laR+
logoBol

Covid-19, questo virus parla di noi

Intervista a David Quammen, autore di 'Spillover', con cui anticipava l'arrivo di una pandemia mondiale. Per lui 'il Covid-19 è la conseguenza della distruzione dell'ecosistema'

È un mondo malato

Intervista a David Quammen, autore di 'Spillover', con cui anticipava l'arrivo di una pandemia mondiale. Per lui 'il Covid-19 è la conseguenza della distruzione dell'ecosistema'

31 marzo 2020
|

David Quammen aveva visto lungo. Il suo 'Spillover', uscito nel 2012 (pubblicato in italiano da Adelphi) e oggi best seller mondiale, era il risultato di sei anni di ricerche, di analisi della trasmissione dei virus dagli animali selvatici agli esseri umani, che lo avevano condotto alla conclusione che la distruzione dell’ecosistema avrebbe provocato il Big One dei virus: una pandemia mondiale, che sarebbe nata verosimilmente nei wet market cinesi, originata dai pipistrelli.

David Quammen, in che modo valuta l’attuale epidemia di Covid-19 rispetto a quelle precedenti, in particolare a Sars e ad Ebola? Da una parte sappiamo che il tasso di mortalità è molto più basso, sia di Ebola sia della Sars, ma allora come mai secondo lei tanta paura?

«È vero, è vero. Il tasso di mortalità è molto più basso rispetto ad Ebola ed è anche inferiore rispetto alla Sars, che nel 2003 si era attestato intorno al 10% ma quello che rende particolare questa pandemia è che si diffonde con estrema rapidità e che lo fa silenziosamente, nel senso che, lo sappiamo, passa in maniera invisibile tra le persone, anche tra quelle che non hanno ancora nessun sintomo. Covid-19 ha dunque la capacità - e lo ha già dimostrato - di diffondersi con una straordinaria rapidità arrivando a colpire una quantità enorme di persone in tutto il mondo. E dunque, per quando il tasso di mortalità sia oggi compreso tra il 2 e il 3%, alla luce della sua vastissima diffusione, ha la capacità di causare ancora un gran numero di vittime, e tanta tanta sofferenza».

Questo ceppo della famiglia dei Coronavirus, che ora chiamiamo Sars Cov-2 per il virus e Covid-19 per la malattia che provoca, si trasmette per zoonosi. Questo significa semplicemente che il virus si sposta dagli animali all’uomo. Almeno su questo punto non ci sono più dubbi allo stato attuale?

«Sì, ne siamo sicuri. Ovviamente gli scienziati lasciano sempre un margine di dubbio nel loro approccio, ma lo sappiamo perché la comunità scientifica ha raccolto in questi anni un’imponente mole di prove che vanno in questa direzione.

Sappiamo che si tratta di un virus che vive in natura nelle comunità di pipistrelli della Cina. Lo sappiamo perché è stato identificato tre anni fa da una ricerca scientifica, che indicava come un virus, con un genoma quasi identico a quello di Covid-19, fosse stato scoperto in una colonia di pipistrelli che abitano una caverna della provincia cinese dello Yunnan.

E quando il virus si è diffuso tra gli uomini, iniziando a uccidere, ecco che è stato relativamente facile identificarlo, sequenziare il genoma, e scoprire che si trattava di qualcosa di molto simile a quello che era stato trovato solo tre anni prima. E che a sua volta veniva dai pipistrelli».

Ci sono anche alcune teorie cospirazioniste, secondo le quali il virus sarebbe stato creato dall’uomo nei laboratori. Sono solo fake-news?

«Si. Assolutamente sì. Solo fake-news. C’è uno studio molto accurato da poco pubblicato sul Journal of Natural Medicine a cura di Kristian Andersen, che stabilisce in maniera accurata l’origine del virus facendo ricorso alla biologia molecolare. Lo studio prende esplicitamente in considerazione la teoria di un’arma biologica artificiale messa a punto in laboratorio, e la smentisce sulla base di evidenze scientifiche che lo collegano invece ai pipistrelli».

