Il più giovane, che sta crescendo, il funambolo che esisteva ma non tutti lo sapevano, e il cosentino che amiamo da sempre, senza riserve
Delle canzoni abbiamo scritto, dei numeri anche. Del bello e del brutto di tutta una settimana pure. Di Sanremo resterebbe da dire degli uffici stampa, la cui spocchia è un po’ quella denunciata da Ultimo nella famosa conferenza del 2019, in quel caso riferita ai giornalisti: “Avete solo questa settimana per sentirvi importanti” disse Moriconi, frase che nel caso dei giornalisti in molti casi è verità, ma anche per le zelanti addette ai rapporti dei cantanti con la stampa, istruite a rispondere “è troppo presto” se chiedi loro un’intervista per tempo, “vediamo cosa si può fare” se scrivi poco prima del Festival e “abbiamo finito gli slot” se scrivi durante. Per fortuna c’è il Roof, dove gli artisti che non sei riuscito ad acchiappare di persona vengono per contratto. È qui che il giorno dopo si presentano i vincitori per i discorsi di rito.
E allora, via con i discorsi ufficiali di un’edizione, la 75esima, che ha visto il cantautorato al potere. Al bancone del Roof siedono il giovane Olly, 23enne vincitore, Lucio Corsi con al suo fianco il fido co-autore Tommaso Ottomano, e Dario Brunori in arte Brunori Sas, nei confronti del quale non abbiamo avuto vergogna di nascondere un particolare trasporto che dura da tempi non sospetti.
Nell’ordine in cui si consegnano le medaglie alle Olimpiadi, partiamo da Brunori, terzo classificato e vincitore del Premio Sergio Bardotti per il miglior testo, quello di ‘L’albero delle noci’: “Sono rimasto sorpreso perché ero arrivato qui con l’unica aspettativa di portare il mio mondo e una canzone dedicata a una persona che per ovvie ragioni ha rivoluzionato la mia esistenza”, la figlia Fiammetta. Dario dice che la possibilità che la canzone potesse andare al di là dei favori della critica, di cui egli gode per qualità innate, gli si è rivelata nella serata giovedì: in galleria, dove anche noi sedevamo quella sera, il crotonese ha raccolto applausi degni di un Simon Le Bon. Ha un unico rammarico, quello di non avere vinto: “Mi dispiace di non poter andare all’Eurovision perché con la mia fisicità avrei potuto portare i miei outfit da parroco”. E aggiunge, da 47enne: “Che bello questo podio di giovanissimi”. E sono altri applausi.
Lucio Corsi ha l’eloquio di Renato Zero e pure una certa capacità affabulatoria nel dire la verità. A partire da Topo Gigio, compagno di duetto in settimana: “Cerco le canzoni che mi portano via dalla realtà. Topo Gigio è un personaggio della fantasia, ma più reale di tanta gente: noi invecchiamo e lui no”. Cita i duetti del topo con la Carrà e regala l’immagine del giorno: “I televisori di una volta erano molto larghi, oggi sono sottilissimi, ma si può provare a infilarcisi dentro”.
Nemmeno Olly si aspettava di vincere, anche se la sua manager è al quarto Festival di fila vinto con uno dei suoi artisti (Måneskin, Marco Mengoni, Angelina Mango). Federico Olivieri da Genova, classe 2001, è nato rapper e oggi canta le melodie. All’alba di ieri, uno sciame di teenager ha percorso Corso Matteotti dall’Ariston al Casinò cantando le sue canzoni. È il più giovane dei tre, dunque meno generoso in contenuti; s’illumina quando gli ricordano l’endorsement social di Vasco: “Quando ho letto che mi faceva i komplimenti, con la ‘k’, sono saltato sulla sedia”. È felice se il suo pubblico riconosce la verità di quello che scrive e dice, anche lui ha sentito il calore del giovedì. Se ‘Balorda nostalgia’ sia o meno autobiografica non è importante, “l’importante è che sia la storia di qualcuno” e che quel qualcuno riesca a riconoscervisi. E nel consueto pomeriggio post-finale Domenica In, di ‘Balorda nostalgia’ Olly non fa il playback: molla il microfono e si abbraccia tutti i fan, che cantano al posto suo.
Se questo podio sia la risposta al prefabbricato musicale, all’usa e getta imperante, Olly non sa dire: “Siamo cantautori, è bello celebrare le emozioni che abbiamo portato sul palco”. Lucio, invece: “Penso che il tempo sia un vento che muove la sabbia, cambia le cose. Ci sono periodi in cui un determinato modo di intendere la musica è meno in vista perché quel vento lo ha appiattito. È una cosa naturale. Sono felice che questo podio dica di come intendiamo le canzoni. Ci sono tanti modi per farlo, non mi sento di dire che il mio sia il modo giusto”. Gli fa eco Brunori Sas: “Ci sono tanti modi per fare musica, l’importante è che tutte le modalità possano godere del pluralismo. È giusto che sia rappresentato il percorso alternativo, perché ci sono tante modalità di arrivare al pubblico”. Dario si riserva di pensarci nelle prossime ore, ma il pensiero delle 14 è che “è stato premiato il fatto che noi tre siamo arrivati qui con un vestito autentico, rappresentandoci per come siamo senza modificarci per adattarci al contesto”.
Sull’andare o meno all’Eurovision, Olly ci deve pensare. La Rai gli darà una settimana di tempo per decidere. La coda è per Simone Cristicchi con in mano il Premio Giancarlo Bigazzi per la migliore composizione musicale. Alle accuse di ‘romanticizzazione’ del dolore della sua ‘Quando sarai piccola’, il già vincitore di Festival risponde con l’e-mail di Daniela, 14enne con la nonna malata di Alzheimer che in lui e nella canzone si è ritrovata. E poi poche parole, molto chiare: “È stata messa in forse la mia integrità morale, ho sempre lavorato in pulizia di coscienza. Quello che è successo è un dono enorme e me ne vado via con un senso di profonda gratitudine per Carlo Conti, che ha scelto la canzone. Grazie a lui ho potuto parlare di un tema che credo coinvolga tutti noi”.
Al netto di un profilo social un tantino autocelebrativo che a volte rischia di offuscarla, il rispetto assoluto su ‘Quando sarai piccola’ scenda su di lei e con lei rimanga sempre.