Tony Effe che stona con l’autotune è pura comicità. Gabbani è perfetto, Giorgia divina. Irama? Grazie, ma no grazie
In rigoroso ordine di apparizione sul palco, e senza alcuna pretesa di verità, queste le nostre pagelle dopo la prima serata:
Gaia, ‘Chiamo io chiami tu’ – ★★★✩✩
Una stella alla canzone che comincia con “Per esempio”, una al doppio battito di mani alla Mahmood, una terza all’idea di duettare a Sanremo con Toquinho. Elegante e con la mano bionica, il suo è un tormentino che evolve in tormentone (anche troppo). Giudizio: chiamo io
Francesco Gabbani, ‘Viva la vita’ – ★★★★★
Un blues esistenziale, un inno alla vita “così com’è” e alle mezze verità che fanno da anestesia, perché a volte la vita è una mezza schifezza, altre volte è una schifezza intera. Il Modugno del XXI secolo scrive insieme a Pacifico e può succedere di tutto, anche di leggere momenti ungarettiani come “insieme due paralisi faranno movimento”. Giudizio: Volare
Rkomi, ‘Il ritmo delle cose’ – ★★✩✩✩
Una specie di ‘Storie di tutti i giorni’ ma con le vocali aperte (piaggia, prava, fasta, sasso, paveri, raccia, na)*. Dentro c’è Guerre Stellari (“è il lato oscuro in piena vita”), c’è Piero Manzoni (“o forse è merda d’artista”), c’è la psichiatria (“in quelle macchie di Roorschach ci vedo cose le più crudeli”). C’è anche l’autotune come non ci fosse un domani, che ammazza un dignitosissimo crescendo. Giudizio: brava ma**
*pioggia, prova, festa, sesso, poveri, roccia, no
**bravo ma
Noemi, ‘Se t’innamori muori’ – ★★★✩✩
È Noemi che canta Noemi perché è Noemi, e stavolta con la canzone ci ha preso. Scrivono per lei Mahmood e Blanco alla maniera di ‘Brividi’, ma pare Fabrizio Moro alla maniera di ‘Sono solo parole’. Ma anche le nostre sono solo parole. Una stella a chi ha arrangiato gli archi. Giudizio: se m’innaMoro
Irama, ‘Lentamente’ – ✩✩✩✩✩
Anche vestito da Capitan Harlock resta monotematico, monotòno, monòtono. Da sempre dice che i suoi maestri sono De André e Guccini ma ‘La canzone di Marinella’ contiene più accordi di tutti i suoi album messi insieme (gli album di Irama). La sfida, anche in sala all’Ariston, è sempre quella: capire cosa dice senza avere il testo davanti. Giudizio: qualunquemente
Coma_Cose, ‘Cuoricini’ – ★★★✩✩
Il diversamente bello Fausto Lama (che non si chiama Fausto Lama) e l’incantevole California (nel senso di Francesca Mesiano e non di zona sismica) si sono sposati. Comatosi per eccesso di zucchero, sarà la cassa in quattro, saranno i Ricchi e Poveri, saranno i cuoricini, il nostro personale rigetto per ‘Fiamme negli occhi’ e ‘L’addio’ è diventato (quasi) amore. Giudizio: sofficini
Simone Cristicchi, ‘Quando sarai piccola’ – ★★★★★
Se ne frega dell’autotune e l'intonazione, imprecisa, è almeno reale. È Cristicchi che fa Cristicchi perché è Cristicchi, e vince per manifesta superiorità. Solo l’ascoltatore che abbia nel cuore “un bidone della spazzatura” (Buffon Gianluigi, ex portiere di calcio) gli resterà indifferente. Giudizio: ti regalerò un Premio della Critica
Marcella Bella, ‘Pelle diamante’ – ★★✩✩✩
Tra ‘Avanti popolo’ e ‘Roadhouse blues’, la canzone pare uno scarto di Loredana Berté. Marcella e versi come “stronza, forse, ma sorprendente” e “sono una combattente” non si sovrappongono del tutto, ma la signora Bella, o la Bella signora (Morandi Gianni, vivente) fa il suo dovere. E chi la stronca solo perché nel 2004 si candidò in Sicilia con Alleanza Nazionale è in malafede. Giudizio: Marcella Pelle
Achille Lauro, ‘Incoscienti giovani’ – ★★★✩✩
Storie di periferia romana dove il Peugeot invece fa molto periferia pavese (“Il mio Peugeot col gelo arrancava / Tossiva un po' partiva e si fermava”, da ‘Come deve andare’ di Pezzali Max, vivente). Un po’ Tananai, un po’ Gazzelle, ma più di tutti un po’ Antonello Venditti col sax di Gato Barbieri (1932-2016), per una ballad abbastanza vecchia da piacere a noi vecchi. Il Lauro in frac ha smesso di provocare e pare una provocazione, la migliore dai tempi di ‘Rolls Royce’. Giudizio: grazie Roma
Giorgia, ‘La cura per me’ – ★★★★★
Più che Blanco, che scrive per lei e con lei, ci senti Dalla (‘La sera dei miracoli’). Proprio quando pensi che nemmeno questa volta sarà ‘Di sole e d’azzurro’, la voce resta da sola con l’orchestra, e cosa le vuoi dire a Giorgia… Giudizio: Giorgia, come saprei amarti io
Willie Peyote, ‘Grazie, ma no grazie’ – ★★★★✩
