Scienze

Il primo pacemacker ricaricato dal cuore

Quelli attuali vengono impiantati, vicino la clavicola, e le loro batterie generano segnali elettrici che arrivano al cuore attraverso degli elettrodi

Ti-Press
20 febbraio 2019
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E' pronto il primo pacemaker che non ha bisogno di ricarica perché prende energia dal battito del cuore. I test sui maiali hanno dato buoni risultati, pubblicati sulla rivista Acs Nano dal dal gruppo dell'università Jiao Tong di Shanghai guidato da Bin Yang. "C'è ancora molta strada da fare", ha detto Bin Yang all'agenzia di stampa italiana ANSA.

"Adesso bisognerà concludere i test sui maiali, quindi saranno condotti quelli sulle scimmie e, se i risultati saranno positivi, dopo cinque o sei anni si potrà passare alla sperimentazione sull'uomo".

Gli attuali pacemaker vengono impiantati sotto la pelle, vicino la clavicola, e le loro batterie generano dei segnali elettrici che arrivano al cuore attraverso degli elettrodi impiantati. Sono batteria che possono durare da cinque a 12 anni, dopodiché vanno sostituite chirurgicamente, con un intervento che può avere delle complicazioni, come infezioni ed emorragie.

Finora si sono fatti diversi tentativi di realizzare pacemaker che usassero il battito cardiaco come fonte di energia naturale, ma senza successo, per via della loro struttura rigida, i problemi di miniaturizzazione e altri inconvenienti.

I ricercatori cinesi hanno cercato di migliorare la tecnologia progettando una piccola "cornice" di plastica flessibile, che poi hanno legato a degli strati che generano energia quando vengono curvati. Una volta impiantato il pacemaker nei maiali, il battito del cuore ha cominciato ad alterare la forma della cornice, generando un'energia sufficiente a raggiungere le performance dei pacemaker standard alimentati a batteria.

Per i ricercatori questo esperimento segna un passo importante per arrivare in futuro a pacemaker che si auto-alimentano, da utilizzare anche nell'uomo. "Prima di questo però - ha detto ancora Yang - bisognerà valutare la stabilità del pacemaker nel lungo periodo e poi integrare in un unico dispositivo i moduli che adesso sono indipendenti".