Sogno o son Festival

Teatro Ariston, l'ombelico del pop (Sanremo, la prima serata)

I cantautori Brunori Sas, Lucio Corsi e Simone Cristicchi, poi Giorgia e Achille Lauro. Nella notte di Jovanotti il voto della stampa li ha messi in vetta

Jovanotti (‘E noi stiamo già ballando’)
(Keystone)
12 febbraio 2025
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La classifica, prima di ogni altra cosa. Le prime cinque posizioni, non in ordine di classifica, le occupano i cantautori Brunori Sas, Lucio Corsi e Simone Cristicchi, con Giorgia e Achille Lauro. È il risultato del voto della sala stampa, web e tv.

Un passo indietro

Il Teatro Ariston, l'ombelico del pop. Partiamo da Jovanotti. Sono passati trentasei anni, è la prima serata del Festival di Sanremo 2025 e Lorenzo che nel 1989 saltava come un grillo su ‘Vasco’, ancora salta nonostante gli acciacchi: insieme ai Rockin’ 1000, una distesa di percussionisti spalmati lungo Corso Matteotti, porta ‘L’ombelico del mondo’ dalla strada fin dentro l’Ariston. ‘Il più grande spettacolo dopo il Big Bang’, ‘I love you baby’ poi ‘Fuorionda’ da ‘Il corpo umano’, il disco della rinascita, e in mezzo baci e abbracci alla sala, che canta con lui ‘Per te’.

“Sanremo è come il Capodanno, il Natale, la Pasqua. Prima di essere competizione e classifica è una passione che unisce un Paese intero. Pensa a chi fa un altro lavoro – dice Lorenzo a Conti – e la sera prende in mano una chitarra”, le parole di chi della musica popolare ha capito tutto. Insieme a Gianmarco Tamberi, saltatore in alto olimpico che ha deciso di non ritirarsi, recita il filosofo Franco Bolelli; insieme a Conti ricorda il fu Sammy Basso, a Sanremo nel 2015 per parlare di progeria, la sua. Poi canta a modo suo, imperfetto dunque umano, proprio come il corpo, ‘Un mondo a parte’ da un disco – l’ultimo – che mette d’accordo tutto e tutti.

‘I Conti tornano e io sono tornato’

Due ore prima. La sigla dell’Eurovisione, non dell’Eurovision, segna il tempo come le parole di Ezio Bosso dal Sanremo 2016: “Ricordatevi sempre. La musica come la vita si può fare solo in un modo: insieme”. Così ha scelto di cominciare il suo quarto Sanremo il direttore artistico Carlo Conti, perché “i Conti tornano e son tornato”, nel ricordo di uno dei momenti a lui più cari. Del fu Bosso, l’orchestra riadatta ‘Following a bird’ e tutto può continuare. “Benvenuti all’edizione numero 75 del Festival di Sanremo”, dice il Conti insieme a un grazie ad Amadeus, uomo dei record (da battere, possibilmente). Senza perdersi in ciance, è subito gara.

Con i braccialetti luminosi come al concerto dei Coldplay, il pubblico dell’Ariston accoglie Gaia nel tormentone telefonico ‘Chiamo io chiami tu’, poi Francesco Gabbani, a braccia aperte nella canzone perfetta, ‘Viva la vita’. Fa un certo effetto vedere Gerry Scotti su Rai Uno (“Mi avete fatto sentire importante”), meno Rkomi, a petto nudo su ‘Il ritmo delle cose’, con le vocali larghe, larghissime che sono marchio di fabbrica. Con un corpetto che diventa strascico bianco da marcia nuziale, Noemi canta Noemi e raddoppia l’applauso delle prove con ‘Se t’innamori muori’.

Antonella Clerici arriva insieme al ricordo di Fabrizio Frizzi, che se il destino l’avesse consentito Conti l’avrebbe voluto qui. Le note sono quelle di ‘You’ve Got a Friend in Me’ di Randy Newman, da ‘Toy Story’. Vestito da Capitan Harlock, Irama canta ‘Lentamente’ per farsi dimenticare velocemente. Ricorderemo invece a lungo i ‘Cuoricini’ new wave dei Coma_Cose, esponenti della scuola bresciana che da qualche anno imperversa al Festival. E poi Simone Cristicchi che racconta la madre malata che torna bambina, visibilmente emozionato su ‘Quando sarai piccola’ così come ogni singola anima a teatro, in sala stampa e forse in tutti i salotti di casa. La standing ovation dell’Ariston è cosa riservata a pochi durante la gara, tanto ovation che il Festival pare finito qui.

