Altre voci

Duemila battute su Sanremo

(2008, per la precisione) Quando Cecchetto, presentando Alberto Cheli, disse che avrebbe cantato ‘Passerà’, il mio babbo commentò: ‘Eh, speriamo!’

Claudio Cecchetto e Patrizia Rossetti, anno 1982
(Wikipedia)
6 febbraio 2024
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Il mio primo ricordo del Festival risale al 1980, quando facevo la quarta elementare. Prima, non ne avevo mai sentito parlare. Quella volta però mia madre si era messa in testa che dovevamo assolutamente seguirlo, perché – diceva – dopo qualche anno di bassissimo livello, la gara tornava finalmente a essere una cosa seria. Io e mio fratello, quindi, nei giorni di vigilia ci eravamo fatti aspettative enormi, e non vedevamo l’ora che lo spettacolo cominciasse. Assai meno entusiasta era mio papà – scettico più di San Tommaso – che accettò di posare le terga sul divano soltanto per il quieto vivere.

Di quella kermesse, a livello di brani, rammento davvero poco, però ho bene impresso il fatto che la mattina seguente alla prima serata, a scuola, un paio di mie compagne avevano già imparato a menadito tre o quattro canzoni, e la cosa mi stupì perché si trattava delle stesse bambine che, quando dovevamo mandare a memoria una poesia, non ricordavano mai nemmeno il titolo.

Un altro dettaglio che mai ho dimenticato fu vedere Roberto Benigni sul palco mettersi a limonare duro – una cosa di almeno mezzo minuto – con una stangona di cui mai ho saputo il nome. Mia mamma lo trovò di pessimo gusto, mentre mio padre – che si era appena ripreso dallo choc di vedere gli artisti cantare in playback, come usava in quegli anni – apprezzò il siparietto capace di salvargli almeno in parte la serata. Ma ciò che in assoluto più mi piacque, di quella mia prima volta sanremese, furono un paio di battute sfoderate dal mio vecchio e che, in seguito, fecero parte per qualche anno del nostro lessico familiare. Quando Claudio Cecchetto, presentando Alberto Cheli, disse che avrebbe cantato ‘Passerà’, il mio babbo fulmineo commentò: “Eh, speriamo!”. E poi, al termine della pessima canzone di Alberto Beltrami intitolata ‘Non ti drogare’, che ripeteva quell’appello all’infinito, se ne uscì con parole che per il gran ridere mi fecero scivolare sotto il tavolino: “Forse era meglio se un paio di tiri se li faceva!”.