C’è aria di Daniele Silvestri superfunk, ma l’ispirazione è il Cyrano de Bergerac, dice l’autore. Si citano i Jalisse, la schwa, quelli che baciano in bocca i propri cani e le cene di classe (grazie, ma no grazie). “Dovresti andare a lavorare e non farti manganellare” rinverdisce i fasti di ‘Onda alta’ di Dargen D’Amico che parlava di migranti, nella speranza che anche in questo caso, come per il D’Amico l’anno scorso, il mondo reale non dia troppo fastidio. Giudizio: grazie, Graziella, grazie a Willie
Rose Villain, ‘Fuorilegge’ – ★★✩✩✩
Vedi alla voce Clara. Anche se è stata scritta prima, lei dice, è un’altra ‘Click boom!’ ma era meglio ‘Click boom!’. A Repubblica si dichiara femminista, ma nel pezzo il massimo del femminismo è “Mi rigiro nel letto, non dormo più / Vorrei saperti dire di no”. Giudizio: click boh
Olly, ‘Balorda nostalgia’ – ★★✩✩✩
Viva gli affetti da rotacismo, viva le armonie anni Ottanta, viva il giro di do per tutti. Però, arrivati alla fine, per troppo autotune ci viene da dirgli: “Ti prego non mi uccidere il mood” (Ghali, vivente). Giudizio: autotune canaglia (come la nostalgia)
Elodie, ‘Dimenticarsi alle 7’ – ★★✩✩✩
Lo scriviamo con una mano sugli occhi per non farci distrarre (non dall’avvenenza, ma dal look total Domopak): dopo ‘Due’ (Sanremo 2023) ci voleva almeno un ‘Tre’ se non un ‘Quattro’, e a poco servono gli occhi che fanno la ruggine, prendere a calci la poesia e citare il “nanà nananà-nà“ del Lucio Battisti di ‘E penso a te’. Giudizio: “E prendo il treno alle sette” (Gerry Scotti durante le prove)
Shablo con Guè, Joshua e Tormento – ‘La mia parola’ – ★★★✩✩
E all’improvviso parte un'intro tipo gli Earth Wind & Fire. Il testo è in bimbominkiese, ma il crescendo di questa street song che trasuda gospel perdona tutto, anche che si sono messi in otto per scrivere cose come “tu fai chatty chatty io faccio parlare il mio flow” e “amo la mia mamy, amo sti money e l’hip-hop”. Giudizio: grande bro, bella fra
Massimo Ranieri, ‘Tra le mani un cuore’ – ★★★✩✩
Scrivono Tiziano Ferro che pare di sentirlo, Nek e Amara. Il sax ‘Miami Vice’ è lo stesso di ‘Perdere l’amore’, messo lì dove stava nel 1988, prima di “prendere a sassate tutti i sogni ancora in volo”. Della scuola di quelli che canterebbero bene anche le istruzioni del forno ventilato, Massimo Ranieri non si giudica, si ama. Giudizio: non si giudica, si ama (lo avevamo appena scritto)
Tony Effe, ‘Damme ’na mano’ – ✩✩✩✩✩
Gli accordi tristi scaricati da internet, è Barbarossa coi tatuaggi (“Mentre guardo la notte / Per le strade di Roma”), è Califano con l’autotune. Lei che picchia lui (dopo una fellatio) per chi di norma canta di lui che picchia lei, pare una contraddizione in termini. Terrorizzato dal palco, stona con l’autotune perché cantare non è come twittare. Ci pare la più riuscita delle prese per i fondelli, ma forse Tony è il nuovo Tenco e noi non abbiamo capito un Effe. Giudizio: tutto il resto è farsa
Serena Brancale, ‘Anema e core’ – ★★★★✩
Qué fantástica, fantástica esta fiesta. Superato il ricordo di ‘Galleggiare’ (Sanremo 2015), superata la sensazione di ‘Mr. Saxobeat’, ‘Anema e core’ è singolo da combattimento tra il nostalgico e la spiaggia, tra Copacabana e Posillipo, tra ‘Hips Don’t Lie’ e ‘Mon amour’. Giudizio: “In questa strana atmosfera, Serena” (Daniele Giuseppe detto Pino, 1955-2015)
Brunori Sas, ‘L’albero delle noci’ – ★★★★★
Artigiano della qualità che non fa mai sconti a nessuno, insegna economia domestica (“E come un ragioniere in bilico fra il dare e l’avere / Faccio partite doppie persino col mio cuore”). Forse ha sbagliato anno per partecipare (nessun cantautore a Sanremo vorrebbe mai un Cristicchi in mezzo ai piedi), ma basta il fatto che – udite udite – la canzone se l’è scritta da sé e la si può anche leggere soltanto, in quanto poesia. Giudizio: la verità
Modà, ‘Non ti dimentico’ – ★✩✩✩✩
Ha ragione Venditti, certi gruppi non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano: il 22 luglio del 2024 Kekko Silvestre annunciava il ritiro, a febbraio i Modà fanno Sanremo e a giugno San Siro. Con tutto il rispetto per ‘Tappeto di fragole’, i Modà con un pezzo nuovo sono un po’ come se Beethoven scrivesse ‘Per Marisa’. E non basta Kandinsky per farsi ricordare. Giudizio: dimentica dimentica (Tozzi Umberto, vivente)
Clara, ‘Febbre’ – ★✩✩✩✩
Vedi alla voce Rose Villain. Le canzoni non si dividono in belle e brutte ma in oneste oppure no. L’idea sarebbe quella di fare di ‘Febbre’ un’altra ‘Diamanti grezzi’, ma stavolta il taglio non è perfetto. Giudizio: claro?
