Altre voci

Sanremo, una specie onnivora

Il Festival cresce, non invecchia, vive nutrendosi di quanto incontra o che vi penetra occultamente. Che prospera o crede di prosperare a sue spese

Il periodo profanissimo
(Keystone)
6 febbraio 2024
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Si può partire da un tempo e un punto qualsiasi. Il tempo è lungo 74 anni e i punti quante sono le canzoni. Un calcolo molto approssimativo e arrotondato dice, poniamo, 1’800. Tra tutte, molte le dimenticate, un’altra buona parte dalla medietà insuperabile e resistente negli anni, alcune altre perfette.

“Hai visto Sanremo ieri sera?”. Si può dire “il Festival” o anche “il Festival di Sanremo”, ma con “Sanremo” ti capiscono tutti. Prima iniziava – cominciava ad iniziare – il 7 gennaio, avviandosi molto lentamente. Dopo una lunga festività religiosa e un’altra profana, il capodanno, e passata l’Epifania che dura un giorno, si avviava il periodo profanissimo. Una quaresima meno dieci giorni. Con Amadeus, ha cominciato a iniziare a ottobre, con sortite ben calcolate.

Il Festival ci supera. Forte come ogni specie onnivora. Cresce, non invecchia, vive nutrendosi di quanto incontra o che vi penetra occultamente. Che prospera o crede di prosperare a sue spese. Ma gli scompare dentro. Un albero giovane e sano comincia a essere avvinto, sanremescamente, dall’edera. Finché quell’albero, restando in piedi, non vive più. Il Festival è avvinto da una quantità di edere – tutti i mezzi di comunicazione a noi noti finora, e albergatori e ristoratori, curiosi, sosia, le città vicine magari fino a Spotorno... – e l’albero è lui ma a sparire sono loro. Sono diventate “Sanremo”.

Un punto e un tempo qualsiasi, incontrato per caso: Festival 1981, Fiorella Mannoia, ‘Caffè nero bollente’. Il primo dei suoi quattro Festival e il più vitalmente selvatico. Zero politicamente corretto, ancora lontano tre decadi. Eppure nulla di scorretto, soltanto più libero e vitale. ‘Caffè nero bollente’ parte in quarta. E “le smagliature della vita sono tante” è forse il solo verso che assomiglia alla Mannoia di oggi. Più distante di tutto le è il tono, il piglio. Ma un’artista evolve, fa un passo indietro, tre avanti... E se si spegne un poco lei, figuriamoci noi. Malgrado ogni apparenza contraria.