David Quammen, perché un virus compie lo Spillover? Per quale ragione dunque un virus passa dall’animale all’uomo?

«Il virus evolve sulla base della selezione naturale. Dobbiamo tornare alla radice della teoria di Darwin. È l’a-b-c del darwinismo. Il virus può essere definito un essere “vivente-non vivente”, è solo una stringa di materia molecolare, un frammento di genoma avvolto in una proteina. Ma i virus hanno la capacità di replicarsi. Competono l’un contro l’altro e dunque evolvono. Esattamente come qualsiasi altra creatura vivente, il virus è in costante evoluzione.

Tutti gli esseri viventi sono spinti dalla selezione naturale ad accrescere il proprio numero e a cercare di colonizzare nuovi habitat. È la selezione naturale che lo impone, e questo è quello che succede anche ai virus quando incontrano un ambiente potenziale ospite, che può anche essere l’uomo. Non hanno uno scopo, ma reagiscono a quella che appare essere un’opportunità. Si diffondono nell’organismo ospite, si moltiplicano, evolvono, e facendo tutto questo si assicurano il successo evolutivo».

Ma come avviene lo “Spillover”, in che maniera si trasmette il virus dall’animale all’uomo. Concretamente, attraverso sangue, saliva… come avviene il passaggio?

«Certo. Allora, Spillover è termine che indica il momento in cui un virus passa per la prima volta da una specie non umana, all’uomo. È appunto il salto di specie. Come accade? Può essere perché l’uomo cattura l’animale, lo smembra per mangiarlo e così avviene il passaggio. Nel caso di Ebola la trasmissione avviene tra sangue e sangue: magari un piccolo taglio sulla mano del cacciatore ed è fatta.

Altrimenti può avvenire attraverso le deiezioni dell’animale: può esserci un contatto diretto, tra feci e/o urina dell’animale “serbatoio” con il corpo di un altro animale. Magari un maiale o anche come accade nei cosiddetti “mercati umidi“ cinesi con alcuni animali selvatici, come il pangolino. Il virus può resistere nella carne di animali che vengono macellati e mangiati dall’uomo, e così facendo entrano nel nostro corpo.

Ma può anche passare per via area: immaginate in campagna, un vecchio granaio, o uno di quei gabbiotti per gli attrezzi. Basta un ratto portatore del virus, la sua urina che si mischia alla polvere. Poi un uomo entra, cerca qualcosa. Il virus è nella polvere, l’uomo solleva la polvere ed ecco che semplicemente lo inala il virus, respirando. E tutte queste, sono modalità di trasmissione che sappiamo - per certo – essersi già verificate con diversi tipi di virus.

David, negli esempi che ci ha fatto ha citato diverse specie animali. Ma sempre – sempre - si torna a parlare dei pipistrelli. Allora le chiedo, perché i pipistrelli sono sempre coinvolti in questi fenomeni di zoonosi, com’è già accaduto con Ebola e adesso con Covid-19?

«Sì certo, non direi sempre, ma sicuramente spesso. È vero che i pipistrelli appaiono, diciamo, sovra-rappresentati quando si tratta di cercare la fonte della trasmissione di un virus dagli animali all’uomo. Da un lato questo succede perché quello dei pipistrelli, è un ordine di mammiferi molto vasto e, anche, estremamente differenziato al suo interno.

Pensate che, sul nostro pianeta, quasi un mammifero su quattro è un pipistrello. E quindi, possono sembrare sovra-rappresentati, ma la verità è che sono sovra-rappresentati, tra tutti i mammiferi terrestri. E poi vivono a lungo: un singolo individuo può vivere anche 18 o 20 anni. Formano colonie grandissime, fino a 60mila adulti possono raccogliersi insieme, su di un’unica parete a formare anche una singola colonia. Vivono in grandi gruppi all’interno dei quali si scambiano regolarmente i virus tra loro. Sembrano avere un sistema immunitario più permeabile di altre specie, e forse questo è legato al fatto che sono mammiferi volanti, un’azione che sottopone l’animale ad un costante stress fisiologico.