Lucio Corsi, ‘Volevo essere un duro’ – ★★★★✩
Una presa di coscienza che sa di rivincita, tra una “medaglia d’oro di sputo” e una riflessione sull’ineluttabile (“Non ho mai perso tempo / È lui che mi ha lasciato indietro”). In un panorama di omologati, essere fantastici è un attimo, ma Corsi è uno vero, nella tradizione dei Fanigliulo (Franco, quello di ‘A me mi piace vivere alla grande’, Sanremo 1979) e dei Tricarico (‘Io sono Francesco’, Sanremo 2008). Giudizio: a me mi piace vivere alla Corsi
Fedez, ‘Battito’ – ✩✩✩✩✩
Dicesi ‘cacofonia’ “l'effetto sgradevole provocato da certi accostamenti di parole e spec. dalla ripetizione di sillabe uguali o da abusate allitterazioni. In musica, simultaneità o successione sgradevole di suoni - contrario di eufonia” (l’Enciclopedia digitale). Giudizio: universale
Bresh, ‘La tana del granchio’ – ★★✩✩✩
È la scuola genovese (del rap). “Scrittura coinvolgente, testi d’ispirazione cantautorale e suoni contemporanei sono i tratti che più caratterizzano la sua musica” (Sorrisi e Canzoni Tv, settimanale). Quanto sarebbe bella ‘La tana del granchio’ senza l’autoune, purtroppo, non è dato sapere. Giudizio: tana cantano tutti
Sarah Toscano, ‘Amarcord’ – ★★★✩✩
Tra ‘Sinceramente’, i Rondò Veneziano, Viola Valentino e Pietro Domenico Paradisi (l’intervallo della Rai, quello con le pecorelle e i borghi d’Italia). Armati di accenti messi alla c**** di cui Max Pezzali è il caposcuola (“Con te era più romanticà, la ruota panoramicà”), si sono messi in nove per scrivere qualcosa di già sentito. Perché lo diceva anche Morricone: se sa di già sentito, probabilmente sarà un successo. E ‘Amarcord’ sarà un successo. Giudizio: senza scomodare Fellini, 8 e 1/2
Joan Thiele, ‘Eco’ – ★★★✩✩
La chitarra di Twin Peaks, la strofa alla Levante e il ritornello alla Nina Zilli, per un grazioso noir dalle tinte rétro. E col francese è tutto. Giudizio: ecco
Rocco Hunt, ‘Mille vote ancora’ – ★★★✩✩
Nato ai bordi di periferia dove i rapper non vanno avanti più e quindi devono emigrare. Si sono messi in sette per scrivere della vita di Rocco Hunt incluso lui, il ‘Poeta urbano’ (album d’esordio) che con ‘Nu juorno buono’ portò il neapolitan rap al Festival. Malgrado alcune divagazioni estive non irresistibili, Rocco Hunt (quando non canta ‘Un bacio all'improvviso’) resta uno dei migliori cantori del quotidiano. Giudizio: nu pezzo buono
Francesca Michielin, ‘Fango in Paradiso’ – ★★★✩✩
Scrivi un pre-ritornello che assomigli a ‘Tango’ di Tananai, un ritornello che sembri ‘Without you’ di Mariah Carey, aggiungi un “chissà con chi farai un figlio” e la nuova canzone dell’amore perduto è fatta. Giudizio: Tango in paradiso (sottotitolo ‘Can’t Live’)
The Kolors, ‘Tu con chi fai l’amore’ – ★★★✩✩
E all’improvviso arriva ‘The Logical Song’ dei Supertramp con finanche le nacchere, prima che tutto muti in Raffaella Carrà. È italofunk che sa di già italosentito ma non è ancora italocliché. Giudizio: a far l’amore comincia Stash