Potrebbe essere il primo indizio della cosiddetta "nuova fisica": non c’è al momento una spiegazione diversa per l’abbondanza di particelle di antimateria misurata dallo strumento Ams (Alpha Magnetic Spectrometer), che dal maggio 2011 è agganciato all’esterno della Stazione Spaziale a caccia di antimateria e materia oscura. I dati pubblicati sulla rivista Science indicano infatti che le stelle molto dense che ruotano velocemente su se stesse, le pulsar, non sono sufficienti a produrre una quantità di antiparticelle così abbondante. La loro origine deve essere quindi qualcosa di tanto esotico quanto sconosciuto, un indizio che potrebbe portare alla scoperta di nuove particelle e nuove leggi fisiche, non previste dalle teorie attuali. A disegnare questo quadro sono i risultati della ricerca internazionale basata sui dati dell’osservatorio Hawc (High-Altitude Water Cherenkov), che osserva l’universo attraverso i raggi gamma.
Due "occhi" diversi, quindi, hanno segnalato l’identico problema, ossia l’impossibilità di spiegare il fatto che sia stata rilevata una quantità maggiore del previsto di positroni, ossia delle particelle di antimateria che sono l’opposto degli elettroni. "Abbiamo che fare con fisica multimessaggero", ossia che raccoglie segnali da fonti molto diverse per costruire un unico quadro dell’universo, ha rilevato Roberto Battiston, presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana (Asi) e con il Nobel Samuel Ting responsabile internazionale dello strumento Ams. "E’ un’informazione importante – ha detto ancora riferendosi ai dati pubblicati su Science – perché sgombra il campo in modo forte dall’ipotesi tradizionale che spiega l’origine dei positroni. Di conseguenza – ha osservato – lascia spazio all’ipotesi che i dati possano riguardare una nuova fisica".