spiegano i ricercatori, sarà importante aggiornare queste informazioni per i modelli di simulazione dei cambiamenti climatici globali.