A ricordarci che è pop e non teatro-canzone ci pensa la 72enne Marcella Bella nell’inno femminista (sic) ‘Pelle diamante’. Achille Lauro è l’uomo in frac: nessuna provocazione, solo una bella canzone, ‘Innocenti giovani’, che dopo anni di sartoria stravagante finalmente basta e avanza.

Sua santità Giorgia

L’israeliana Noa e l’arabo-israeliana Mira Awad stanno per cantare – e lo faranno armonizzando in modo sublime – e c’è una sola cosa più pacifista di ‘Imagine’: Papa Francesco in videomessaggio. “La musica è bellezza, è strumento di pace. È lingua che tutti i popoli parlano e raggiunge il cuore. La musica può aiutare la convivenza”, che è lo sforzo che le due cantanti fanno da sempre. Nel bel mezzo della canzone si augurano di tornare tra un anno a festeggiare “un vero accordo di pace”. Soltanto Giorgia poteva arrivare dopo Lennon e il Vaticano e prolungare il piacere: anche su ‘La cura per me’ è standing ovation, anche qui il Festival potrebbe finire.

Anima e cuore

Willie Peyote vestito di funk (‘Grazie, ma no grazie’), Rose Villain vestita di autotune (‘Fuorilegge’), la ‘R’ roteante (e l’autotune a palla) di Olly con una bella canzone (‘Balorda nostalgia’), il look total-stagnola della bella Elodie nella battistiana ‘Dimenticarsi alle 7’. Torna l’eleganza rap-gospel di Shablo feat. Guè, Joshua e Tormento (‘La mia parola’), torna anche quella di Massimo Ranieri, a suo agio su una specie di ‘Perdere l’amore’ (con quello stesso sax) chiamata ‘Tra le mani un cuore’. A mezz’ora dalla mezzanotte si spengono le 41 candeline di ‘Self control’ di Raf, sul palco di Piazza Colombo col diretto interessato.

Tutto scorre fino a ‘Damme ‘na mano’, Tony Effe terrorizzato dal palco (perché cantare non è esattamente come twittare da casa) e capace di stonare con l’autotune, che equivale più o meno a cadere dalla bicicletta con le rotelle. Che la musica la fanno i musicisti lo ricorda all’Eurovisione Serena Brancale (‘Anema e core’), e che le canzoni le scrivono i cantautori lo dimostra Brunori Sas alla sua Fiammetta (la figlia) in ‘L’albero delle noci’, l’amore senza cuoricini, ma con un cuore grande così. Anche il cantautorato del bowiano Lucio Corsi (‘Volevo essere un duro’) dovrebbe essere la normalità.

Napule è

A mezzanotte e un quarto va in scena la seduta psicanalitica di Fedez (‘Battito’), ma anche la decadente ‘Amarcord’ della vincitrice di Amici Sarah Toscano, un omaggio voluto (si fa per dire) agli indimenticati Rondò Veneziano, di sicuro e ossessivo successo. Al primo cedimento, perché è terribilmente tardi, Joan Thiele da Desenzano (un’altra bresciana) porta graziose atmosfere rétro in ‘Eco’, tra Tarantino e Nina Zilli; dal Garda al Vesuvio con Rocco Hunt in ‘Mille vote ancora’, un piccolo, onesto e riuscito manifesto di chi se ne va da Napoli e poi torna. Ne mancano due: Francesca Michielin mezza azzoppata da una caduta, che canta di amori che si pensavano amori e invece erano calessi (‘Fango in Paradiso’); per arrivare sino alla classifica, altro di meglio non c’è che ascoltare la ritmica pompante di ‘Tu con chi fai l’amore’ dei The Kolors, gente che la noia non sa cosa sia.