Lanci di nanocristalli d sale marino per proteggere la barriera
Un sistema innovativo per aiutare a fare ombra sui coralli della Grande Barriera che si estende al largo della costa orientale dell'Australia, colpita dal più esteso sbiancamento finora registrato dopo le temperature marine record di febbraio. Lo sbiancamento avviene quando i coralli sotto stress espellono minuscole alghe fotosintetiche, privandoli dei colori. Scienziati della Southern Cross University hanno sperimentato con buoni risultati il prototipo di un congegno che conferisce luminosità alle nuvole di bassa altitudine, in modo che riflettano più luce solare schermando così la superficie marina.
Il congegno, sviluppato da ricercatori dell’Università di Sydney e dell’Università di Tecnologia del Queensland, in partenariato con l’italiana EmiControls di Trento specializzata in sistemi antiincendio, consiste in una turbina modificata con 100 ugelli ad alta pressione che spruzzano verso l’alto da una chiatta trilioni di nanocristalli di sale marino. L’obiettivo è di integrare i cristalli nelle nuvole di bassa altitudine rendendole più luminose in modo che riflettano più luce solare, proteggendo così la superficie marina. Una seconda imbarcazione a 5 km di distanza, con a bordo impianti di modellazione atmosferica, ha potuto individuare la nebulizzazione creata dal prototipo. Futuri esperimenti misureranno se le particelle di sale in effetti conferiscono luminosità alle nuvole.
La sperimentazione, condotta dal 25 al 28 marzo, non era mirata a testare l’efficacia sulla radianza delle nuvole, ma ha dimostrato con successo che il congegno di irroramento funziona - ha detto Daniel Harrison della Southern Cross University, che guida il progetto, al Guardian Australia. Diversi altri ricercatori, tra cui un rappresentate di EmiControls, non hanno potuto far parte dell’equipaggio come previsto, a causa delle restrizioni di viaggio per il Covid-19. L’esperimento fa parte di uno dei 43 progetti di ricerca e sviluppo finanziati dal governo federale, per un totale pari 90 milioni di euro, con l’obiettivo di ridurre l’impatto sui coralli delle crescenti temperature dell’oceano. Secondo Harrison è promettente perché di costo relativamente basso, può essere dispiegato su vasta scala e si affida a un processo che si presenta naturalmente.