Si pensa, insomma, che i pipistrelli siano in grado di farsi portatori di molti virus, senza che il loro sistema immunitario reagisca per combatterli. Ecco, direi tutti questi fattori ci aiutano a capire perché proprio questi animali ci possono sembrare “sovra-rappresentati” quando si tratta di virus e dunque di epidemie».

Alcune pandemie, e penso alla polio o al morbillo, sembrano essere state più facili da debellare. Non sono delle zoonosi. Che cosa rende così difficile la battaglia nei confronti dei virus trasmessi per zoonosi, e dunque da animale a uomo?

«Le zoonosi sono più difficili da sconfiggere perché curare l’uomo non basta. Per impedire totalmente la propagazione del virus bisogna eliminare la fonte dell’infezione. Dovremmo dunque eliminare interamente i pipistrelli dalla faccia della Terra? È un’idea terribile in realtà, perché noi abbiamo bisogno della diversità biologica: la lezione da trarre non è che “dobbiamo sterminare i pipistrelli”, ma che dovremmo, piuttosto, “lasciarli in pace”.

Anche il morbillo, quasi del tutto scomparso perché abbiamo vaccinato le persone, le abbiamo protette. Il morbillo circola ancora, capita di ammalarsi di morbillo ma avviene solo per scambio tra umani. E questo vale per la poliomielite, che si trasmette solo tra essere umani, e l’abbiamo quasi completamente eradicata – e speriamo di eliminarla del tutto - proprio perché non si tratta più di zoonosi, perché il virus non si può più nascondere negli animali per poi tornare tra di noi».

Il rapporto tra virus e ambiente è centrale nel suo libro. L’uomo per lei è all’orgine del moltiplicarsi delle pandemie e questo perché le attività umane sono causa della disintegrazione di vari ecosistemi, nelle foreste tropicali per esempio vivono milioni di specie, tra questi milioni di specie ci sono virus, batteri, funghi, protisti e altri organismi, molti dei quali parassiti. E la distruzione degli ecosistemi ha per conseguenza la sempre più frequente comparsa di patogeni in ambiti più vasti di quelli originari. La dove si abbattono gli alberi e si uccide la fauna, i germi del posto si trovano a volare in giro come polvere che si alza dalle macerie. Disastro ambientale e virus, legame stretto dunque …

«Credo che in realtà i punti di contatto siano molteplici. Da una parte c’è una considerazione di base: quando siamo colpiti da una malattia trasmessa da un animale, ci troviamo esposti alla principale lezione della teoria darwiniana. È una verità addirittura scioccante: tutti noi umani siamo animali. Apparteniamo all’albero della vita. Discendiamo da altri primati. Siamo imparentati con altre creature viventi, lo siamo con i gorilla, siamo legati strettamente agli scimpanzé. Siamo collegati ai pipistrelli. Noi siamo mammiferi, loro sono mammiferi. Noi respiriamo, loro respirano. Siamo connessi, e questo è qualcosa che ci deve rendere più umili. È un glorioso promemoria del fatto che, anche noi umani, svolgiamo un ruolo in questo straordinario pianeta. Il pianeta Terra. Dobbiamo ricordare che siamo connessi, agli animali ed alle piante, ma persino ai virus ed ai batteri perché noi e loro condividiamo lo stesso materiale genetico. È la prova che abbiamo tutti un’unica origine comune. Tutto questo ci ricorda, ci deve ricordare, che questo è il nostro mondo, non ce ne sono altri nell’universo come questo, anche se magari un giorno saremo in grado di esplorarli. È questo il luogo cui apparteniamo, il luogo dove abbiamo compiuto il viaggio della nostra evoluzione. Questo è il luogo di cui dobbiamo avere cura, perché le altre forme viventi non sono solo “i nostri vicini”, ma sono “la nostra famiglia”. Per questo quando soffriamo per una malattia la nostra risposta non può essere “sterminiamoli”: vorrebbe dire che non abbiamo ancora capito che noi siamo parte di loro, e loro sono parte di noi».

La versione integrale dell'intervista andrà in onda giovedì 2 aprile 2020 in Laser, Rete Due della Rsi.